L’Occidentale 13 Dicembre 2016
6 motivi per cui eravamo grandi
di Daniela Coli
Il mantra dell’Unione europea è che solo la fine delle nazioni, il melting pot e una politica estera non interventista possono dare benessere all’Europa e salvarla dalle guerre e dai crimini commessi per cinquecento anni. Ma Niall Ferguson, lo storico più influente e autorevole dell’Occidente, è sconvolto dal politically correct delle università occidentali. Per questo, nel 2011, ha condotto per la tv britannica Civilization. The West and the Rest, divenuto poi un libro, e ha risposto alla domanda più affascinante della storia: come è potuto accadere che le piccole nazioni europee siano arrivate a dominare il mondo e perché è stata l’Europa e non la Cina, già politicamente unita nel XV secolo e tecnologicamente avanzata, a creare il mondo moderno?
La risposta di Ferguson è semplice: proprio perché le “città-stato” e i piccoli Stati europei erano divisi da lotte interne e da guerre feroci, sono arrivati a conquistare il mondo. Tant’è che all’inizio del Novecento gli europei controllavano il 60% del pianeta. Quali sono state le 6 “killer app”, i 6 motivi decisivi per i quali i piccoli Stati europei sono arrivati al governo del mondo? Primo: la competizione. Nel XV secolo l’Europa sprofondava nella miseria, la Cina era la civiltà più avanzata. I cinesi avevano già inventato la stampa e la polvere da sparo. Poi tutto cambia: mentre l’impero cinese declina, addormentato dalla dinastia Ching, la rivalità delle piccole nazioni europee e la lotta per la sopravvivenza determinarono grandi progressi tecnologici, in particolare nel trasporto.
Dalla prima “killer app.” dipendono le altre: la rivoluzione scientifica da Copernico a Newton, usata per avere nuove armi, caratterizzata dallo scontro con l’aristotelismo scolastico, e dal ruolo decisivo della stampa. L’Islam, che aveva avuto grandi matematici, considerò una bestemmia la rivelazione dei segreti celesti, mentre i cinesi usarono la stampa solo per edizioni standard di Confucio. Anche le altre “killer apps” (il diritto di proprietà, la medicina, il consumo prodotto dalla rivoluzione industriale e l’etica del lavoro) sono connesse alla competizione. Come ricorda Ferguson, il “modello di Roosevelt”, che preferiva una politica di sangue e ferro a una di latte e acqua, era il cardinale Richelieu, per il quale ”power is right” e chi è sconfitto è sempre dalla parte sbagliata.
Ferguson, che insegna anche a Harvard, è preoccupato (si veda Colossus del 2004) dal declino americano. Non crede a “Chimerica”, all’illusione che gli americani faranno sempre nuove scoperte che daranno da assemblare ai cinesi, come con Apple. La guerra in Iraq per Ferguson è stata la prova dell’incapacità americana di essere una potenza imperiale: gli Stati Uniti non hanno abbastanza soldati e soprattutto non sono per tradizione esportatori di gente, coloni e genieri, ma importatori di persone, con un milione e mezzo di arrivi l’anno. L’età dell’imperialismo fu un periodo in cui la popolazione europea cresceva così velocemente da inondare altri continenti, conquistarli e colonizzarli. Oggi gli asiatici e gli africani sono in piena esplosione demografica e per Ferguson saranno loro a colonizzare l’Europa e l’America.
Nel 2050 solo un abitante su due degli States sarà bianco. Il problema è ancora più grave in Europa, in piena crisi demografica. Per questo Ferguson sostiene Brexit, la rivolta delle nazioni contro la Ue, e Trump, che vuole ridimensionare la Cina, riportare il lavoro in America, allearsi con i russi e abbandonare l’Europa. La decisione di ritirare la NATO, oltre a fare risparmiare miliardi agli Stati Uniti, potrebbe risvegliare gli europei dal letargo e costringerli ad affrontare il problema della difesa. Per gli europei la fine dell’ombrello NATO è uno shock, ma potrebbe essere positivo e restituire all’Europa il dinamismo di quando era grande.
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