Tutto il creato sembra stato fatto in vista dell’uomo. Per permettergli di esistere. Un progetto che gli scienziati stanno ormai svelando, una traccia dell’esistenza di una intelligenza ordinatrice: Dio.
di Paolo Pugni
É poco utile alla nostra ricerca affannarsi a dipanare il filmato dei primi istanti, calcolati in atomi di secondi, della nascita dell’universo, il famoso Big Bang che secondo le teorie più accreditate oggi ha dato il via al tutto. Meglio partire da oggi, dalla descrizione del cosmo e dell’unica forma di vita intelligente in esso fino ad ora rintracciata: l’uomo. La rivoluzione copernicana ha spostato la Terra dal centro del creato ad una posizione estremamente periferica: non solo abitiamo solo uno dei pianeti del Sistema Solare, ma questo non è che una minuscola parte di una delle infinite galassie dell’universo.
Come dunque è possibile sostenere che l’uomo è ancora la figura del cosmo? Eppure tutto l’universo sembra disegnato per permettere la nostra vita: le leggi della fisica dipendono da una serie di costanti che ne governano tutto il funzionamento. Si tratta di valori ben definiti, calcolati dai fisici con estrema precisione.
Sto parlando ad esempio della velocità della luce, la costante gravitazionale, la costante di Plank, il valore della carica e della massa dell’elettrone, la massa del protone, le costanti delle forze di interazione debole e forte, la costante alfa che misura l’intensità delle forze elettriche. Ebbene, tutte queste costanti hanno una comune caratteristica: se fossero anche di poco diverse da quello che sono sarebbe impossibile ogni forma di vita umana sulla Terra.
Ad esempio, se la costante di gravitazione G, che è pari a 6,66 x 10-8 cm3/sec2g, fosse più piccola, l’universo sarebbe popolato solo da stelle della stirpe delle nane rosse, soli freddi e longevi capaci di illuminare un universo privo di vita. Se invece la costante gravitazionale fosse un po’ maggiore, le stelle potrebbero essere solo del tipo giganti azzurre, troppo roventi ed effimere per permettere lo sviluppo della vita ed inoltre il nostro Sole si avvicinerebbe alle Terra quel tanto che basta per sterminare nel fuoco ogni forma di vita.
Questi dati vengono confermati dallo scienziato Stephen Hawking, noto per i suoi sforzi per cacciare Dio dall’Universo e affermare la casualità della nascita del cosmo, il quale nel suo libro Dal Big Bang ai buchi neri scrive: “i valori di questi numeri sembrano essere stati esattamente coordinati per rendere possibile lo sviluppo della vita. Per esempio, se la carica dell’elettrone fosse stata solo lievemente diversa, le stelle o sarebbero incapaci di bruciare idrogeno ed elio, o non potrebbero esplodere”.
Discorso analogo può essere fatto per il numero di dimensioni del creato, tre (come la Trinità: un caso?): solo questo numero di dimensioni permette lo sviluppo della vita come la conosciamo. Due sono poche: in un universo bidimensionale non potrebbe, ad esempio, esistere la circolazione sanguigna.
Quattro sono troppe: la forza di gravità, che è inversamente proporzionale al quadrato della distanza, diminuirebbe in maniera molto più sensibile in questo mondo con il risultato che una minuscola variazione nell’orbita di un pianeta avrebbe effetti catastrofici.
Tutto disegnato per l’uomo? Sembrerebbe di sì, al punto che, partendo da queste premesse, alcuni scienziati hanno definito un principio antropologico enunciato in due forme. Quella debole dice che in un universo illimitato le condizioni necessarie allo sviluppo di una forma di vita intelligente possono verificarsi solo in regioni limitate nello spazio e nel tempo. Quella forte sostiene che esistono molti universi in ognuno dei quali vigono leggi scientifiche peculiari.
Alla domanda “perché l’universo ci appare in questo modo?” la prima enunciazione risponde “noi vediamo l’universo così perché esistiamo”, la seconda risponde “se l’universo fosse stato diverso non esisteremmo”. Comunque entrambe sottolineano che tutto sembra essere stato progettato per permettere l’esistenza dell’uomo.
L’ipotesi di una mente intelligente che abbia disegnato il creato per permettere lo sviluppo della vita non è dunque affatto campata per aria, ma è sostenuta dalla scienza che dimostra come si verifichi una convergenza elevata di coincidenze da apparire folle la tesi di chi sostiene la casualità di questa concorso di eventi. In conclusione a questa riflessione, voglio aggiungere un ulteriore stimolo, vale a dire una sorta di dimostrazione quantistica dell’esistenza di Dio, anche se dimostrazione non è il vocabolo più adatto.
La scienza scaturita dal pensiero di Max Planck dice che le particelle elementari non possiedono sempre una forma corpuscolare, ma assumono questa forma solo nel momento in cui sono osservate, mentre assumono la forma di onde in assenza di osservazione.
Nel primo caso seguono le leggi della fisica classica, mentre nel secondo seguono le leggi della meccanica quantistica. È come se le onde sentissero l’occhio dell’osservatore e collassassero, questo è il termine utilizzato dagli scienziati, trasformandosi in particelle. Poiché noi sperimentiamo la costanza dell’universo nel quale viviamo anche in assenza di osservatori, non si potrebbe concludere che il creato mantenga la sua esistenza grazie ad un Eterno Osservatore?
Ricorda
“La mia idea è che nell’origine e nella storia dell’Universo si manifesti un grande disegno. Noi non siamo semplici creature del caso e della necessità, ma partecipiamo in un ruolo centrale al grande dramma cosmico”. (Sir John Eccles, da “Il Mistero uomo”, cit. in AAVV, Pronti, partenza vita! Documenti e ipotesi sull’origine della vita nell’Universo, ltaca Castel Bolognese 1999, p. 47).
Bibliografia
Antonino Zichichi, Perché io credo in Colui che ha fatto il mondo. Tra Fede e Scienza, Il Saggiatore, Milano 1999.