Il paese della libertà conculcata. Uno, purtroppo, dei molti

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Vietnam: processo a due cristiani

Anticipazione dal Rapporto 2004 sulla libertà religiosa nel mondo, compilato e pubblicato dal Segretariato italiano dell’Aiuto alla Chiesa che Soffre

Per gentile concessione di Aiuto alla Chiesa che Soffre

Formalmente, la libertà religiosa in Vietnam è garantita dalla Costituzione. In pratica, però soprattutto a livello locale, nelle aree più interne e montagnose, questa libertà deve fare i conti con continue vessazioni, arresti di fedeli e distruzione di chiese e templi.

La politica del governo mira al controllo di tutti i movimenti religiosi. Un decreto del 1999 sulla religione esalta i diritti religiosi e permette alla gente di «seguire, non seguire o cambiare religione» ma paventa severissime punizioni per coloro che «usano la religione per minare l’unità dello Stato». E sulla base di questa generica affermazione, che si presta a qualunque interpretazione, la libertà religiosa sta subendo forti restrizioni.

Sono soprattutto le minoranze etniche del nord (gli Hmong, molti dei quali si sono convertiti al Cristianesimo, cattolico o protestante) e quelle degli Altopiani centrali (i cosiddetti Montagnard) a dover far fronte alle severe persecuzioni del regime comunista che si prefiggono di sopprimere la visibile irradiazione della vita religiosa, soprattutto cristiana, attraverso la costruzione di chiese domiciliari. Sarebbero circa 175.000 i fedeli che si riuniscono in queste “chiese particolari”, che fanno per lo più riferimento ai Pentecostali.

Una sempre maggiore diffusione sul territorio che continua a preoccupare non poco le autorità, tanto che dalla settima Assemblea plenaria del Comitato Centrale del Partito Comunista Vietnamita (CPV), tenutasi in gennaio, una delle quattro risoluzioni approvate riguardava, per la prima volta nella storia del partito, proprio la libertà religiosa. Con essa, secondo Compass Direct, si consolida un maggiore controllo dell’attività religiosa, prevedendo la presenza di cellule del Partito Comunista all’interno dell’organizzazione delle sei religioni autorizzate in Vietnam, cioè Buddismo, Cattolicesimo, Protestantesimo, Islam, Hoa Hao (un ramo del buddismo, praticato soprattutto nel sud, che non prevede ministri né aspetti cerimoniali) e Cao Dai (nel sud, soprattutto nella provincia di Tay Ninh, dove c’è la “Santa Sede” Cao Dai, e nel delta del Mekong).  L’Induismo non è invece riconosciuto dal governo.

Uno studioso della realtà vietnamita ha così commentato, per Compass, questa decisione del Comitato Centrale: «È certo che il risultato di questo più severo controllo della religione sarà quello di favorire ancor di più l’attività religiosa sotterranea… Il Vietnam sta chiaramente facendo un passo indietro. Quando si sentono parole come “guida” e “controllo” e “forze ostili” in relazione alla religione, si può essere sicuri che per il cristianesimo si preparano tempi ancor più duri».

La pesante repressione governativa è visibile infatti soprattutto nelle aree rurali e non nelle grandi città, solo perché il governo, impegnato nella ricostruzione economica del Paese, non vuole attirare l’attenzione dei suoi partner commerciali e delle autorità internazionali sul problema dei diritti umani. A riprova del fatto che le garanzie costituzionali di libertà religiosa sono senza senso, lo dimostra il fatto che i credenti – e questo solo nelle grandi città, più esposte agli osservatori stranieri – sono liberi di frequentare solo uno specifico servizio religioso in una specifica parrocchia. I sacerdoti devono comunque sottoporre il testo di ogni loro omelia ai censori dello Stato.

