Con l’eutanasia si vuole ridurre il numero degli anziani
di Antonio Scacco
Quando si parlava dell’aborto, per esempio, spesso si citavano casi limite: ragazze stuprate, minorenni, magari in condizioni di disagio. Non volete ammettere l’interruzione di gravidanza in queste situazioni? Poi, una volta ammessa, se n’è fatta una pratica consueta, un’abitudine, il surrogato del preservativo. Succederà così anche con l’eutanasia?» (1).
Il grave pericolo paventato da Giordano non sembra lontano dal diventare una concreta realtà, specialmente in Europa. Qui, diversi segnali inquietanti rivelano il diffondersi e il prosperare di quella “cultura della morte”, stigmatizzata più volte da Giovanni Paolo II; qui, il numero delle nascite non controbilancia più il numero dei morti; qui, la popolazione invecchia e il numero delle persone attive diminuisce.
Solo nel 2005, la Russia ha perso circa 800.000 abitanti e la Germania 140.000. L’Italia, la Polonia e la Spagna mostrano la stessa tendenza. Il “suicidio demografico” dell’Europa galoppa a spron battuto: nel 1914, annoverava il 25% della popolazione mondiale; nel 2050, il suo indice demografico si attesterà sul 7%.
Le prime vittime di questa “cultura” sono gli embrioni umani. Si calcola che, in Italia, in trent’anni di legge 194, sono stati soppressi “legalmente” ben 4 milioni e 800.000 nascituri. Per giustificare una simile strage degli innocenti, si ricorre a motivi futili e infondati: la salute della donna, il concepito non è ancora un essere umano, l’autodeterminazione della donna, l’esistenza dell’aborto clandestino, ecc.
Dopo gli embrioni umani, le prossime vittime della “cultura della morte” o del “terrorismo dal volto umano”, per usare il titolo di un recente libro di monsignor Michel Schooyans (Le terrorisme à visage humain, Paris, Éditions François-Xavier de Guibert, 2006)2 potrebbero essere, in un futuro prossimo venturo, gli anziani, come si immagina nel racconto di Richard Matheson, L’esame.
Il protagonista, Tom Parker, ha ottant’anni e, come tutti gli anziani dell’ipotetica società del futuro, deve sostenere, per legge, un esame che dimostri la sua piena efficienza fisica e mentale. Se non lo supererà, sarà condannato a morte: «Nessuno parlava della morte. Il governo mandava le lettere di convocazione, gli interessati si presentavano a sostenere l’esame, e chi non lo superava veniva pregato di passare al Centro governativo per l’iniezione. La legge funzionava perfettamente, il tasso di mortalità si manteneva costante, il problema della sovrappopolazione era contenuto – tutto ufficialmente, impersonalmente, senza un grido o un fremito» (3)
Tom sa che, questa volta, non supererà l’esame: non ci vede bene, non riesce a ricordare le sequenze numeriche, non ce la fa a tenere sospesa la punta della matita sopra un cerchio di pochi centimetri tracciato su un foglio bianco… Tuttavia, non vuole morire. Ma avverte che il figlio e la nuora, nella cui casa vive, lo considerano un peso.
Eppure, ad entrambi – commenta Matheson – sono stati inculcati i principi cristiani! Nessuna meraviglia, replichiamo noi: il fenomeno del tradimento dei valori non negoziabili è già presente nel nostro tempo. Si pensi all’ONG “Catholic for a Free Choice”, una truffa intellettuale che inganna numerosi cristiani, facendo ad essi credere di essere un’organizzazione al servizio della vita, mentre il suo obiettivo è di spingere degli innocenti a scegliere la morte. Ed è questo che fa il povero Tom. Vistosi solo, disperato, decide, sì, di morire, ma scegliendo, come gesto di protesta e di sfida al sistema, il suicidio.
Nel mondo d’oggi, non siamo ancora arrivati a tanto, ma poco ci manca. Si pensi al testamento biologico esistente in alcuni Stati europei. Ma può l’uomo essere assimilato, come vorrebbe il darwinismo, ad una bestia che, una volta esaurito il suo compito di procreare e allevare la prole, deve staccarsi dal branco e andare a morire per lasciare spazio ad altre bestie? Teoria scientista, che respingiamo con tutte le nostre forze!
L’uomo è certamente un corpo, ma è anche, e soprattutto, un’anima. La sua meta ultima non è questo mondo, ma l’aldilà. Ma per certe lobbies tecnocratiche, la religione è come fumo negli occhi e cercano di eliminarla con ogni mezzo dalla convivenza umana.
Da qui, nasce la “cultura della morte”. Non sanno che si va incontro alla rovina! La società, infatti, ha bisogno – come scrive Marcello Pera – della religione: «Ne ha bisogno la nostra vita politica, per evitare che si degradi in solo esercizio del potere. Ne ha bisogno la nostra sapienza scientifica, per evitare che si separi dalla saggezza morale. Ne ha bisogno la nostra tecnica, per escludere che sia solo strumento eticamente indifferente.
Ne ha bisogno la nostra vita di relazione, per evitare che l’incontro con l’altro (una donna, un bambino, un povero, un uomo di colore, un ammalato o moribondo, un disperato o un disadattato) diventi violenza o manipolazione dell’altro. Ne ha bisogno il nostro stesso benessere materiale, per impedire che esso diventi sfruttamento cieco di sé, degli altri, dell’ambiente. Ne ha bisogno la nostra civiltà, perché non si distacchi dai principi che l’hanno fondata e nutrita» (4).
1) MARIO GIORDANO, Eluana morirà. Da oggi in Italia c’è l’eutanasia, un orrore che ci divorerà, “Il Giornale”, 14-11-2008. La donna è poi morta il 9 febbraio, dopo che, per legge, non è stata più alimentata.
2) fr. ZENIT (www.zenit.org) – 24 aprile 2007, Il terrorismo dal volto umano. Intervista a monsignor Michel Schooyans.
4) RICHARD MATHESON, L’esame (The Test, 1954), in S.SOLMI-C.FRUTTERO (a cura di), Le meraviglie del possibile. Antologia della fantascienza, Einaudi, Torino 1973, pp.241-242.
5) MARCELLO PERA, Perché dobbiamo dirci cristiani. Il liberalismo, l’Europa, l’etica, Mondadori, Milano 2008, p.58.