Il compagno Mussolini nell’album di famiglia della sinistra  

Lo Straniero 4 Gennaio 2025

di Antonio Socci

Il fascismo? Una delle diramazioni della sinistra. Lo dimostrò l’insospettabile Giorgio Bocca, firma prestigiosa del giornalismo progressista, quando, nel 1983, pubblicò Mussolini socialfascista (Garzanti) che aveva questo sottotitolo: “Il socialismo reale non è fascismo ma come gli somiglia”.

E’ vero anzitutto per motivi biografici. Lo stesso Mussolini, nel volume XIV della Treccani, scrive di sé: “Di una sola dottrina recavo l’esperienza vissuta: quella del socialismo”. Commenta Bocca: “è la pura verità. Il fondatore del fascismo è un esponente, un frutto del socialismo reale (…). Qui la storia antifascista, in particolare quella socialista e comunista, hanno fatto un passo falso pur di rimuovere il Mussolini socialista; lo hanno descritto come un socialista spurio”.

Ma quale socialista spurio? Bocca ha buon gioco a ricordare che “era seguito, ammirato dal socialismo internazionale”. Trockij lo definiva “il nostro miglior allievo” e Lenin diceva che era “l’unico uomo capace di fare la rivoluzione in Italia”. E Sorel: “il solo socialista che io conosca oggi capace di non fare sciocchezze”.

La rottura con il Partito socialista, dovuta alla scelta interventista di Mussolini nel 1914, non interruppe questa storia.

Scrive Bocca: “Gramsci, Togliatti, Montagnana e gli altri giovani torinesi che fonderanno l’‘Ordine Nuovo’, il gruppo dirigente del Partito Comunista, attendono con ansia che esca ‘Il Popolo d’Italia’, pronti a seguire l’espulso di quel 14 novembre 1914; e Gramsci manderà un articolo sui contadini meridionali, e Mussolini lo inviterà a ‘mandar altro’”.

Erano anni di grande sommovimento rivoluzionario, antiparlamentare e antiborghese e anche la violenza era diventata parte della politica.

Se certe regioni passarono di colpo dal rosso al nero – e poi di nuovo al rosso – non è tanto o solo per trasformismo, come si usa ripetere, ma perché c’era un’oggettiva consanguineità politica (“L’Emilia rossa è diventata già nel 1922 l’Emilia nera”, scrive Bocca).

Proprio per questa “parentela” subito scattano scomuniche e odio (Nenni tuonava: “fra socialismo e fascismo c’è un’antitesi inconciliabile”). In realtà – osservava Bocca – “il rosso e il nero, si mescolano, si intersecano nella ‘storia di famiglia’” (è noto peraltro che Nenni era stato così amico di Mussolini che la figlia, Edda, lo chiamava “zio”).

Tuttavia non si deve ridurre tutto solo alle biografie dei protagonisti. Il legame fra marxismo e fascismo è filosofico e ruota attorno a Giovanni Gentile. Non a caso anche lui rimosso dalla cultura dominante.

Augusto Del Noce nel 1960 scrive che “l’atto di nascita del fascismo è nel 1899, anno della pubblicazione de La filosofia di Marx dell’allora giovanissimo Gentile”.

Il quale svolge Hegel “in termini di filosofia della prassi” e su questa via viene incontrato sia da Mussolini che da Gramsci: “il neomarxismo di Gramsci” osserva Del Noce “appartiene a una rivoluzione ulteriore al leninismo, di cui fascismo e postfascismo sono momenti che si avversano mortalmente, ma nello stesso orizzonte

Un orizzonte immanentista. Spiega Giacomo Marramao: “Dopo la prima guerra mondiale, con l’avvento della società di massa viene a cadere la vecchia antitesi tra Destra tradizionalista e Sinistra progressista. Adesso i poli dell’opposizione si trovano entrambi coinvolti nelle nuove dinamiche ‘futuriste’ della mobilitazione totale. Gentile e Mussolini, Nenni e Gramsci, si trovano pertanto immersi nella stessa, tragica, scena”. È il Novecento.

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