La non reale libertà religiosa riguarda anche i seminari, i vescovi, le funzioni e la cultura religiosa. Per esempio, per quanto riguarda i cattolici, l’intero Paese non può avere più di sei seminari. È consentito un numero massimo di dieci seminaristi che si preparano al sacerdozio per ogni diocesi e ogni due anni, benché il numero delle persone che hanno espresso tale desiderio sia superiore.

Per seguire la propria vocazione religiosa ed entrare in un seminario, o convento, i candidati/e devono prima, ma anche durante gli studi, ottenere il permesso dalle autorità politiche locali e provinciali attraverso alcuni esami che dimostrino la loro “fedeltà allo Stato”. Approvazione statale che deve essere concessa anche prima di essere nominato parroco in una data diocesi. Anche la nomina di un vescovo, proposto dal Vaticano, deve essere soggetta ad approvazione, necessaria anche per ogni attività ecclesiastica che va oltre il normale servizio domenicale autorizzato, come il viaggio di un vescovo o un progetto riguardante il restauro o la costruzione di una chiesa.

Si può stampare soltanto un numero limitato di libri di ispirazione religiosa, e solo in una tipografia specificatamente autorizzata: alla stampa fa seguito una rigida verifica da parte della censura. Nonostante sia vietato agli iscritti al Partito Comunista Vietnamita praticare qualunque religione, autorità del partito avrebbero ammesso che decine di migliaia dei due milioni e mezzo di membri del partito sarebbero credenti: si spiegherebbe così perché la risoluzione politica sulla religione approvata nel gennaio 2003 chieda anche il reclutamento nelle file del partito, e il loro avanzamento in carriera, di credenti.

Autorità del partito e del governo visitano con una certa continuità pagode e templi e talvolta partecipano addirittura a funzioni in chiese cristiane. Tra le tante persone ancora in carcere per motivi religiosi ci sono, secondo il Rapporto del Dipartimento di Stato americano sulla Libertà religiosa, anche personalità molto importanti delle varie religioni. Tra queste, il monaco buddista Thich Thien Minh; i sacerdoti cattolici Pham Minh Tri e Nguyen Van Ly; i pastori, della religione Hoa Hoa, Le Quang Liern e Nguyen Van Dien (questi ultimi agli arresti domiciliari).

La Chiesa cattolica

I cattolici sono concentrati soprattutto nel sud del Vietnam, ma comunità consistenti si trovano anche nel nord, attorno alla capitale Hanoi, dove si registra un aumento statistico di presenze, confermato anche dalla ricostruzione di diverse chiese un tempo abbattute.

Con l’approvazione dei governi locali, si è insediato anche il vescovo in una diocesi ancora vacante e a numerosi seminaristi è stato concesso, dopo diversi anni d’attesa per alcuni, di essere finalmente ordinati sacerdoti. Il 2 gennaio, padre Joseph Vu Van Thien è stato nominato vescovo di Hai Phong.

Nel giorno del suo insediamento, il 43enne prelato, il più giovane vescovo nella storia del Vietnam, ha sottolineato l’importanza dell’impegno dei laici nella missione della Chiesa: nella sua diocesi, di 120.000 anime e 36 parrocchie, ci sono infatti solo 30 sacerdoti. Il 3 ottobre, il governo ha finalmente accettato la nomina a cardinale dell’arcivescovo Jean-Baptiste Pham Minh Man, che sovrintendeva da tempo all’arcidiocesi di Ho Chi Minh City.

Il governo vietnamita ha più volte ribadito di considerare «la Chiesa Cattolica come una forza positiva», ma nonostante questo, sacerdoti e laici cattolici appartenenti alla Comunità della Madre Co-Redentrice continuano a dover fare i conti con diverse restrizioni governative. Fondato nel 1953 dal reverendo Tran Dinh Thu, nella diocesi di Bui Chu, quest’ordine, tradizionalmente anticomunista, ha visto diversi suoi membri imprigionati nel corso degli anni, tra cui anche il fondatore, rilasciato nel 1993 dopo 5 anni di carcere.

