Il mondo sessanta anni dopo. Stralci del discorso pronunciato da Bush a Riga
Il Terzo Reich promosse il forte sul debole, invase e umiliò Paesi pacifici, perseguì una folle ricerca della purezza razziale, pianificò freddamente e realizzò l’assassinio di milioni di persone, definì il senso del male una volta per tutte. Uomini e donne coraggiosi di molti Paesi affrontarono quel male e combatterono in anni cupi e disperati per le loro famiglie e le loro patrie. Infine, un dittatore che venerava il potere fu confinato tra le quattro mura di un bunker e quello della caduta della sua squallida tirannide è un giorno da ricordare e festeggiare.
Le cause possono essere giudicate a partire dai monumenti che si lasciano dietro.Il terrore nazista oggi è ricordato in luoghi come Auschwitz, Dachau, Rumbula, dove sentiamo ancora il grido dell’innocente e giuriamo a Dio e alla storia: mai più. L’alleanza che vinse la guerra è ricordata oggi in cimiteri ben curati in Normandia, a Margraten, San Pietroburgo e altrove in Europa, nei quali rammentiamo brevi vite di grande onore e facciamo questa promessa: saremo sempre riconoscenti. (…)
Ripensando alla vittoria di sei decenni fa, richiamiamo alla memoria un paradosso. Per gran parte della Germania, la sconfitta portò la libertà. Per gran parte dell’Europa centrale e orientale, la vittoria portò il dominio dì ferro di un altro impero.Il Giorno della Vittoria in Europa segnò la fine del fascismo, ma non pose fine all’oppressione. L’accordo di Yalta seguì nell’ingiusta tradizione di Monaco e del Patto Molotov-Ribbentrop.
Ancora una volta, negli accordi stretti tra potenti governi, la libertà di piccole nazioni era in qualche modo sacrificabile. Eppure questo tentativo di sacrificare la libertà in nome della stabilità lasciò un continente diviso e instabile. La prigionia di milioni di persone in Europa centrale e orientale sarà ricordata come una delle più gravi ingiustizie della storia
.La fine della Seconda guerra mondiale sollevò inevitabili interrogativi per il mio Paese: ci eravamo battuti e sacrificati solo per realizzare la permanente divisione dell’Europa in campi armati? Oppure la causa della libertà e i diritti delle nazioni chiedevano di più? Infine, l’America e i nostri forti alleati presero una decisione: non ci saremmo accontentati della liberazione di mezza Europa – e non avremmo dimenticato i nostri amici al di là della Cortina di ferro. (…)
Il comunismo iniziò a cedere sotto le pressioni esterne e sotto il peso delle sue stesse contraddizioni. Stabilimmo l’ideale di un’Europa intera, libera e in pace in modo che i dittatori non potessero più riprendere e inasprire antiche rivendicazioni e il conflitto non si sarebbe protratto all’infinito. (…) Dal privilegiato punto di osservazione di questo nuovo secolo, riconosciamo la fine della Guerra fredda come parte di un movimento ben più ampio nel nostro mondo.
Dalla Germania al Giappone dopo la Seconda guerra mondiale, fino in America Latina, Asia, Europa orientale e centrale, e ora fino al grande Medio Oriente, il progresso della libertà è un grande tema del nostro tempo. E in questo tema ci sono lezioni importanti. Abbiamo imparato che le nazioni libere crescono più forti nel tempo, perché poggiano sulla creatività e lo spirito di iniziativa delle loro popolazioni.
(…) Tutti noi siamo impegnati nel far avanzare la libertà in Bielorussia La popolazione di quel Paese vive sotto l’ultima dittatura d’Europa e merita di meglio. (…) Abbiamo bisogno di un realismo che comprenda le difficoltà, ma dobbiamo voltare le spalle a un pessimismo che consegna milioni di persone a una tirannia senza fine. Abbiamo ragione di essere ottimisti. Quando la popolazione dell’Afghanistan ha finalmente avuto l’opportunità di andare al voto, ha scelto governanti rimani e un futuro di libertà.
Quando gli abitanti dei Territori palestinesi hanno votato, hanno scelto un leader votato al negoziato piuttosto che alla violenza. Quando gli elettori iracheni si sono rivelati milioni, hanno ripudiato gli assassini che odiano e attaccano la loro libertà. C’è molto ancora da fare, ma la direzione degli eventi è chiara nel grande Medio Oriente: la libertà è in cammino.
(…) Il 7 maggio di sessant’anni fa, il mondo reagiva con gioia e sollievo alla sconfitta del fascismo in Europa. Il giorno seguente, il generale Dwight D. Eisenhower annunciava la totale sconfitta della «più potente macchina di conquista della storia». Eppure le grandi democrazie scoprirono presto che una nuova missione le attendeva – non solo battere un singolo dittatore, ma l’idea stessa della dittatura in un continente.
(…) La libertà ha prevalso, perché abbiamo levato lo sguardo e tenuto fede ai nostri principi. Ora, signore e signori, la libertà dell’Europa, conquistata con coraggio, deve essere garantita con l’impegno e la buona volontà. Anche oggi dobbiamo levare lo sguardo. A distanza possiamo scorgere un nuovo grande obiettivo -non solo l’assenza della tirannide in questo continente, ma la fine della tirannide in tutto il mondo. Ancora una volta siamo chiamati a tener fede ai nostri principi e a valorizzare la libertà degli altri. Ancora una volta, se facciamo la nostra parte, la libertà prevarrà.