La Croce quotidiano 30 luglio 2016
Questo ritratto di protagonista del “Cattolicesimo italiano dimenticato” del Novecento conclude la mini-rassegna apparsa negli scorsi giorni sulle nostre pagine, dalla quale saranno tratti spunti e ricostruzioni per il prossimo seminario di formazione politica del PdF, in programma nell’autunno a Roma. Esiste un importante “album di famiglia” che dice la parte migliore della nostra storia
di Giuseppe Brienza
Giuseppe Togni (1903-1981), dirigente d’azienda e militante cattolico tra i principali fondatori della Democrazia Cristiana, è stato durante la “prima Repubblica” per ben dodici volte ministro e quasi altrettante volte sottosegretario di Stato. Figlio di Ettore Togni, addetto di Pretura nato a Fauglia, ed Elena Botti, maestra di scuola nata a San Pietro in Palazzi, iniziò giovanissimo a lavorare entrando con mansioni di disegnatore in una piccola cava di marmo a Pietrasanta nel 1919. Nello stesso anno divenne boyscout iscrivendosi all’Azione Cattolica, presso il circolo allora diretto dall’arcivescovo di Pisa, poi Cardinale, Pietro Maffi (1858-1931).
Nel 1934 Togni a nemmeno trentuno anni è già nominato direttore della società “Pietre e Marmi d’Italia”, in seguito assorbita dalla Montecatini. In effetti la sua attitudine e inclinazione politica trovò sempre radice e alimento nella Dottrina sociale della Chiesa, appresa fin dalla lettura appassionata dell’enciclica di Leone XIII “Rerum novarum”.
A differenza di tanti politicanti del tempo, transitati “senza arte né parte” nel primo dopoguerra anche nelle più alte fila della DC, «come molti di quelli che si erano effettivamente cimentati nel lavoro, non aveva complessi di inferiorità verso alcuna forma di socialismo. Forse per questo motivo Giuseppe Togni non fu classificato come “cattolico sociale” dai colleghi che non sopportavano la sua energia realizzatrice, il suo fare preferito allo scrivere o al discettare; né da giornalisti e commentatori dalla mente torpida, sempre più attenti alle chiacchiere che alla realtà, ma le sue realizzazioni sul terreno della socialità, a sostegno delle classi più povere, furono tante, e importanti» (Paolo Togni, Prefazione, in G. Giacomo Panessa, Giuseppe Togni. Livorno negli anni della ricostruzione, Debatte Editore, Livorno 2006, p. 8). Fra queste ultime basti pensare alla legge 167 del 1962 sull’edilizia sociale, applicata per oltre 35 anni e che ha determinato la costruzione di migliaia di case popolari, contribuendo ad avviare a soluzione quello che nell’immediato dopoguerra era un problema assai grave.
Nel 1938 Giuseppe Togni venne nominato Direttore del Settore Marmi della Montecatini, con sede a Roma, e lì si trasferì con la famiglia (ebbe quattro figli). Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 e durante l’occupazione nazionalsocialista della Capitale, Togni è il dirigente più elevato in grado della Montecatini a Roma e in tutto il sud, e utilizza le strutture della società per favorire la Resistenza: mette al sicuro le griglie di platino dell’impianto di acido solforico di Colleferro, sottraendole ai tedeschi e conservandole sotto il pavimento del suo ufficio di Via IV Novembre, dove nasconde anche diversi giovani; procura ad alcuni di essi documenti falsi e sfugge miracolosamente alla prima grande retata effettuata dai nazisti tra la Stazione Termini e Piazza Venezia. In quel periodo riprende i contatti con gli amici politici ed entra nel Comitato di Liberazione Nazionale di Roma quale membro supplente per la Democrazia Cristiana.
Il 4 giugno del 1944, quando i tedeschi sono usciti da Ponte Milvio e gli americani non sono ancora entrati a Roma, tiene un comizio affollatissimo dal tetto di una macchina in Piazza Venezia.