Sono attualmente nel carcere di Xuan Loc, dove devono scontare una condanna a 20 anni, il reverendo Pham Minh Tri e il laico Nguyen Thien Phung. Il 17 luglio, ha scritto Catholic World News, il governo ha deciso di ridurre di cinque anni la condanna di padre Thaddeus Nguyen Van Ly, arrestato nel 2001, per aver invitato il governo americano a ritardare un accordo bilaterale con le autorità vietnamite a causa delle continue violazioni dei diritti umani e della libertà religiosa. Padre Van Ly era stato originariamente condannato a 20 anni di carcere.

Le comunità protestanti

Sono circa un milione i protestanti presenti in Vietnam, ma la metà di essi appartengono ad un vasto numero di chiese evangeliche che non operano alla luce del sole, ma per lo più nelle case di poveri contadini trasformate in chiese domiciliari. Il governo vietnamita riconosce solo due organizzazioni cristiane protestanti, la Evangelical Church of Vietnam (ECVN) e la Southern Evangelical Church of Vietnam (SECV).

La prima, il cui presidente è stato riconosciuto nell’incarico solo nel giugno 2003, agisce prevalentemente nell’area nord del Paese e ad essa fanno riferimento soprattutto le chiese domiciliari, per lo più Pentecostali, della minoranza etnica degli Hmong. A partire dal settembre 2002 diverse centinaia di comunità religiose delle diverse minoranze etniche del nord hanno fatto richiesta di affiliazione alla ECVN, ma questa non è stata mai riconosciuta dal governo e quindi restano gruppi religiosi “non registrati” e quindi passibili di maltrattamenti e restrizioni.

La seconda, a cui fanno riferimento alcune centinaia di chiese situate per lo più al sud, ha aperto nel febbraio 2003 il suo primo seminario teologico, con però solo 50 studenti autorizzati. Le autorità provinciali hanno riconosciuto ufficialmente solo una ventina delle diverse centinaia di comunità religiose della regione montagnosa centrale che erano un tempo affiliate con la SECV. Alcuni pastori della regione, scettici sulla nuova SECV, non hanno chiesto l’affiliazione. Molti pastori Battisti, Avventisti del Settimo Giorno, Anabattisti e dell’Assemblea di Dio non desiderano far parte della SECV a causa delle loro differenze religiose.

Alla fine di dicembre 2003, si trovavano ancora in carcere, per accuse legate alla loro pratica religiosa, 56 leader cristiani e pastori delle chiese domiciliari, con condanne da 2 a 11 anni di prigione. Per quello che è sembrato un piccolo passo avanti verso la libertà religiosa, in marzo le autorità vietnamite hanno invitato ad Hanoi cinque leader delle organizzazioni delle chiese domiciliari protestanti e di piccole missioni affinché partecipassero ad un seminario sul Protestantesimo indetto dall’Istituto governativo per gli Studi Religiosi.

Insieme, gli invitati rappresentavano circa 1.400 chiese domiciliari e centinaia di evangelisti. Nonostante questo, comunque, le vessazioni antireligiose sono continuate contro comunità religiose registrate o illegali.

Il 4 marzo circa un migliaio di fedeli di Chiese domiciliari evangeliche erano convenuti al Quoc Thanh Theater di Ho Chi Minh City per un raduno di preghiera, e altri cinquecento non erano riusciti ad entrare quando – fa sapere The Voice of the Martyrs – la polizia ha tagliato la corrente all’edificio ed ha impedito che venissero utilizzati i generatori di riserva. Nonostante il buio e il caldo sempre più soffocante, la funzione è comunque proseguita fino alla fine. Il 18 agosto la polizia ha interrotto una riunione di pastori evangelici che si stava tenendo nella casa del reverendo Bùi Van Ba, ad Ho Chi Minh City.

Quest’ultimo, ed altri due pastori, sono stati ammanettati ad un tavolo e torturati prima di essere trasportati in carcere. Il giorno seguente, grazie anche all’intervento degli attivisti dell’UNHRC, sono stati tutti rilasciati, ma il pastore Ba è dovuto rimanere per diversi mesi agli arresti domiciliari per «resistenza alle forze dell’ordine».

