Dal sito La madre della Chiesa 30 Marzo 2013 [sintesi]
Alle 7 di sera il 18 agosto del 1996, padre Alejandro Pezet stava celebrando la Santa Messa in una chiesa cattolica nel centro commerciale di Buenos Aires. Mentre stava finendo di distribuire la Santa Comunione, si avvicinò una donna per dirgli che aveva trovato un’ostia su un candelabro sul retro della chiesa. Recatosi sul posto indicato, padre Alejandro vide l’Ostia profanata. Dal momento che non poteva consumarla, la mise in un contenitore con dell’acqua che ripose nel tabernacolo, della cappella del Santissimo Sacramento.
Lunedì, 26 agosto, all’apertura del tabernacolo, vide con stupore che l’Ostia si era trasformata in una sostanza sanguinolenta. Informò quindi il cardinale Jorge Bergoglio, che diede istruzioni perché l’ostia fosse fotografata da un professionista. Le foto furono scattate il 6 settembre. Essi mostrarono chiaramente che l’Ostia era diventata un frammento di carne insanguinata ed era cresciuta di dimensioni in modo significativo.
Per diversi anni l’Ostia rimase nel tabernacolo e su tutta la vicenda fu mantenuto un rigoroso segreto. Dal momento che l’ostia non subiva alcuna visibile decomposizione, il cardinale Bergoglio decise che fosse analizzata scientificamente. Il 5 ottobre 1999, alla presenza dei rappresentanti del cardinale, il Dott. Castañon prelevò un campione del frammento insanguinato e lo inviò a New York per l’analisi. Per non pregiudicare l’esame, egli decise di non informare il gruppo di scienziati della provenienza del campione.
Uno di questi scienziati era il dottor Frederic Zugibe, ben noto cardiologo e medico legale. Questi stabilì che la sostanza analizzata era realmente carne e sangue contenente DNA umano.
Zugibe testimoniò che “il materiale analizzato è un frammento di muscolo cardiaco della parete del ventricolo sinistro in prossimità delle valvole. Questo muscolo è responsabile della contrazione del cuore. Si tenga presente che il ventricolo cardiaco sinistro pompa sangue a tutte le parti del corpo. Il muscolo cardiaco è infiammato e contiene un gran numero di globuli bianchi. Questo indica che il cuore era vivente al momento del prelievo del campione. La mia tesi è che il cuore era vivo, visto che i globuli bianchi muoiono al di fuori di un organismo vivente. Hanno bisogno di un organismo vivente, per sostenersi. Così, la loro presenza indica che il cuore era vivo quando è stato prelevato il campione. Per di più, questi globuli bianchi avevano penetrato il tessuto, il che indica inoltre che il cuore era stato sottoposto ad un forte stress, come se il suo possessore fosse stato picchiato duramente sul petto.”