Il “cattivo maestro” Altiero Spinelli

Radio Roma Libera 23 marzo 2025

di Roberto de Mattei

Il 19 marzo 2025, durante un intervento alla Camera dei deputati, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha preso pubblicamente le distanze dal Manifesto di Ventotene, redatto nel 1941 da Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi durante il loro confino nell’isola di Ventotene.

Le dichiarazioni della Premier hanno suscitato violente reazioni politiche non solo perché il Manifesto è considerato uno dei testi fondanti dell’Unione Europea, ma perché Altiero Spinelli è celebrato come un maestro della sinistra internazionale.

La Presidente del Consiglio si è limitata ad alcune citazioni dalle quali emerge con chiarezza il carattere antidemocratico e illiberale del Manifesto, che auspica la dittatura del proletariato e l’abolizione o, comunque la limitazione della proprietà privata. Tra le obiezioni che le sono state fatte c’è quella secondo cui non si possono estrapolare delle frasi, ma bisogna contestualizzarle.

Se così va fatto, la cosa migliore è contestualizzare il Manifesto di Ventotene all’interno della vita di Altiero Spinelli, che è quella di un militante comunista, visceralmente anticattolico, come egli stesso ci rivela nella sua autobiografia dal titolo Come ho tentato di diventare saggio, pubblicata da Il Mulino nel 1984-1987.

Un valente storico italiano il prof. Massimo de Leonardis, ha analizzato questa autobiografia in un ampio articolo apparso sulla rivista “Nuova Storia Contemporanea” nel luglio-agosto 2007, e a questo articolo attingo per mettere in luce qualche dettaglio della vita di Altiero Spinelli.

Egli proveniva da una famiglia atea e socialista, che non aveva fatto battezzare i figli, ai quali aveva dato nomi del tutto lontani dalla tradizione cristiana: Altiero, Anemone, Asteria, Azalea, Cerilo, Fiorella, Gigliola, Veniero. Il nonno materno durante la lotta al brigantaggio in Calabria, togliendo da una chiesa e bruciando un crocifisso considerato miracoloso, aveva detto scherzando ai contadini: «Adesso vedremo se farà un miracolo».

Da bambino talvolta, con la sorella Azalea, preso «da improvvisa voglia di distruzione», Spinelli spezzava selvaggiamente i rami di un albero morto urlando a squarciagola «a morte i preti, a morte i preti». Verso i 15-16 anni si pose il problema di Dio, per concludere che «Dio era probabilmente la più grandiosa favola inventata dagli uomini» e «tornare quietamente ma risolutamente all’austero intrepido ateismo» dei suoi genitori.

Pur avendo il vezzo di letture di testi di varie religioni, riteneva quelle insegnate dalla Chiesa «inverosimili favole», che in lui risvegliavano solo «un’ironica curiosità».

Diciassettenne entrò nel Partito Comunista d’Italia. Vi entrò, racconta, «come si diventa prete», «sedotto da un’organizzazione che si presenta come un clero, depositario delle segrete leggi che regolano la morte delle vecchie e la nascita delle nuove società umane, deciso a prendere il potere assoluto necessario per creare la nuova e perfetta società».

Ne uscirà nel 1937 ma, settantenne ritornerà da indipendente nel Partito Comunista Italiano: «Semel abbas, semper abbas»: scriverà egli stesso, che significa “abate per una volta, abate per sempre“, ovvero chi è stato comunista lo sarà per sempre.

Spinelli dunque non diventò mai saggio. Come meravigliarsi se nel Manifesto di Ventotene leggiamo parole come quelle citate da Giorgia Meloni? «La rivoluzione europea, per rispondere alle nostre esigenze, dovrà essere socialista”; “La proprietà privata deve essere abolita, limitata, corretta, estesa caso per caso“; “Nelle epoche rivoluzionarie, in cui le istituzioni non debbono già essere amministrate, ma create, la prassi democratica fallisce clamorosamente».

Un punto comunque è certo, ci ricorda il prof. de Leonardis: L’Europa di Spinelli era del tutto a-cristiana, o meglio anti-cristiana.

Il Manifesto di Ventotene recava già chiarissima l’impronta anti-cristiana che si sta manifestando virulenta oggi nell’Unione Europea. Esso recita infatti: «Su due sole questioni è necessario precisare meglio le idee, per la loro particolare importanza in questo momento nel nostro paese, cioè sui rapporti dello stato con la chiesa e sul carattere della rappresentanza politica: a) la Chiesa cattolica continua inflessibilmente a considerarsi unica società perfetta, a cui lo stato dovrebbe sottomettersi, fornendole le armi temporali per imporre il rispetto della sua ortodossia. Si presenta come naturale alleata di tutti i regimi reazionari, di cui cerca di approfittare per ottenere esenzioni e privilegi, per ricostruire il suo patrimonio, per stendere di nuovo i suoi tentacoli sulla scuola e sull’ordinamento della famiglia. Il concordato con cui in Italia il Vaticano ha concluso l’alleanza col fascismo andrà senz’altro abolito, per affermare il carattere puramente laico dello stato, e per fissare in modo inequivocabile la supremazia dello stato sulla vita civile. Tutte le credenze religiose dovranno essere ugualmente rispettate, ma lo stato non dovrà più avere un bilancio dei culti, e dovrà riprendere la sua opera educatrice per lo sviluppo dello spirito critico».

Lo Stato educatore, al posto della famiglia e della Chiesa. Ma educare a che cosa? Nel prologo alla sua autobiografia, indicando su quali idee segrete e profonde avesse cercato di fondare la sua vita, Spinelli ricorda che la prima massima, attribuita a Meister Eckhart suona così: «Se si chiedesse a un vero uomo “perché operi le tue opere”; se egli rispondesse rettamente, direbbe solo opero per operare”». “Opero per operare”, significa agire senza fini che trascendano la propria opera, immerso in un attivismo immanente e fine a sé stesso. E’ la filosofia della passi comunista.

L’ultima delle massime a cui Altiero Spinelli si ispirava, è lui stesso a ricordarlo, tratta questa volta da un inno goliardico di Goethe, suona così: «Ho posto la mia causa sul nulla».

Il segreto della vita di Altiero Spinelli, come di tutti i cattivi maestri della sinistra socialcomunista, fu, accanto al prassismo, il nichilismo che conduce all’abisso del nulla sul piano esistenziale e su quello morale e sociale.

L’alternativa al nichilismo non può essere che il ritorno a Colui, che, nel caos contemporaneo, resta l’ unica Via, Verità e Vita della nostra esistenza (Gv, 14, 6).