Il 10 ottobre – riporta Compass Direct -, quando il pastore A En della chiesa evangelica di Chu Pa, si è recato alla polizia locale della provincia di Kontum per pagare una multa, gli agenti lo hanno forzato a rimanere in piedi, su un solo piede, e con le braccia aperte in fuori. E’ dovuto restare in quella posizione per tre ore, sotto la minaccia di pugni e calci se si fosse mosso. In seguito la comunità costruita dal pastore, che contava 70 membri, è stata smantellata. Il 4 dicembre, ad Hanoi, sette cristiani sono stati arrestati per aver distribuito volantini religiosi alla vigilia dei Giochi PanAsiatici, con l’accusa di aver distribuito materiale non autorizzato dagli organizzatori dei Giochi!

A parte queste vessazioni contro rappresentanti di comunità religiose registrate, da molti anni ormai, i seguaci protestanti più colpiti dalle persecuzioni religiose del governo vietnamita sono quelli appartenenti alla minoranza etnica degli Altopiani Centrali del Vietnam, le etnie “Montagnard”, e alla minoranza etnica del nord, gli Hmong.

Nonostante le loro comunità religiose abbiano chiesto più volte di essere affiliate alla SECV o alla ECVN, le loro richieste sono sempre state respinte e così vengono considerate illegali e quindi soggette all’arbitrio della repressione, nonostante le leggi del paese garantiscano la libertà religiosa. Dietro questa persecuzione religiosa ci sono, comunque, anche motivi storico-economico-politici: le etnie Montagnard, per esempio, sono sempre state anticomuniste, tanto che durante la guerra del Vietnam 40.000 di loro si schierarono a fianco delle truppe americane, e risiedono inoltre in una zona dove il governo vorrebbe ampliare la privatizzazione delle piantagioni di caffè; gli Hmong, invece, hanno dato vita in pochi anni ad una grande fioritura di chiese domiciliari che hanno ampliato sempre più la loro influenza, diventando così “pericolosi esempi antagonisti” agli occhi delle autorità.

Stando ad un rapporto di Compass Direct di inizio anno, redatto con l’aiuto degli attivisti per i diritti umani presenti nel sudest asiatico, alla fine del 2002 ben 354 delle 412 chiese domiciliari Montagnard presenti nella regione di Dak Lak era state disciolte ed una cinquantina di pastori cristiani e anziani della provincia arrestati o scomparsi. Per Assist News Service, «nell’ultimo anno la persecuzione contro gli abitanti dell’Altopiano centrale ha raggiunto livelli senza precedenti». Quelli che hanno cercato rifugio in Cambogia sono stati spesso arrestati al confine dalle autorità cambogiane e «rivenduti subito per denaro» a quelle vietnamite.

Human Right Watch, che ha documentato le numerose cerimonie di massa tenute dalle autorità nel corso dell’anno e durante le quali i Montagnard sono stati “costretti” a rinunciare a Cristo, talvolta facendo bere loro il sangue di animali sacrificati, ha fatto sapere, tramite Assist News, che il 27 febbraio gli abitanti di un villaggio nella provincia di Dak Lac sono stati costretti a sfilare in parata davanti a tre Montagnard giustiziati, ai quali erano stati anche cavati gli occhi.

Le autorità hanno ammonito gli abitanti dei villaggi a non convertirsi al cristianesimo se non vogliono andare incontro a delle pene. Il 13 marzo, poi, un Montagnard è stato colpito da un colpo di pistola sparato da agenti dei servizi di sicurezza mentre si stava lavando sulla riva di un fiume. Alcuni giorni più tardi la polizia ha restituito il suo corpo ferito e fracassato ai familiari. Il suo cranio presentava diverse ferite, dovute probabilmente a percosse subite mentre si trovava in custodia.

