International Family News 7 maggio 2022
Scompare il grande cavaliere che ha combattuto il complotto contro la vita e identificato l’«inverno demografico». Scompare?
di Marco Respinti
L’«inverno demografico» ha un padre e si chiama Michel Schooyans (1930-2022).
Filosofo, teologo e sacerdote belga, incardinato nell’arcidiocesi di Malines-Bruxelles, monsignor Schooyans è stato un grande lottatore per il diritto alla vita, ma soprattutto una grande smascheratore dell’enorme complotto contro la vita ordito in stanze oscure e mortifere.
Suona complottista? Certo. Perché il complotto contro la vita esiste, per utilizzare il titolo felice di un libro di autori vari, Il complotto contro la vita, edito in italiano dalla milanese Ares nel 1987 con prefazione di Carlo Casini (1935-2020).
Il complottismo è un tarlo della mente quando prende lucciole per lanterne, quando travolge tutto in un sabba bovino e massimalista, quando non esiste. Ma quando invece esiste è quello che è: una trama ordita, finanziata e implementata da chi ha i mezzi intellettuali per ordirla, i mezzi economici per finanziarla e i mezzi materiali per implementarla.
Non è per caso che ambienti, associazioni nazionali, organizzazioni internazionali, pezzi di governi o Stati interi si ritrovino uniti, solidali e compatti dalla voglia di sopprimere la vita umana con l’aborto e con l’eutanasia, anzi di facilitarsi il compito fermandola prima ancora che veda la luce attraverso la contraccezione e la sterilizzazione, e perché no, pure incitando, eccitando e alimentando uno stile di vita sterile, come diceva riconoscendo un fatto incontrovertibile il compianto Francesco D’Agostino (1946-2022), perché chi bene incomincia è già a metà dell’opera.
Mons. Schooyans il complotto mostruoso contro la vita, milioni di morti, milioni di morti, lo ha fissato diritto negli occhi, ne ha stanato la bestia, l’ha persino provocata affinché uscisse, bavosa e ringhiosa, dal proprio antro fetido, e l’ha combattuto con le armi di cui disponeva: intelligenza, lucidità, scienza, cuore e carità. Perché sì, come sempre, è carità, l’unica carità possibile verso di essa, dire la verità sulla storia.
Il Generale Inverno e il suo esercito di morte
Mons. Schooyans è scomparso il 3 maggio, e già ci manca. Ci manca la sua acribia, la sua voglia di non tacere nulla, la sua passione all’umano e il suo amore alla vita.
Perché non c’è altro se non la vita che renda in grado di decidere come spendere il tempo che ci viene messo a disposizione, se spenderlo bene oppure se spenderlo male. Non c’è come la vita anzitutto per poi potere difendere la libertà e tutto il resto.
La vita, il bene primario, senza il quale proprio non saremmo affatto, e tutto sarebbe accademico, teorico, inutile, impossibile.
Mons. Schooyans ha amato così tanto la vita da spenderci una vita. Ora è al cospetto del Signore della vita e ha finalmente capito ogni anfratto di quell’orrido complotto che ha combattuto per tutta l’esistenza con tutta l’esistenza.
Professore nell’Università Cattolica di Lovanio, in Belgio, visiting professor in diversi atenei statunitensi, già docente nell’Università Cattolica di San Paolo del Brasile, è stato membro della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali, del Royal Institute of International Relations di Bruxelles, dell’Institut national d’études démographiques di Parigi e del Population Research Institute di Front Royal, in Virginia.
L’espressione «inverno demografico» mons. Schooyans la coniò nel libro Le crash démographique. De la fatalité à l’espérance, del 1999, e quel che intendeva era puramente e semplicemente che la «cultura di morte», organizzata economicamente e politicamente, era ed è nientemeno che il suicidio volontario di società e di nazioni intere.
Se la «cultura di morte» continuerà a spargere il proprio veleno, cioè, i Paesi si ridurranno, mancheranno a se stessi, finiranno. Apocalittico? Perché non dovrebbe esserlo?
