Il nuovo ruolo della Chiesa nella società

Studi Cattolici n. 753 novembre 2023

Colloquio con don Gian Maria Comoll

Giuseppe Brienza 

Nel suo intervento alla terza edizione degli Stati Generali della natalità, che si sono tenuti a Roma l’11 e 12 maggio 2023, Papa Francesco ha ricordato l’importanza dell’impegno politico dei cattolici soprattutto durante i periodi di crisi come quello che stiamo attraversando. «Dalla crisi – ha detto il Santo Padre dal palco dell’Auditorium della Conciliazionenon si esce da soli, o usciamo tutti o non usciamo; e dalla crisi non si esce uguali: usciremo migliori o peggiori. Ricordiamo questo. Questa è la crisi di oggi. Difficoltà a trovare un lavoro stabile, difficoltà a mantenerlo, case dal costo proibitivo, affitti alle stelle e salari insufficienti, sono problemi reali. Sono problemi che interpellano la politica, perché è sotto gli occhi di tutti che il mercato libero, senza gli indispensabili correttivi, diventa selvaggio e produce situazioni e disuguaglianze sempre più gravi».

Per spiegare e commentare queste realtà della vita di ciascuno di noi e le posizioni che emergono nel dibattito pubblico viste alla luce del diritto naturale e della Dottrina sociale della Chiesa abbiamo intervistato un esperto, don Gian Maria Comolli. Sacerdote dal 1986, da quasi trent’anni cappellano ospedaliero, giornalista pubblicista e gestore del blog “L’uomo pensante” (www.gianmariacomolli.it). Accreditato relatore a livello nazionale questo sacerdote ambrosiano ha pubblicato vari saggi, l’ultimo dei quali s’intitola La dottrina sociale della Chiesa. Un progetto per una società “alternativa”, pubblicato dalle Edizioni Cantagalli di Siena nell’aprile 2023.

Anzitutto ci potrebbe chiarire qual è il significato dei tre principali concetti che sono alla base della DSC: quello di solidarietà, di sussidiarietà e di partecipazione?

Rispondo con quanto affermato da Giovanni Paolo II nell’Enciclica Sollecitudo Rei Socialis: «La solidarietà non è un sentimento di vaga compassione o di superficiale intenerimento per i mali di tante persone, vicine o lontane. Al contrario, è la determinazione ferma e perseverante di impegnarsi per il bene comune: ossia per il bene di tutti e di ciascuno perché tutti siamo veramente responsabili di tutti» (n. 38). Dunque, il principio di solidarietà, evidenzia un’ovvietà che frequentemente fatichiamo a riconoscere. Ogni uomo è strutturalmente vincolato agli altri e nessuno può vivere e realizzarsi senza la reciproca collaborazione. Di conseguenza, ognuno è responsabile dei singoli e della comunità, che deve prendersi cura di ogni membro operando per la sua realizzazione con un’attenzione particolare ai più fragili e ai più vulnerabili. Pertanto, solidarietà, è assumersi totalmente la preoccupazione per lo sviluppo di tutti, non unicamente donando cose o tempo, ma favorendo il loro potenziamento umano e culturale e la loro felicità. Il vocabolo “sussidiarietà” deriva invece dal termine latino “subsidium” che significa: soccorso, promozione, sviluppo… 

Dunque, la sussidiarietà, dovrebbe essere l’intervento “compensativo” e “ausiliare” che lo Stato promuovere a favore dei singoli e dei gruppi supportandoli nel loro sviluppo, memori però che una nazione che massifica, che si propone da “Grande Fratello” orwelliano, che svaluta e deprezza le singolarità gestendo ogni servizio, dall’istruzione alla sanità, che priva di responsabilità le famiglie… non solo ferisce e mortifica i cittadini ma causa colossali disservizi dovuti a uno statalismo incontrollabile, a inflessibili amministrazioni e impersonali burocrazie. Mentre la trasparente concorrenza tra Stato, mercato e società civile o, meglio, una partnership tra questi soggetti in condizioni paritetiche (sussidiarietà circolare), offre prestazioni più efficienti, a un costo minore e con notevole soddisfazione della popolazione. Importantissima, infine, è anche la partecipazione attiva e dinamica della popolazione alla vita societaria. Questa potrà realizzarsi unicamente se i rappresentanti dello Stato e delle autorità locali, eletti dai cittadini, si presenteranno moralmente inattaccabili oltre che credibili e attendibili, assicurando efficienti modelli organizzativi e salvaguardando i singoli.