In maggio il governo ha fatto pervenire a tutte le autorità locali alcune direttive con le quali si chiedeva specificatamente di “sradicare il Cristianesimo”, soprattutto impedendo con tutti i mezzi a protestanti dei distretti di Dak Song e Dak Lak di tenere riunioni religiose nelle chiese domiciliari, stabilendo un limite massimo di cinque persone. Nonostante queste direttive, tuttavia, il numero dei cristiani è in continua crescita negli Altopiani Centrali, dove a complicare le cose sono però anche i “Protestanti Dega” che chiedono uno Stato separato per gli indigeni che vivono nelle province di Gia Lai e Dak Lak e spesso si sono scontrati anche i pastori più moderati.

Il 2 agosto, riferisce Assist News, il poliziotto Bui Quang Thuan si è recato nel villaggio di Buon Kdun per arrestare il 23enne Y-Tao Eban, con l’accusa di nascondere e nutrire il ricercato attivista cristiano Y-Jon Enuol, che si nascondeva nell’area. Poiché Y-Tao Eban continuava a negare l’accusa, il poliziotto ha pagato otto Montagnard anziani perché picchiassero severamente Y-Tao Eban. Condottolo poi al posto di polizia, l’agente ha costretto con la forza Y-Tao, dopo tante percosse e l’elettroshock, a firmare una dichiarazione in cui diceva di aver acquistato una pistola per usarla contro il governo vietnamita

Il 18 agosto, riferisce sempre Assist News, il maggiore Nguyen Vinh Chinh è arrivato, al comando di 100 soldati vietnamiti, nel villaggio di Buon Yang Reh, nella provincia di Dak Lak, e ha fatto irruzione nella casa di H’Duen Buondap e, dopo aver confiscato le bibbie e i libri di canti che lei teneva in casa, ha rubato 150 mila Reils, l’ha violentata nella sua stanza, mentre i suoi familiari si trovavano nella stanza accanto. Nelle altre case del villaggio hanno invece percosso duramente chi si opponeva al tentativo di costringerli con la forza a rinunciare alla loro fede.

La notte del 21 agosto, poi, secondo la stessa agenzia, un gruppo di 30 soldati e dieci ufficiali, denominato “Gruppo 113”, ha circondato la casa di Y-Pho Eban, nel villaggio di Buon Cuoi, per arrestarlo sotto l’accusa di nutrire di nascosto gli indigeni Dega che erano scappati per paura delle persecuzioni. Le grida di Y-Pho, della moglie e dei figli hanno svegliato gli altri abitanti del villaggio che sono accorsi ed hanno messo in fuga gli assalitori. Il giorno successivo, però, la polizia è arrivata a bordo di tre camion e ha arrestato tutti gli abitanti del villaggio.

Compass Direct ha riportato il 12 settembre che durante l’estate diverse centinaia di Montagnard, principalmente cristiani della minoranza Ede, si sono dovuti nascondere nei boschi confinanti con la Cambogia, nella provincia di Mondolkiri, per proteggersi dalle legge marziale promulgata dalle autorità locali e dalle loro continue persecuzioni, ma non hanno potuto trovare rifugio in Cambogia. Il 9 dicembre un importante leader delle chiese domiciliari, Nguyen Hong Quang, è fortunatamente rimasto illeso in un incidente motociclistico che, secondo Assist News, era stato organizzato dalla polizia per ucciderlo.

Inspiegabilmente arrestato e rimasto 24 ore in prigione, Hong Quang ha organizzato il giorno seguente un veglia per 48 pastori arrestati dalla polizia perché distribuivano opuscoli religiosi. Il 13 dicembre, alle 7 del mattino, riferisce Assist News, poliziotti del distretto di Dak Dao hanno circondato il villaggio di Plei O Dot e arrestato due abitanti, “Nih” di 41 anni, e “So”, di 44, entrambi cristiani registratisi come membri del Transnational Radical Party, un’organizzazione non governativa consultiva dell’Ecosoc, che il governo vietnamita sta cercando di far espellere dalle Nazioni Unite per il suo supporto alle etnie Montagnard e alla Montagnard Foundation che ha sede in America.