L’epica per spiegare
In Italia mons. Schooyans è noto soprattutto per l’opera Nuovo disordine mondiale. La grande trappola per ridurre il numero dei commensali alla tavola dell’umanità, del 2000, con prefazione dell’allora cardinale Joseph Ratzinger.
Tra le sue altre opere ricordo almeno La dérive totalitaire du libéralisme, del 1999, La face cachée de l’O.N.U. del 2000 e Le terrorisme à visage humain, del 2006, ma anche il contributo Etica dello sviluppo, nel Dizionario interdisciplinare di scienza e fede curato da don Giuseppe Tanzella-Nitti e don Alberto Strumia.
Mons. Schooyans è stato infatti un lucido avversario del liberalismo, e questa sua campagna bellica permanente offre l’occasione per una considerazione. «Liberalismo» significa molte cose, perché al termine e al concetto si è voluto far significare molte cose nel corso della storia.
Si traduce difficilmente, perché la storia ha caricato per esempio il termine inglese liberal di valenze peculiari. Quel che accomuna tutto è però la contestazione in radice al concetto stesso di (ogni) autorità salvo se stessi. È quindi una utopia e una menzogna. L’illusione titanica, cioè, di essere dio a se stesso.
Ma bastano cinque minuti per rendersi perfettamente che nessuno è dio a se stesso. L’epica, come sempre aiuta a capire bene i pensieri e allora basta rileggersi Moby Dick (1851) di Hermann Melville (1819-1891) per comprenderlo bene, e affrontare, con stomaco forte, la storia vera dietro il romanzo come la racconta il primo ufficiale della baleniera Essex di Nantucket, Owen Chase (1789-1869) in Narrative of the Most Extraordinary and Distressing Shipwreck of the Whale-Ship Essex (1821), crudo e raccapricciante, cui fa onore la bella trasposizione cinematografica di Ron Howard (2015), Heart of the Sea, Le origini di Moby Dick o, meno blockbuster, All Is Lost, la pellicola del 2013 firmata da Jeffrey McDonald Chandor con uno straordinario unico attore, Robert Redford, e letteralmente nessun dialogo.
O tornare ancora su, a La vita e le strane sorprendenti avventure di Robinson Crusoe (1719) di Daniel Defoe (1660-1731), figlio di tempi in cui l’illusione di avere finalmente conquistato tutto l’orbe terracqueo s’infranse veloce contro l’iceberg dell’irriducibilità del reale di cui l’uomo è davvero signore solo quando si fa umile al punto di capire che la vetta da vincere, il deserto da sconfiggere, l’onda da superare e il cielo da solcare è solo quello del proprio cuore, inquieto finché non trovi pace là dove la pace davvero c’è.
La biblioteca più fornita
Non ho condiviso tante opinioni politiche di mons. Schooyans, ma che conta, che conta ora? Il liberalismo è una volontà di potenza di cui mons. Schooyans ha svelato il nome vero: quel progressismo sradicatore e bugiardo che mente su tutto, e questo sarebbe ancora poco, nonostante la gravità, se non costasse sangue umano.
Il progressismo che si finge mezzo conservatorismo, appena prima di trasformarsi in socialismo e oltre, o prima di farsi fascismo, cioè ancora una forma del socialismo. Mons. Schooyans aveva un grande naso, e ne ha fiutato il lezzo di morte profuso nel mondo, persino nell’ONU, come coraggiosamente ebbe il coraggio di denunciare.
Scrivo oggi e domani il mondo avrà già scordato mons. Schooyans, e questo è il cruccio maggiore che si prova quando si scoprono, a volte tardi, autori che più nessuno leggerà, pagine che vanno disperse, gemme che nessuno più scava.
E il destino dell’umano, certo, è la sua tristezza. Ma è per questo che vale la pena che Blaise Pascal (1623-1662) abbia scommesso vincente: perché se è così, allora con le pagine di Schooyans si avrà contemplazione diretta e imperitura nella biblioteca più fornita e imperitura del cosmo.
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