Dopo la liberazione di Roma l’Ammiraglio Ellery Wheeler Stone, Capo dell’amministrazione alleata in Italia, e il Colonnello Charles Poletti, Governatore militare di Roma, lo nominano Direttore dell’Ufficio del Lavoro di Roma. Nel 1944 viene eletto Presidente del Sindacato Romano dei Dirigenti d’Azienda, nonché Presidente della Federazione Nazionale dei Dirigenti d’Azienda Industriali, che ha fondato. Nello stesso anno viene nominato Vice Segretario del Comitato Romano della DC. Nel 1946 viene eletto Presidente dell’Istituto per la Previdenza e l’Assistenza ai Dirigenti di Aziende Industriali (IPADAI), che con altri ha fondato, e Presidente della Confederazione Italiana dei Dirigenti d’Azienda (CIDA), che anch’essa ha fondato. Sempre nel 1946 viene eletto membro della Costituente per la DC nel Collegio Pisa – Livorno – Lucca – Massa Carrara con voti 30.828, secondo votato dopo Giovanni Gronchi. Il 23 maggio dello stesso anno a Roma nasce il suo quarto figlio, Pietro.
Nell’Assemblea Costituente fa parte della Commissione per la Costituzione dal 19 giugno 1946 al 22 febbraio 1947; della Terza Sottocommissione dal 19 luglio 1946 al 31 maggio 1947.
Alle elezioni del 18 aprile 1948 è eletto Deputato (voti 68.904), primo della lista DC nel Collegio Pisa-Livorno-Lucca-Massa Carrara. Quando Giuseppe Togni arrivò al governo non aveva ancora compiuto 44 anni: quindi era ancora giovane, ma già carico di esperienze e ricco di un patrimonio ideale, ideologico e culturale che costituì il filo conduttore della sua azione politica ed amministrativa.
Tra la fine degli anni Quaranta ed i primi anni Cinquanta Togni si segnalò per una intensa militanza anti-comunista, che gli causò in seguito costanti ed eclatanti attacchi da parte del PCI.
Fin dal 1945 fu tra i maggiori contributori dell’agenzia di stampa anti-comunista A.R.I. (Agenzia Romana Informazioni) alla quale, per un certo periodo almeno, riuscì ad ottenere importanti finanziamenti anche da parte della D.C. e dal suo quotidiano Il Popolo. L’Agenzia si avvalse di un consulente di prestigio come l’allora direttore dell’Osservatore Romano Giuseppe Dalla Torre e fu promossa del vescovo romano mons. Roberto Ronca (1901-1977), fondatore e direttore per un decennio del movimento civico-politico “Unione Nazionale Civiltà Italica” (1946-1955). All’inizio degli anni Cinquanta, poi, Togni si pose alla guida di una campagna garantistica contro l’allora incipiente magistratura rossa denominata “Difendiamo la libertà e la giustizia”, alla quale partecipano decine di migliaia di cittadini in tutta Italia.
Durante i quattro mandati che ricevette in altrettanti governi DC come Ministro dei lavori pubblici, diede un forte impulso alla ricostruzione e a un vasto programma di opere pubbliche, tra le quali l’Autostrada del Sole e il Traforo del Monte Bianco, e di edilizia residenziale. Realizzò quindi le grandi opere infrastrutturali che consentiranno a Roma di ospitare degnamente i Giochi della XVII Olimpiade: Palazzo e Palazzetto dello Sport, Velodromo, Villaggio Olimpico, Viadotto Flaminio, Via Olimpica, sottopassi dei Lungotevere e di Corso d’Italia e Aeroporto di Fiumicino sono solo le principali.
Fino al luglio 1973 è ancora Presidente della Commissione Lavori Pubblici, Trasporti, Poste e Telecomunicazioni e Marina Mercantile del Senato. Nel quarto e nel quinto Governo Rumor copre l’incarico di Ministro delle poste e delle telecomunicazioni ma, nel 1976, decide di non ricandidarsi per le elezioni politiche lasciando la politica attiva. Muore a Roma il 24 giugno 1981.
