Il problema della droga

drogadi Bruto Maria Bruti

Definizione: che cos’è la droga?

L’ OMS ha proposto di sostituire al vecchio termine di tossicomania quello di farmaco-dipendenza. Farmaco-dipendente è l’individuo che ha il bisogno incoercibile di assumere una sostanza di cui deve aumentare progressivamente le dosi per ottenere lo stesso effetto. (1)

Il termine droga potrebbe derivare dall’olandese droog che significa propriamente sostanza secca: tra le droghe devono essere collocate anche le spezie, ma oggi questo termine viene usato soprattutto per indicare le sostanze stupefacenti cioè quelle in grado di provocare stupore. Stupore sta a significare sia uno stato di meraviglia che uno stato di stordimento.

Per classificare queste sostanze stupefacenti occorre una definizione scientificamente più precisa. Da un punto di vista farmacologico, si intende per droga o sostanza stupefacente una sostanza psicotropa ad azione psicodislettica in grado di produrre farmaco-dipendenza.

La sostanza psicotropa è quella che agisce sull’attività cerebrale: le sostanze psicotrope si possono dividere in psicolettiche (che deprimono l’attività mentale), psicoanalettiche (che eccitano l’attività mentale) e psicodislettiche (che provocano un’alterazione del giudizio).

La sostanza psicotropa con effetto psicodislettico è quella sostanza che serve per uscire fuori da se stessi e dalla realtà e per rifugiarsi in un modo illusorio ed artificiale. (2)

Il tossico-dipendente ricorre alla droga per abolire la coscienza di sé e della realtà e la droga, progressivamente, distrugge la stessa coscienza, cioè distrugge progressivamente la struttura del fare volontario e cosciente. (3)

Scrive il professor Borgognoni Castiglioni dell’Università La Sapienza di Roma: «Il tossicomane, con l’andare del tempo, va fatalmente incontro ad un progressivo decadimento psichico e fisico per cui mentre da un lato la produzione intellettuale, l’attenzione e la memoria non sono più all’altezza di prima, la volontà diventa fiacca, i sentimenti etici si attutiscono, la capacità di lavoro diminuisce ed il soggetto privato dei suoi poteri critici discende inesorabilmente tutti i gradini della scala sociale». (4)

Droghe leggere e droghe pesanti

Tutti i farmaci psicodislettici sono da ritenersi pericolosi: la distinzione tra piccoli e grandi stupefacenti può essere fatta solo nel senso che i piccoli generano dipendenza psichica e i grandi dipendenza psichica e fisica. (5)

La dipendenza fisica consiste in disturbi fisici violenti (crisi di astinenza) quando la somministrazione della droga viene interrotta.

La dipendenza psichica è il bisogno mentale di ricorrere alla droga, di rifugiarsi nel mondo artificiale della droga: si tratta sia di una dipendenza biologica cerebrale dovuta all’assunzione della sostanza, sia di una dipendenza dovuta ad un disordine dei fattori cognitivi e comportamentali (abitudine di rifugiarsi in un mondo illusorio ed artificiale).

Il professor Enrico Malizia, docente di tossicologia clinica e direttore del centro antiveleni dell’Università La Sapienza di Roma, dice che la dipendenza psichica produce una pulsione psichica (spinta incontrollabile) a consumare la droga ed essa «comporta alienazione da genitori, amici, religione, Dio; vuoto, una vasta e tediosa apatia, un continuo senso di insignificanza o anonimità o mancanza di scopo; inadeguatezza interiore che si riflette nello studio, nel lavoro, nei rapporti umani; incapacità ad eseguire i più piccoli compiti che implichino responsabilità» (6)

Le droghe piccole o leggere non hanno, in genere, indicazioni terapeutiche: il professor Ottavio Gandolfi, docente di farmacologia all’Università di Bologna ed esperto delle droghe, dice che recenti esperimenti negli USA hanno accertato che, al massimo, un componente chimico ricavato dalla marijuana può ridurre la nausea indotta dai farmaci chemioterapici (nausea che può essere benissimo controllata con altri farmaci anti vomito) ma c’è sempre il problema della dipendenza: questa sarebbe l’unica indicazione terapeutica e quindi l’eventuale uso in medicina sarebbe molto ristretto.

