Il crollo del mito dell’Italia grande potenza

InFormazione cattolica 9 Settembre 2024

Lettera sui danni prodotti dalle sinistre e dai liberali

di Matteo Castagna

L’8 settembre del 1943 fu un giorno terribile per il nostro Paese. I motivi vengono spiegati molto bene dal giornalista e saggista Domenico Bartoli (1912-1989) che fu direttore de Il Resto del Carlino e de La Nazione.

Tra le varie opere, scrisse il libro “L’Italia si arrende. La tragedia dell’8 settembre 1943” (Milano, Editoriale nuova, 1983).

“Triste cosa è sempre stata la disfatta del proprio Paese, anche per chi non abbia accettato le ragioni e gli scopi della guerra; ma la sconfitta diventa ancora più pesante se i vinti sono costretti a invocare la protezione dei vincitori di fronte ai propri alleati, come accadde agli italiani nell’estate del ’43”, scrive Bartoli a pag. 70, definendo perfettamente il primo grande aspetto di quel periodo tragico.

Il 26 Novembre 1983, il filosofo cattolico Augusto Del Noce (1910-1989) scrisse su “Il Tempo”: “nelle grandi opere della nostra letteratura, da Dante in poi, ci sono due immagini dell’italiano, quella che lo richiama all’ideale che dovrebbe incarnare, di erede della maggiore tradizione occidentale di civiltà e di cultura, e quella che lamenta la sua condizione reale, di cortigiano della vittoria, quale che sia la parte vittoriosa. Sembrava che allora la seconda immagine avesse definitivamente prevalso”.

Vengono in mente i versi scritti da Curzio Malaparte nel 1949, che anche Bartoli riporta: “l’otto settembre è giorno memorando – volta la fronte l’invasor nefando – l’Italia con l’antico suo valore – alla vittoria guidò il vincitore – l’otto settembre è memorabil data: volte le spalle all’ infausta alleata – già col ginocchio a terra – corremmo corremmo a vincere coi nostri nemici – arditamente quella stessa guerra – che avevamo già perso con gli amici” (Aria d’Italia, Il battibecco, Roma, 1949).

Sulla falsariga, la nota ed umiliante dichiarazione attribuita al Primo Ministro inglese Winston Churchill (1874-1965): “Bizzarro popolo gli italiani. Un giorno 45 milioni di fascisti. Il giorno successivo 45 milioni tra antifascisti e partigiani. Eppure questi 90 milioni di italiani non risultano dai censimenti…”.

Bartoli affronta, dunque, l’accusa di “tradimento” a pag. 219: “Col nazismo la Germania si era collocata al di fuori della civiltà moderna. Non si poteva trattare con essa come con un altro Paese occidentale dei nostri tempi. Non restava che tentare di ingannarla”.

Del Noce critica questa frase, sostenendo: “mi pare che con ciò si dimentichi che chi si allea con un malfattore, quando la fortuna lo favorisce, e poi contribuisce al suo arresto quando le sorti cambiano, non cessa perciò di essere un traditore”.

Augusto Del Noce ne conclude, con la sincerità ed il realismo tomista che lo caratterizza: “vano è cercare una causa morale nel rovesciamento delle alleanze; la ragione è una sola, la guerra perduta”.

L’armistizio di Cassino dell’8 settembre 1943 portò alla fuga del Re, Vittorio Emanuele III. Questo fatto contribuì, nella cobelligeranza, assieme al “tradimento” o “tragedia”, come preferirebbe definirla Del Noce, al giudizio sempre deteriore che gli Alleati dimostrarono di avere nei confronti degli italiani, fatta salva quella parte che, in nome dell’onore e della fedeltà, giudicavano che quella guerra dovesse essere combattuta fino alla morte, sebbene quasi certamente già persa.

Per Del Noce, “la tragedia italiana stava appunto nella lacerazione interiore che tale compresenza determinava”.

In tale contesto, Bartoli scrive che l’8 settembre fu il crollo del mito dell’Italia grande potenza; mito non nato col fascismo, ma già presente nel Risorgimento. E Del Noce completa mirabilmente l’analisi: “…si può forse dire che l’8 settembre fu la conclusione di un’avventura iniziata con l’intervento della prima guerra mondiale, in quella che mi si permetta di giudicare “suicidio d’Europa” e “inutile strage” “.

Le forze della Sovversione anti cattolica, composta da liberali, e social-comunisti, con l’aiuto dei compromessi (col fascismo) e compromessisti democristiani divisero gli italiani e portarono alla guerra civile.

Poiché il giudizio storico, con buona pace dei vari “antifascisti” del Terzo Millennio, che spopolano con ampi spazi su Tv e giornali, non può essere di parte, potrebbero ascoltare le profetiche parole di Augusto Del Noce: “E’ mia convinzione che se si fosse seguita la linea dell’unità in una volontà di pace (come desiderava Papa Pio XII, n.d.r.) non soltanto si sarebbero evitati molti lutti, ma si sarebbero stabilite migliori condizioni per i decenni seguiti alla guerra”.

Invece, oggi come allora, è ancora la volontà dell’odio a prevalere e a voler prevaricare, senza dare la giusta dignità al sangue degli sconfitti e paventandone un fantapolitico ritorno al potere.

Le sinistre e i liberali sono i principali attori di questa continua divisione, che ne fa sopravvivere le fallimentari ideologie e, spesso, lucrare sul Regime come “male assoluto”, assieme a chi si è venduto alla plutocrazia per un posto a tavola.

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