Sia “Nih” sia “So” sono stati portati in carcere e qui picchiati selvaggiamente e sottoposti ad elettroshock. Di fronte al rifiuto di “Nih” di rispondere alle domande su suoi presunti aiuti ai fedeli datisi alla macchia e di rinuncia alla fede cristiana, un ufficiale ha preso un pugnale, lo ha colpito ripetutamente al petto e poi gli ha tagliato la gola. Il 15 dicembre la polizia ha restituito il corpo di “Nih” ai familiari, ma ha impedito loro di tenere un funerale pubblico.

Testimoni pressoché giornalieri dell’arbitraria violenza delle autorità governative vietnamite sono stati pure, questa volta al Nord del Paese, gli abitanti di etnia Hmong. Gli Hmong cristiani sarebbero oltre 100 mila, un numero che sale a quasi mezzo milione se si considerano anche quelli residenti in Cina. Gli Hmong hanno sperimentato secoli di oppressione.

Oggi sono spesso imprigionati, condannati ai lavori forzati , le loro case bruciate e cacciati dai loro villaggi. Il 29 dicembre 2002, la polizia ha disperso una riunione di preghiera di una quarantina di Hmong nel distretto di Dien Bien Dong, utilizzando gas tossico. Il 16 agosto, ha fatto sapere Christian Aid Mission, Mua A Sinh, un pastore Hmong è stato ucciso mentre si trovava agli arresti nel comando di polizia di Dien Bien Dong. Sinh si era rifiutato di firmare un documento in cui dichiarava il suo consenso allo smantellamento della sua chiesa domiciliare.

Come se non bastasse, il giorno seguente la polizia ha arrestato il fratello del pastore Sinh e lo ha messo nella stessa stanza in cui si trovava il corpo esanime del fratello. Sotto la minaccia di violenti percosse, hanno cercato di fargli firmare una confessione in cui dichiarava di essere stato lui a picchiare a morte il fratello.

Di fronte al suo rifiuto, gli agenti lo hanno tenuto in prigione per un mese e picchiato stabilmente fino al giorno del suo rilascio. Sarebbero circa 300, fa sapere Christian Aid Mission, i pastori di quell’area nel nord del paese in carcere per aver organizzato riunioni di preghiera nelle loro chiese domiciliari.

Il 25 ottobre, riferisce Assist News, diversi cristiani Hmong sono stati uccisi a freddo da agenti della polizia, alcuni bambini sono invece morti a causa di ferite o di denutrizione dovuta ai molti giorni senza cibo a cui erano stati costretti. Si teme a tutt’oggi per la sorte di Ma Van Bay, pastore della provincia di Binh Phuoc, arrestato nel 1997 «per aver propagandato illegalmente la religione cristiana» e trasferito il 29 novembre nella provincia di Ha Giang, famosa per la brutalità della sua polizia.

I buddisti

Il governo continua a vietare e scoraggiare la partecipazione alla Unified Buddhist Church of Vietnam (UBCV) e richiede a tutti i monaci buddisti di lavorare sotto l’egida della riconosciuta Central Buddhist Church of Vietnam (CBS). Il governo continua ad isolare certe figure religiose restringendo le loro possibilità di movimento. Thich Huyen Quang, il Supremo Patriarca dell’UBCV ha vissuto agli arresti domiciliari dal 1982 fino al marzo 2003, quando gli è stato permesso di recarsi ad Hanoi per visite mediche e per un incontro con il Primo Ministro Phan Van Khai ed altre personalità. Mentre si trovava confinato nella pagoda, non gli era permesso di condurre il servizio di preghiera o partecipare a momenti di preghiera con altri monaci e solo pochissime persone potevano di tanto in tanto fargli visita.

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