(cfr AMG, Farmacologi sconcertati, proposte pazzesche e pericolose, Il Giornale 29 novembre 2000, p.3 ). La marijuana contiene 60 elementi chimici chiamati cannabinoidi. La Federal Drug Administration (FDA) negli USA ha approvato solo l’uso terapeutico di un cannabinoide (Il thc: tetra-hydrocannabinol) per la nausea causata dalla chemioterapia e per trattare l’inappetenza dei malati di AIDS: questo cannabinoide è stato sintetizzato con il nome di Marinol. Il fatto che un componente chimico, ricavato dalla marijuana, abbia un uso terapeutico, non rende la marijuana fumata una medicina.

Infatti, la Federal Drug Administration pone in categoria 1 quelle sostanze psicodislettiche e che generano dipendenza le quali non sono ritenute idonee per usi medici: eroina, LSD, la marijuana fumata, l’oppio fumato.

In categoria 2 sono classificate tutte quelle sostanze che, pur a rischio di dipendenza fisica e psicologica, tollerano impieghi in medicina: amfetamine, oppioidi come la morfina, i barbiturici e il cannabinoide Marinol.

Nessun ente scientifico ha approvato il fumo della marijuana per qualche uso medico. La marijuana fumata non ha altro effetto che quello di fare uscire l’individuo fuori da se stesso e dalla realtà, questo effetto si raggiunge con l’uso e non con l’abuso: la dipendenza psichica è provocata dall’uso e non dall’abuso delle droghe leggere.

L’uso abituale delle droghe leggere limita progressivamente la struttura del fare volontario e cosciente della persona.

Sono queste le conclusioni del primo Congresso europeo di farmacologia: lo hanno affermato, durante la conferenza stampa del congresso, il professor Giancarlo Pepeu, presidente della società italiana di farmacologia ed il professor Pier Francesco Mannaioni, presidente della società italiana di tossicologia.

La Società italiana di farmacologia ha pubblicato un documento in cui prende in esame gli aspetti di natura farmacologica e medica connessi con l’uso delle droghe leggere.

Secondo gli esperti, chi fuma cannabis (il cosiddetto spinello) deve sapere che:

1) I principi della marijuana fumata si accumulano nell’organismo di chi fuma lo spinello ed è necessario un mese per la loro completa eliminazione

2) l’incidenza della schizofrenia (perdita di contatto con la realtà) è 6 volte più alta nei fumatori di spinello

3) il rischio di cancro del polmone è doppio rispetto a chi fuma tabacco

4) il sistema immunitario diminuisce le sue capacità difensive in modo da favorire devastanti infezioni da parte dei virus dell’epatite e dell’AIDS.

5) l’alterazione del senso del tempo e dello spazio è la causa dell’aumentato numero degli incidenti stradali (20 milioni di incidenti negli USA sono stati causati dalla cannabis)

6) i fumatori di spinello vengono colpiti da sindrome amotivazionale: mancanza di interessi, inadeguatezza interiore, incapacità di eseguire compiti che implichino responsabilità

7) la cannabis provoca dipendenza psichica: spinta mentale a rifugiarsi nel mondo artificiale della droga che ormai appare l’unico mondo normale e reale, perdita progressiva della personalità e della responsabilità (cioè danneggiamento progressivo della struttura del fare volontario e cosciente)

8) l’80% degli eroinomani hanno iniziato il loro cammino verso la tossicodipendenza fumando lo spinello che viene considerato una droga-ponte: il processo della farmaco-dipendenza porta ad aumentare le dosi per ottenere lo stesso effetto fino a suggerire l’uso di una droga simile ma con efficacia psicotropa superiore.(7)

9) L’ultima ricerca scientifica, effettuata dal massimo istituto americano di studi sulla droga, ha dimostrato che la marijuana brucia i tessuti cerebrali con modalità analoghe a quelle della cocaina ( cfr Antonella Fiori, Spinello bruciacervello, L’Espresso online del 17-08-02).