Spesso quando ci si occupa di principi morali violati o da affermare nella società o nella legislazione dello Stato o di certe Organizzazioni internazionali sentiamo accuse alla Chiesa o al Papa di “interferire” nella politica. Sono accuse fondate secondo lei?

Per alcuni, come lei riporta, la Chiesa dovrebbe limitare il proprio ambito di azione all’orizzonte spirituale poiché, secondo loro, Gesù Cristo non si è lasciato coinvolgere in prospettive o interpretazioni politiche, sia nella sua persona sia nella sua azione. Ciò è vero solo in parte, vale a dire se interpretiamo il termine “politica” nell’accezione restrittiva di fenomeno partitico-governativo. Non è così se la rapportiamo al termine greco polis che indica la “città” e, di conseguenza, il suo rapporto con l’uomo che l’abita, fondato sul modello civico, prevalentemente ateniese, che includeva una comunanza d’intenti politici, economici, sociali e culturali.

Papa Francesco nel suo discorso ai partecipanti alla terza edizione degli Stati Generali della natalità ha ribadito che occorrono oggi in Italia «politiche lungimiranti. Occorre predisporre un terreno fertile per far fiorire una nuova primavera e lasciarci alle spalle questo inverno demografico». Il Papa dicendo ciò riprende uno dei principi classici della DSC, ovvero la difesa e promozione della vita umana innocente?

Papa Francesco, per il terzo anno di seguito agli “Stati Generali della Natalità”, continua a ripetere che il “problema dei problemi” per la nostra nazione è quello della denatalità; da qui la frase: «servono politiche lungimiranti. Occorre predisporre un terreno fertile per far fiorire una nuova primavera e lasciarci alle spalle questo inverno demografico». Ebbene, se non si mobilitano le energie migliori per infondere fiducia nei cittadini, soprattutto i giovani, a investire a favore della ricchezza maggiore, vale a dire la vita, la società italiana è destinata a un veloce e inesorabile declino nel giro di pochi decenni essendo impossibile un futuro sostenibile.

Mentre il XX secolo in Italia è stato caratterizzato dal “baby boom” nonostante la recessione economica degli anni ’30 e la Seconda Guerra Mondiale, il XXI sarà contraddistinto nel nostro Paese dall’invecchiamento definitivo con lo standard prevalente del “figlio unico”?

Se le cose continueranno così dico sicuramente di sì. Con il “figlio unico” per tutti (o quasi) sarà catastrofe poiché la maggioranza delle famiglie non riuscirà a soddisfare i bisogni che sorgeranno nella stessa. Pensiamo, ad esempio, alla gestione dei genitori anziani nelle famiglie mononucleari. Anche l’attuale sistema sanitario “universalistico”, non reggerà di fronte alle richieste della popolazione anziana, maggiormente soggetta alle malattie e, in molti casi, affetta da polipatologie cronico-degenerative, bisognosa di farmaci, d’indagini diagnostiche e di ricoveri ospedalieri frequenti. E, il sistema previdenziale, potrebbe trasformarsi in un miraggio non potendo sostenere una “folla” di pensionati.

Riprendendo il contenuto di uno dei capitoli più interessanti del suo ultimo saggio, quello dedicato alla “comunità politica”, cosa ci può dire a proposito del rapporto di Gesù con l’autorità politica?

Gesù di Nazaret rifiutò in qualsiasi forma il messianismo politico. Ciò fu esplicitamente confermato nel suo colloquio con Ponzio Pilato che sostenne nelle ore della Passione (cfr. Gv. 18,33-39). Il governatore romano rivolse al Messia due interrogativi: uno relativo alla veridicità della sua regalità e l’altro inerente alla tipologia. Alla prima domanda rispose affermativamente; alla seconda replicò: «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei, ma il mio regno non è di quaggiù» (Gv.18,36). Ebbene, il Signore Gesù, si proclama re, puntualizzando che il Regno di Dio è già presente nel mondo ma esclude ogni contaminazione del Suo Regno con la potenza, il dominio e il prestigio, caratteristiche dei governanti di tutti i tempi. In conclusione, il Cristo nel suo ministero pubblico non contestò mai l’autorità del suo tempo ma insegnò ai suoi di essere lievito come fecero i primi cristiani.

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Sull’impegno dei cattolici in politica si legga:

Cattolici in Politica

Per i cattolici immorale è proprio separare la fede dalla politica

L’importanza della dottrina per l’azione politica dei cattolici