Dal sito Libertà e persona 5 giugno 2017
L’ultimo libro di Francesco Agnoli è un testo così inattuale, da essere sempre attuale (cf. Il misticismo dei matematici. Da Pitagora al computer, Cantagalli, Siena, 2017, pp. 146, euro 12).
di Fabrizio Cannone
Quando Laura Boldrini ed Emma Bonino fanno le loro sparate femministe ed avverse alla famiglia tradizionale, di impostazione biblico-patriarcale… Quando i magnati dell’UE, non raramente membri di potentissime logge, vanno avanti nella logica dell’oscurantismo laicista, volendo sempre più imporre censura ai cristiani e al contempo offrire spazi pubblici agli islamici…
Quando si discute di pensiero unico e della profezia realizzata di George Orwell, e anziché cambiare strada, si vuol installare una doxa uguale per tutti, a base di pseudo-diritti LGBT, famiglie transgender, fecondazione artificiale, poligamia, droga libera e gratuita per tutti, diritto al suicidio di stato eccetera eccetera…
Il nemico, seppur tacitato per ragioni di comodo, è sempre e anzitutto il cristianesimo, la sua storia, la sua dottrina, il suo nucleo intangibile di verità atemporali, e finanche i suoi simboli e le sue nobili radici.
E il fatto cristiano, in questi 17 pesantissimi anni del III millennio, come previde papa Woytjla, è stato ed è combattuto come nell’arcaico e oggi neo-dominante positivismo comtiano, sempre in nome della scienza (cfr. Auguste Compte, Catechismo positivista, 1852). Anzi della Scienza, pseudo-divinità adorata dagli uni e dagli altri, e soprattutto usata e abusata, quasi violentata per far prevalere una visione ideologica e artificiale della realtà, della politica e della cultura, sulle altre, specie su quelle più legate alla tradizione cristiana ed europea.
Il nostro studioso cattolico, nato a Bologna nel 1974, offre qui una sintesi degli studi che da due decenni lo hanno portato non solo a ristabilire la verità circa la non-incompatibilità tra (vera) fede e (autentica) scienza, tra ragione e religione, tra vero progresso e sano amore della tradizione (in tale ottica si veda il suo recente saggio Filosofia, religione e politica in Albert Einstein, ESD, 2016). Ma altresì offre degli schizzi efficacissimi sulla vita e il pensiero di alcuni immensi scienziati europei, specialmente versati nelle matematiche, per mostrare quanto costoro, non furono in nulla atei, laicisti alla Odifreddi o chiusi alla trascendenza e al divino.
Di più. Da Keplero a Cartesio, da Pascal a Leibniz, da Cantor a Gödel, i veri mostri sacri del numero furono dei credenti appassionati e appassionanti, e a volte dei quasi-mistici, e lo furono proprio in quanto matematici e profondi conoscitori della realtà fisica-materiale dell’universo.
I celebri Teoremi sull’incompletezza di Gödel, tanto per fare un esempio, saggiamente trattati da Agnoli (alle pagine 83-94) nella loro valenza matematico-metafisica, significano per l’appunto che esistono verità assolutamente certe, eppure empiricamente indimostrabili. La certezza che rubare o mentire sia male, e che amare il prossimo o difendere la patria sia bene, non solo non è dimostrabile ora, con gli strumenti che abbiamo al presente. Ma sarà certamente indimostrabile anche in futuro. L’etica infatti non si dimostra, né il valore e la bellezza dell’arte, della letteratura o dell’amore. L’uomo però, conosce di conoscere, e sa anche, paradossalmente, che la sua ragione ha dei limiti invalicabili. Non siamo Dio che sa tutto e tutto può dimostrare, e neppure la bestia che non sa nulla, e che non sa di non sapere… La nostra conoscenza, astrattiva e meta-empirica, ci insegna che non si può e non si deve dubitare di tutto, anche se di tutto sappiamo solo qualcosa.
Un tempo si asseriva come un dogma che la scienza avrebbe capito tutto, spiegato tutto e risolto tutto, e questo fu lo scientismo ottocentesco che tanto male fece alla scienza e alla civiltà umana come tale (con ricadute sull’eugenetica per esempio). Oggi si dice, al contrario, che di nulla possiamo essere certi, e che ogni conquista scientifica e conoscitiva sarebbe sempre parziale e revocabile, e si tratterebbe solo di proporre modelli… (Salvo imporli poi agli increduli). Ma allora a che giova la ricerca?
La via media, tipicamente aristotelica e tomista, fatta propria da Agnoli, ma anche consapevolmente o meno, da epistemologi realisti come Giovanni Reale (Cfr. Saggezza antica, Milano, 1995), mons. Antonio Livi (con Le leggi del pensiero, Roma, 2016) e in parte dallo stesso Popper, ammette l’esistenza della realtà e della sua conoscibilità, seppur in modo frammentario, lacunoso e a volte fallibile. Resta che di molte cose, ovvero virtualmente di tutte, possiamo e dobbiamo parlare, e perfino dobbiamo arrovellarci sui misteri dell’universo, di Dio e dei valori assiologici non commensurabili e non falsificabili.
Ma dobbiamo farlo in modo analogico e prudente, tenendo conto dei principi primi dell’essere e del realismo, altrimenti detti del senso comune.
Agnoli dimostra, proprio attraverso “il misticismo dei matematici” che la scienza non sta mai contro la tradizione, l’etica e la religione, e in tal senso Einstein ebbe ragione nel dichiarare che un tempo verrà in cui gli autentici scienziati saranno le persone più religiose del mondo. Poiché sapranno che al di là dei limiti della conoscenza e della non-conoscenza, esiste la certezza di un ordine trascendente, intuibile da tutti, esauribile da nessuno.