L’uso della droga leggera uccide gradualmente la personalità fino a far diventare l’individuo una sorta di zombi, di morto vivente.

I paragoni che spesso vengono fatti tra l’azione degli stupefacenti e l’azione dell’alcool e del tabacco non sono del tutto idonei.

L’alcool etilico è una sostanza nutritivo-medicamentosa il cui uso è utile: «un uso moderato di alcolici è utile, in dose di 1 grammo per ogni chilogrammo di peso corporeo al giorno, ripartita tra i due pasti (…): è termodinamogeno, migliora la digestione e la crasi ematica (azione stomachica e ricostituente); aiuta il lavoro muscolare (…) aiuta anche a sopportare il freddo, mantenendo più elevata la temperatura interna» (8).

L’alcool etilico assume un’azione tossica e psicodislettica solo con l’abuso: la dipendenza (etilismo cronico) si instaura molto lentamente e solo a causa di un abuso abituale e prolungato.

Il tabacco è una sostanza che ha solo un’azione tossica e nessun effetto psicodislettico: il benzopirene, che si forma dalla combustione della sigaretta, sarebbe responsabile dell’aumentata frequenza del cancro polmonare nei fumatori che sono geneticamente predisposti; l’uso prolungato del fumo, inoltre, provoca danni alle pareti vascolari.

Tuttavia il tabacco non ha un’azione psicodislettica, non provoca alienazione dalla realtà, non provoca una sindrome amotivazionale, non limita progressivamente la struttura del fare volontario e cosciente e con essa la capacità di adempiere ai doveri di solidarietà verso gli altri uomini: il tabacco nuoce alla salute ma non uccide gradualmente la personalità fino a far diventare l’individuo una sorta di morto vivente.

Bisogna sottolineare il fatto che alcuni farmaci, i quali hanno pure un effetto psicodislettico, hanno delle indicazioni terapeutiche limitate, riguardanti casi particolari e il cui uso prevede un rigoroso controllo medico: è questo il caso dei barbiturici, delle amfetamine, della morfina, del Marinol. I gravi effetti collaterali di questi farmaci, pur previsti e conosciuti, vengono tollerati quando non esiste altra terapia possibile e solo per impedire un male maggiore.

I barbiturici, per esempio, vengono usati nelle anestesie generali, nelle convulsioni epilettiche, le amfetamine nelle terapie, per brevi periodi, nell’obesità, nella narcolessia, nelle depressioni da farmaci. La morfina nella sedazione dei gravi dolori non altrimenti trattabili.

Secondo gli esperti dell’organo internazionale di controllo degli stupefacenti, molte sostanze ad azione psicotropa dovrebbero essere soggette ad un maggiore controllo per i danni che il loro uso può comportare. (9)

Bibliografia:

1) Giuseppe Campailla, Manuale di psichiatria, Minerva medica, Torino 1982, pag 95; E. Borgognoni Castiglioni, Le tossicomanie secondo l’OMS, inserto de Il Medico d’Italia, febbraio 1989, n.15, pag 3
2) Giuseppe Campailla, ibidem, pag 96-97
3) A Semerari e A. Castellani, cit. in Mauro Ronco, Il flagello della droga, note su cause, effetti e rimedi, Cristianità n.155, marzo 1988, pag 4, nota n.1
4) E. Borgognoni Castiglioni, op. cit.,  pag 3
5) E. Bogognoni Castiglioni, ibidem, pag 3
6) Enrico Malizia, Le droghe, Newton Compton, Roma 1989, pag 18
7) Il punto di vista della società italiana di farmacologia sulla proposta di liberalizzazione delle droghe leggere, SIF Notizie. Periodico della Società Italiana di Farmacologia, anno X, numero 1, settembre 1995, pag 25-27;  Lo spinello è cancerogeno, farmacologi e tossicologi si appellano al ministro della sanità, Il Giornale 14-O6-1995, pag 10; Enrico Malizia, ibidem, pag 66;
8) L. Magelli, Igiene, facoltà di medicina e chirurgia di Bologna, Monduzzi, Bologna, pag 64
9) E. Borgognoni Castiglioni, op. cit., pag 3

Classificazione delle droghe

Tutte le droghe psicodislettiche servono per uscire fuori da se stessi e dalla realtà e per rifugiarsi in un mondo illusorio ed artificiale.

