del 12 settembre 2019
Sono venute meno quelle che sono state per millenni le due strutture di base della società occidentale: religione e famiglia. La religione si è soggettivizzata (è una scelta personale), privatizzata (appartiene al tempo libero) e deistituzionalizzata (non ha più sostegni nelle istituzioni sociali)
di Gianfranco Morra
Tutte le società della storia sono state paternali e maschiliste. Ciò accade anche in quasi tutte e società animali, dove il maschio è il più forte e impone il suo dominio. Nelle società umane, il maschilismo è la regola. Una società in cui dominano le donne è sempre stata considerata un accidente o una abiezione. Come quella delle Amazzoni, che tutta la mitologia greca ha condannato e deriso.
Le donne detenevano il potere della riproduzione fisica del gruppo umano, gli uomini di quello culturale (nel senso vasto di civiltà). Mascolinità significava capacità di elevarsi al di sopra del proprio sesso per raggiungere uno statuto di universalità.
Esisteva un tempo un legame intimo tra dominazione maschile e religione. Insieme per millenni si sono rette a vicenda, insieme oggi attraversano entrambe una crisi profonda.
Oggi, col cambio dei riferimenti «maschile» e «femminile» sono mutate le condizioni della riproduzione biologica e di quella culturale. In questi giorni appare in traduzione italiana un breve quanto profondo libro: La fine del dominio maschile (Vita e Pensiero, pp. 76, euro 10). Ne è autore un illustre storico e filosofo, noto anche come politologo, Marchel Gauchet.
Egli apre il suo saggio con una pericolosa e reazionaria affermazione: «L’avvenimento non è di poco conto e da molti sentiamo dire: ‘una cosa simile non può capitare’; e invece sì: stiamo assistendo alla fine del dominio maschile». Ciò di cui si tratta non è il crollo della supremazia fisiologica di un sesso sull’altro, ma della messa in discussione di un sistema di ruoli e di identità che era radicato da sempre nell’ordine delle cose.
La fine del dominio maschile ha lasciato un vuoto, anche perché non sappiamo che cosa mettere al suo posto. Oggi è l’impronta affettivo-materna quella che domina i legami sociali. Il vero problema non è quello del «comandano le donne», ma la esautorazione di quelle che sono state per millenni le due strutture di base della società occidentale: religione e famiglia.
La religione è arrivata alla conclusione del processo di dissoluzione, una autodistruzione aiutata anche dalle istituzioni delle Chiese. Essa si è soggettivizzata (non è una eredità, ma una scelta personale), privatizzata (appartiene al tempo libero) e deistituzionalizzata (non ha più sostegni nelle istituzioni sociali).
C’è un market religioso, dove ciascuno può attingere e cambiare i modi di credere, non esiste più «la» religione, ma «le» religioni, che si incontrano, dialogano e si mescolano come in una insalata mista.
Di questo dissolvimento della religione in Occidente Gauchet aveva analizzato cause e processo nel suo primo famoso libro: Le désenchantment du monde (Gallimard, 1985). Quanto alla famiglia, essa non è più la «cellula di base» sulla quale la collettività fondava la sua esistenza. Era una istituzione collettiva (a fondamento maschilista), che trasmetteva tutti i valori: religiosi, morali, sociali, tecnologici.
Oggi si è liberata di ogni sua realtà oggettiva e pedagogica, è divenuta un fatto privato, affidato alla libera disposizione dei suoi membri. Un rifugio affettivo a disposizione dei suoi componenti. L’«immaturità maschile» ha consentito la nascita di una società ultraegalitaria, che ha offuscato insieme con la differenza sessuale la figura del padre.
Dominio maschile voleva dire primato, nella religione, della immagine del genitore: insieme si sono estinti. Con la gioia dei singoli, che si sono liberati del padre celeste, di quello sociale e di quello carnale («dio, patria e famiglia»). E si trovano esenti da responsabilità, immaturi e «infantilizzati».
La fine del maschio si è tradotta nella socializzazione dell’identità, scelta liberamente (sin dalla scuola materna) in un mucchio plurimo di generi. È una società priva di continuità, che ha dimenticato la passato, vive nel presente gratuito e liquido, ignora quale sarà il futuro.
In senso proprio, società non è più: «Una società esiste solo a partire dal momento in cui è in grado di assicurare la continuità della propria cultura e l’identità della propria organizzazione al di là dell’avvicendarsi dei suoi membri, che nascono e muoiono». Come hanno fatto tutte quelle dei millenni passati.
Tutto cambia nella storia, anche se oggi è difficile prevedere un ritorno del dominio maschile.
Gauchet non è né un passatista, né un reazionario, né un maschilista, ma un rigoroso analista dei caratteri del nostro tempo. Egli cerca di capire perché un sistema religioso e sociale durato millenni sia cambiato in Occidente nello spazio di cinquant’anni. Senza presumere che il vecchio ordine fosse in tutto migliore di quello odierno, v’è una conclusione certa e indiscutibile cui Gauchet perviene: «Il maschio è morto e anche il padre non sta tanto bene».