Il Sole 24 Ore on line, 6 dicembre 2007
Tiene ancora le prime pagine dei giornali russi, stamani, la vicenda dell’arresto (15 novembre scorso) del viceministro delle finanze Sergej Storchak, accusato di abuso d’ufficio, truffa e distrazione di 43 milioni di dollari nel corso di trattative riguardanti il pagamento da parte dell’Algeria di un debito contratto con la Russia
di Piero Sinatti
Quel Comitato (diretto da un coetaneo e compagno di studi di Putin, Aleksandr Bastrykin) aveva anche aperto nei giorni scorsi un nuovo procedimento contro Storchak per reati simili durante trattative su un debito contratto dall’URSS nel 1990 con il Kuwait.
Ebbene, ieri questo secondo procedimento è stato bloccato dalla Procura Generale che ne definiva “infondate” le motivazioni. Al tempo stesso, la competente corte di Mosca respingeva l’istanza di liberazione di Storchak avanzata dai suoi difensori e persino la richiesta del ministro delle finanze Aleksej Kudrin di conferire con il suo (ex) vice e diretto collaboratore su importanti trattative del genere (con la Libia) in atto al momento del suo arresto.
Così, la Procura generale, diretta da Jurij Chajka, ha annullato una misura del Comitato d’indagini, diretto da Bastrykin. Entrambi sono uomini di fiducia del Presidente. Non solo: il ministero delle finanze (Minfin) ha accusato pubblicamente gli inquirenti di aver danneggiato prestigio internazionale e interessi materiali della Russia (per il mancato rimborso anticipato dei suoi debiti), dopo aver espresso forti dubbi sulla fondatezza procedimenti aperti contro Storchak.
Stamani, dalle colonne dell’ufficiosa, governativa, “Rossijskaja Gazeta”, uno dei capi del Comitato d’indagini (Dmitrij Dovgi) rivendicava la legittimità dei provvedimenti presi contro Storchak ed ironizzava sul fatto che il Minfin contasse solo su costui per le trattative internazionali per riscossioni dei crediti e i rimborsi dei debiti.
Straordinario spettacolo: Procura contro Superpolizia. Supepolizia contro Minfin e il suo capo, il “liberale” Kudrin, lo scorso settembre elevato (da Putin) al rango di primo viceministro.
Si può ipotizzare che la posta in gioco sia l’impiego e la destinazione di una parte dei mezzi (150 miliardi di dollari) accumulati, grazie all’export del greggio, dal Fondo statale di stabilizzazione. Ne era supervisore Storchak.
Ora, su questo tema è da tempo in corso al Kremlino e nel governo uno scontro che vede tra i protagonisti il Minfin e Kudrin, sostenitori di un uso più che contenuto dei denari del Fondo.
Lo scandalo Shvartsman
Un altro fatto clamoroso – coperto dal soverchiante clamore elettorale – è stata l’intervista rilasciata da un giovane “uomo d’affari”, oltre che dirigente di un partito politico (Forza Civica) sonoramente trombato domenica scorsa: Oleg Shvartsman.
E’ apparsa il 30 novembre sul sempre informato “Kommersant” – proprietà dell’oligarca della metallurgia e personaggio strettamente legato a Gazprom, Alisher Usmanov.
Shvartsman ha alle spalle un curriculum bizzarro con lauree in biologia, filosofia, scienze amministrative, studi a Ulan Bator, attività benefiche a favore dei veterani dei “ministeri della forza” (difesa, interni, servizi): ha fondato ed è presidente di un gran numero di poco note o ignote società. La principale è il gruppo Finanziario-industriale “Finans-Grupp”. Ha attivi accumulati (come ?) nel campo petrolifero, energetico, diamantifero, commerciale, fondi, per 2,2 miliardi di dollari complessivi.
Investimenti per la high tech russa
Una sua sussidiaria, “Finans-Trast”, è entrata, dietro concorso, nella società mista “Tamir Fishman Venture Capital Fund”, formata da due società finanziarie: la “Russian Venture Company” (RVK) e l’israeliana Fishman. Con finanziamenti provenienti anche dalla BERD.
La “Tamir Fishman” avrebbe dovuto raccogliere investimenti per settori russi “high tech” (compresi quello degli armamenti che fanno capo alla corporation statale Rosoboroneksport”) e persino per le nanotecnologie (cui il governo ha destinato 5 miliardi di dollari, da prendere dal Fondo di stabilizzazione).