In base agli effetti mentali esse possono essere divise in tre gruppi ma va sottolineato che questa classificazione non è rigorosa in quanto alcune sostanze appartengono contemporaneamente a più categorie.

1) Droghe sedativo-euforizzanti (come oppio ed oppiacei). Sono le droghe che, in misura più o meno potente, danno l’illusione del Paradiso. Le esperienze sgradevoli vengono eliminate dalla coscienza e si ha la sensazione che “tutto sta come deve stare”.

La canapa indiana (da cui si ricava la marijuana o l’hashish) può essere inserita tra queste droghe ma con caratteristiche specifiche. Innanzitutto gli effetti dipendono dalla continuità dell’assunzione. La canapa è una sorta di “cartina di tornasole” che accentua la situazione emozionale del soggetto. Si ha, inoltre, la sensazione che il tempo si fermi e lo spazio si espanda e si ha l’impressione di vivere in un sogno. I riflessi condizionati vengono bloccati.

2) Droghe psicostimolanti ( cocaina e simili ). Sono le droghe che danno, in misura più o meno potente, l’illusione dell’onnipotenza. Vengono prodotte allucinazioni uditive (per questo la cocaina è definita la “roba sonante”) e tutti gli istinti vengono potenziati, compreso quello di aggressività. Tra le droghe psicostimolanti ci sono quelle nuove, come l’ecstasy, che creano un clima di appassionato innamoramento artificiale.

Scompare la sensazione della fatica, c’è una diminuzione della paura e dell’aggressività, si ha una sensazione di armonia e di fratellanza, si crea il clima di un appassionato innamoramento sempre meno specifico in termini di compagno di vita o di incontro occasionale, sempre meno specifico in termini di differenza sessuale (omo oppure eterosessuale).

3) Droghe allucinogene (LSD, mescalina e simili). L’uso di queste droghe porta ad una sensibilizzazione per cui il cervello comincia a produrre allucinazioni anche in assenza della sostanza (flash-back). (10)

La ricerca delle cause che portano al fenomeno droga è estremamente complessa. Si possono riassumere varie cause che sono all’origine del problema.

1) Crisi della famiglia.

Tutte le ricerche concordano sul fatto che la situazione familiare dei giovani tossicodipendenti è perturbata nella maggioranza dei casi. Il 65% dei giovani drogati presenta una deprivazione parentale: assenza di uno dei genitori per morte o per separazione. Per vari motivi, dovuti alle condizioni culturali e lavorative della vita moderna, i genitori sono scarsamente a contatto con i figli: si tratta di un’assenza fisica ed educativa che, di fatto, ha trasformato il focolare domestico in un luogo-dormitorio.

Nelle grandi città la figura della madre è quasi completamente scomparsa. Le ricerche di neuro-psichiatria infantile (in particolare René Spitz) e quelle di fisiologia del comportamento ed etologia umana (in particolare Irenaus Eibl-Eibesfeldt) hanno dimostrato che il neonato ha bisogno di identificarsi con una figura materna stabile fino al terzo anno di età: si tratta di una predisposizione genetica che necessita, per lo sviluppo di una personalità normale, di un legame individualizzato che non può essere realizzato dalle assistenti degli asili nido o dei brefotrofi. Infatti le assistenti di questi istituti sono nell’impossibilità di poter instaurare un legame individuale con i singoli neonati e, inoltre, la loro figura non è stabile perché le assistenti ruotano in base ai turni.

