di Sandro Magister
Il motu proprio “Summorum Pontificum” del 7 luglio 2007 con il quale Benedetto XVI ha liberalizzato l’uso de messale del 1962 è stato pubblicato sugli “Acta Apostolicae Sedis”, la gazzetta ufficiale della Santa Sede.
La pubblicazione sana un ritardo che era stato fatto notare da Alberto Melloni sul “Corriere della Sera” del 22 settembre 2007. Dopo aver riferito i commenti critici espressi da alcuni ecclesiastici sul motu proprio, Melloni apprezzava “la saggia decisione di tenere ancora a bagnomaria un testo che sta creando più problemi di quanti non ne risolva”.
In realtà – spiega Gianni Cardinale su “Avvenire” di venerdì 14 marzo – il “ritardo alla pubblicazione è dovuto al fatto che, rispetto alla versione diffusa il 7 luglio 2007, la versione definitiva, e vincolante, del motu proprio ‘Summorum pontificum’ presenta alcune piccole variazioni”.
Cardinale enumera queste variazioni meticolosamente:
“Innanzitutto al motu proprio è stato dato un sottotitolo («De uso extraordinario antiquae formae Ritus Romani») che non c’era.
“All’articolo 1 il termine «conditiones» è stato sostituito con la forma più corretta «condiciones».
“All’articolo 3 il termine «plerumque» (la maggior parte delle volte) è stato sostituito con «habitualiter» (abitualmente), senza però che sia cambiata la sostanza della disposizione.
“Più concreta invece la variazione presente nell’articolo 5, comma 1: «Nelle parrocchie in cui esiste stabilmente (stabiliter) un gruppo di fedeli aderenti alla precedente tradizione liturgica, il parroco accolga volentieri le loro richieste per la celebrazione della Santa Messa secondo il rito del Messale romano edito nel 1962». Nella versione originaria al posto del termine «stabiliter» c’era «continenter», che letteralmente vuol dire ‘ininterrottamente’ e che poteva far erroneamente pensare che un gruppo di fedeli ha diritto alla Messa preconciliare esclusivamente se si è costituito stabilmente già prima della pubblicazione del motu proprio e non in conseguenza di esso.
“Un’altra variazione infine si trova all’articolo 7: «Se un gruppo di fedeli laici fra quelli di cui all’articolo 5 comma 1 non abbia ottenuto soddisfazione alla richiesta autorizazione da parte del parroco, ne informi il vescovo diocesano. Il vescovo è vivamente pregato di esaudire il loro desiderio. Se egli non vuole (non vult) provvedere per tale celebrazione, la cosa venga riferita alla Pontificia Commissione Ecclesia Dei». In questo caso il verbo «non vult», sostituisce l’originario «non potest» (non può)”.
(A.C. Valdera)