In politica Giuseppe Togni fu sempre un democristiano indipendente, fermamente ancorato alla dottrina sociale cristiana; considerò sempre la politica come lo strumento sovrano per garantire il progresso economico e sociale dei cittadini meno fortunati, la libertà personale una necessaria conseguenza dei diritti naturali di ogni singolo individuo, e la libertà economica e d’impresa, sottoposta a ferme regole statali e orientata al bene comune, il mezzo migliore per la realizzazione dello Stato sociale.
La prima proposta di legge antitrust, quella sulla partecipazione dei lavoratori agli utili e alla gestione delle imprese, nonché la legge sull’edilizia popolare, che determinò la costruzione di milioni di vani, ne sono la dimostrazione. Ma la storia della “prima Repubblica”, come sappiamo, a partire almeno dai primi governi di “centro-sinistra”, da Togni avversati, fece disperdere molti di quegli ottimi risultati economico-sociali raggiunti dal Paese nel dopoguerra.
Come ha scritto uno dei figli del leader democristiano, Paolo, che presiede ancora oggi la Fondazione destinata a perpetuarne la memoria e la testimonianza politica, «Giuseppe Togni fu protagonista significativo e autorevole di quel periodo drammatico e splendido, i quindici anni immediatamente successivi alla fine della guerra, nel quale due generazioni di italiani dettero grande prova di sé, costruendo la nuova Italia. Essi trasformarono un Paese vinto in interlocutore forte e stimato in tutte le sedi internazionali, membro essenziale dell’alleanza atlantica e componente considerato dell’ONU; un Paese povero e arretrato, prevalentemente agricolo, in grande potenza industriale; convertirono un Paese distrutto da una guerra stolida e malcondotta in una terra ricca di infrastrutture e ben organizzata» (Paolo Togni, Prefazione, op. cit., p. 15).
Diverso, purtroppo, dovrebbe essere il discorso sulle responsabilità politica e culturali della Democrazia cristiana, che hanno portato anche alla laicizzazione del nostro ordinamento giuridico e, alla fine, della società tutta. Ma questa sarebbe un’altra storia da raccontare, e comunque “politici del fare” e uomini sobri come Giuseppe Togni avrebbero molto poco da farsi perdonare da quest’ultimo punto di vista.
* * *
Biopic di Giuseppe Togni
Giuseppe Togni, nato a Pontedera (Pisa) nel 1903, è morto a Roma il 24 giugno del 1981. Appassionato dai principi del Cattolicesimo sociale, aderì fin da subito al Partito Popolare Italiano, fondato nel 1919 da Don Luigi Sturzo, tesserandosi alla tenera età di quindici anni grazie ad uno stratagemma (allora per potersi iscrivere erano richiesti minimo 18 anni, lui ne dichiarò tali e, pertanto, sulla sua prima tessera del PPI, conservata ancora oggi in originale dalla “Fondazione Giuseppe Togni”, è registrata come data di nascita “1900” anziché la veritiera “1903”).
Tra il 1942 e il 1943 fu tra i fondatori della Democrazia cristiana, che rappresentò alla Consulta nazionale (1945-46) e all’Assemblea costituente (1946-48). Deputato (1948-68) e senatore (1968-76), fu dodici volte ministro: dell’Industria e Commercio (1947; 1950-51), dei Trasporti (1953), delle Partecipazioni statali (1956-57), dei Lavori pubblici (1957-60), dell’Industria (1963) e delle Poste e telecomunicazioni (1973-74).
Da Ministro dei Trasporti ha promosso la promulgazione del primo Codice della strada (entrato poi in vigore nel 1959), da Ministro dei Lavori pubblici si deve a lui l’inaugurazione dell’aeroporto di Fiumicino (1960), anche se per tale suo operato fu oggetto di una campagna calunniosa da parte delle sinistre, che portò persino alla costituzione di una commissione parlamentare d’inchiesta (la cui relazione finale, nel 1963, non solo lo assolse da qualsiasi responsabilità, ma lo elogiò per la straordinaria efficacia della sua attività). Togni è stato anche studioso e docente incaricato di Legislazione del lavoro all’università di Roma “La Sapienza”.