Poiché la madre di oggi non può dedicare tutto il suo tempo al piccolo, si manifestano quasi inevitabilmente, in misura più o meno accentuata, quei fenomeni che René Spitz raccoglie nella cosiddetta “sindrome di ospedalizzazione“. Il sintomo più grave è costituito da una marcata e talvolta irreversibile difficoltà a stabilire contatti umani. L’educazione familiare può essere sbagliata e può anche formare in modo deviato un individuo ma le ricerche scientifiche più recenti dimostrano che ogni istituto alternativo alla famiglia è di per sé nocivo alla formazione della personalità.

Senza legami familiari e personalizzati l’individuo perde la capacità di nutrire amore per la società. Solo l’uomo che ha avuto una famiglia è capace di vedere se stesso come un valore e di vedere dei fratelli negli altri uomini.

Una statistica sulla diffusione della droga rivela che la maggior parte dei giovani tossico-dipendenti appartiene alle categorie superiori (25,6%) mentre il minor numero dei giovani tossico-dipendenti si riscontra tra gli appartenenti alle famiglie contadine (1,5%). Konrad Lorenz (lo scienziato del comportamento animale) nota che, nel mondo moderno, fatta eccezione per gli ambienti dei contadini e degli artigiani, mancano tutti quegli elementi che caratterizzano l’esistenza stessa della famiglia e cioè una certa unione, un certo focolare, una divisione gerarchica dei compiti e dei ruoli fra marito e moglie. (11)

2) Problemi affettivi

La gran parte dei tossico dipendenti è costituita da individui che hanno molto bisogno di affetto ma non riescono a soddisfare questa necessità in modo normale.

3) Mancanza di autostima

Molti tossicodipendenti hanno un forte complesso di inferiorità, conducono una vita solitaria, non traggono soddisfazione né dalle relazioni sociali né dalle relazioni sentimentali e solo con la droga riescono ad aumentare la loro autovalutazione fino ad un livello tollerabile.

4) Erotismo e pornografia

Quando il sesso viene separato dall’amore e dalla tenerezza esso produce insoddisfazione ed ossessione: si ha un innalzamento della soglia del desiderio sessuale che richiede un continuo aumento dello stimolo per ottenere il medesimo effetto. Il consumismo sessuale, la cultura dell’erotismo e della pornografia favoriscono lo sviluppo di personalità dipendenti che non riescono a trovare un appagamento psico-fisico nella vita reale.

5) Il fenomeno delle emigrazioni

Le migrazioni dalle campagne verso le città e le migrazioni di popoli, con tutte le loro implicazioni (disadattamento, perdita dell’identità, criminalità, disoccupazione), contribuiscono alla crescita del fenomeno della droga.

6) Divertimenti di massa di tipo passivo

Sport in chiave di spettacolo, televisione, cinema, realtà virtuale distolgono l’individuo dall’esercizio sportivo, dalla lettura, dal godimento che il corpo e la mente traggono dal libero movimento all’aria aperta. La diminuzione della lettura (che comporta un continuo dialogo con se stessi), l’esposizione troppo prolungata ai programmi televisivi e alla realtà virtuale producono una modificazione della personalità consistente in:

A) riduzione della capacità di attenzione

B) riduzione della capacità di concentrazione

C) riduzione della capacità di ragionare

D) riduzione della capacità di collegare il presente con il passato e con il futuro con formazione di un interesse che si indirizza solo alle soluzioni immediate.

Questa situazione porta alla ipertrofia degli istinti, alla anestesia della coscienza, alla riduzione della logica e della volontà e predispone alla fuga nella tossicodipendenza.

7) Ritmi musicali ossessivi e luci stroboscopiche

L’Università Tor Vergata di Roma in gemellaggio con quella di New York ha dimostrato che i ritmi musicali ossessivi e lo stimolo luminoso stroboscopico delle discoteche provocano modifiche fisiologiche nel cervello con un aumento delle reazioni emotive e istintuali, una diminuzione della coscienza e della capacità di controllo. Si tratta di un effetto analogo a quello delle droghe allucinogene (effetto psichedelico) a tal punto che tra questi effetti esiste una relazione di continuità. (12)

8) Materialismo pratico

Nel medioevo “cristianità romano germanica” è stata assente la tentazione della droga mentre essa è tipica del mondo moderno. La droga sembra prendere il posto della ricerca religiosa che nasce dalla naturale tendenza dell’uomo verso l’assoluto.