La “riprivatizzazione di velluto”
Shvartsman, parlando delle sue attività, ha rivelato che opera in Russia un ampia rete “opaca” che si occupa– tramite “centri analitici”formati in oltre 60 regioni russe da un incredibile numero di ex-funzionari dei “ministeri della forza” – di “monitorare” i comportamenti in affari e fiscali, i finanziamenti, le connessioni più o meno pericolose di aziende, nate per lo più dalle passate privatizzazioni.
Il fine è quello di costringere le società “accertate” come “non leali” con lo Stato a finanziare iniziative e opere di interesse sociale e pubblico. Oppure, di creare le condizioni – quali un drastico calo del loro prezzo – per effettuare scalate (raiderstvo) contro di esse, costringendo i loro proprietari a venderle a basso prezzo a beneficio di strutture statali e/o fondi controllati dai siloviki, come si chiamano gli uomini provenienti dai “ministeri della forza”che fanno parte dell’attuale élite e dell’Amministrazione presidenziale. Il rifiuto potrebbe costare persecuzioni o sequestri.
Si tratta di una “riprivatizzazione di velluto”, come l’ha definita Shvartsman. Il suo “Finans-Grupp” sarebbe “legato – lo ha detto lui – ad “alcune figure politiche”, nonché a “familiari” dei siloviki dell’Amministrazione di Putin.
L’intera operazione farebbe capo – secondo Shvartsman – al vicepresidente di quell’Amministrazione: il misterioso Igor’ Sechin, “capo del blocco dei siloviki del Kremlino”, e presidente della grande korporatsija petrolifera a controllo statale “Rosneft’”.
Il “partito di Sechin”
Proprio Sechin avrebbe ispirato e gestito lo smembramento di Yukos, la compagnia petrolifera fondata dall’oligarca Mikhajl Khodorkovskij, ora detenuto in un campo di lavoro.
Shvartsman ha parlato di un “partito di Sechin”, “un’organizzazione politica” (opaca) chiamata “Unione per la giustizia sociale”. Sarebbe sorta nel 2004 “dopo la dichiarazione di Putin secondo cui il ‘grande biznes’ deve adempiere a compiti di responsabilità sociale di fronte allo stato”.
Tutto questo, indirettamente, ci fa pensare alla recente caduta in disgrazia del petroliere Gutseriev, ma anche ai costosi finanziamenti – da parte di oligarchi – di acquisti, ad esempio, di opere d’arte poi donate ai musei di stato, o a investimenti in perdita a favore di regioni povere.
Passati pochissimi giorni dalla pubblicazione della clamorosa intervista, Shvartsman ha dichiarato che si trattava di un falso compiuto da “Kommersant”, il quale lo ha immediatamente querelato. Secche smentite sono venute da altri personaggi chiamati in causa da Shvartsman.
L’intervista è stata giudicata “veritiera” dal presidente del potente monopolio elettrico EES Anatolij Chubais, uno dei pochi eltsiniani restati nelle alte sfere del potere.
La società israeliana Tamir Fishman e la BERS si sono di corsa ritirate dalla singolare joint venture finalizzata a investimenti per lo sviluppo dell’alta tecnologia russa.
Shvartsman è stato cacciato dalla direzione del suo minipartito.
E la stabilità di Putin ?
Siano vere o verisimili le informazioni di Shvartsman, il caso può essere interpretato come un nuovo momento di un conflitto non trasparente all’interno del gruppo dirigente putiniano. Lotta di cui si erano avvertite avvisaglie lo scorso ottobre, quando un generale dell’FSB, Viktor Cherkesov, vicino a Putin, aveva clamorosamente invitato (dalle pagine del “Kommersant”) gli uomini dei “servizi” a finirla con “le guerre fratricide”. Poco prima, infatti, era stato arrestato il suo braccio destro, il generale Aleksandr Bulbov, che in passato aveva arrestato “rinnegati con i gradi”, ufficiali corrotti degli interni e dell’FSB, per un grosso scandalo di contrabbando (il famigerato “affare delle Tre Balene”).
Evidentemente, la “guerra” continua e si allarga. Non sono pochi tra gli osservatori russi che ritengono l’intervista di Shvartsman una risposta all’arresto di Storchak, nel quadro di un confronto tra i siloviki di Sechin e i “liberali” legati a Kudrin e forse a Gazprom (il cui presidente Dmitrij Medvedev, che è anche primo vicepremier, è annoverato tra i possibili candidati alla presidenza).
Resta una grande incognita: con chi è schierato Putin ? Oppure, come pensiamo, è lui stesso investito, suo malgrado, da questo conflitto ? Non dimentichiamo il tono drammatico con cui il Presidente Putin, negli ultimi discorsi elettorali, ha ammonito che la stabilità non è un risultato raggiunto una volta per tutte e che deve essere ancora difeso.
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