Nel medioevo “cristianità romano germanica” è stata assente la tentazione della droga mentre essa è tipica del mondo moderno. La droga sembra prendere il posto della ricerca religiosa che nasce dalla naturale tendenza dell’uomo verso l’assoluto.

Lo scrittore Aldous Huxley, che aveva contribuito a diffondere la cultura della droga negli USA, aveva colto questo aspetto della droga come surrogato spirituale. Egli scriveva che quando gli uomini mancano di trascendere se stessi con la religione essi sono indotti a ricorrere alle droghe. Se per Marx, scrive Huxley, la religione è l’oppio del popolo, nel mondo nuovo, nel mondo dell’ateismo pratico sarà il contrario e cioè l’oppio sarà la necessaria religione del popolo. Come la religione, la droga avrà il potere di consolare, di ripagare, evocherà visioni di un mondo diverso, migliore, offrirà la speranza.

Possiamo provare a riassumere schematicamente quell’atteggiamento religioso tipico dell’essere umano di cui la droga sta diventando il surrogato.

A) aspirazione all’infinito

B) ricerca dell’unione con Dio attraverso la preghiera
C) speranza di un mondo migliore
D) umile e paziente rassegnazione di fronte al dolore quando non può essere evitato
E) potere consolatorio che nasce dal dare un senso alla sofferenza. Ogni sofferenza, che deve essere combattuta per quanto è possibile, viene tuttavia vista dall’uomo religioso come una prova permessa da Dio e come una possibilità di realizzarsi ad un livello più alto. L’uomo religioso riconosce di essere radicalmente bisognoso di salvezza, si accetta come creatura povera e limitata, si affida totalmente a Dio, imita Cristo e lo sente personalmente vicino: abbracciando la croce sa di abbracciare il crocefisso, unito a Lui diventa segno della sua presenza e strumento di salvezza per gli altri. “Ogni uomo, nella sua sofferenza, può diventare partecipe della sofferenza redentiva di Cristo” (Giovanni Paolo II).
F) Amore preferenziale verso Dio, che viene coltivato e nutrito attraverso la pratica dei sacramenti, e che è l’unico amore in grado di riempire il cuore dell’uomo.
G) Capacità di vivere nel mondo ma nello stesso tempo distacco dal mondo che rimane un luogo di esilio e una valle di lacrime.
H) Capacità di agire per amore di Dio collaborando ai misteriosi disegni della Provvidenza. Questa azione è particolarmente libera perché evita di essere preoccupata per i risultati in quanto questi vengono affidati e lasciati alla volontà di Dio.
I) Affidamento a Dio di ogni giustizia definitiva di fronte a tutte quelle ingiustizie umane che restano impunite e senza una soluzione definitiva. (12)

Bibliografia:

10) Enrico Malizia op cit pag 20-24, 50-55, 62-63, 80-84; G. Campailla, op cit, pag 100-108; Umberto Galimberti, Il tormento e l’ecstasy, La Repubblica 5 dicembre 1995, pag 35.

11) J. De Ajuriaguerra, Manuale di psichiatria del bambino, Masson, Milano 1987 pag 48-60, 527-537;cfr Giuseppe Campailla, op. cit., pag 97-98; Konrad Lorenz, Gli otto peccati capitali della nostra civiltà, Adelphi, Milano 1974, pag 73, 101-108;Irenaus Eibl-Eibesfeldt, Amore e odio, Adelphi, Milano 1996, pag 257-258, 261-264, 280-283; E. Borgognoni Castiglioni, op cit, pag 11.
12) Corrispondenza Romana, Roma 26 Agosto 1995 n.450; Italo Vaccarini, Alcuni indicatori di crisi nella società occidentale, Sociologia della cultura, in Aggiornamenti sociali 6/1995, pag 471-472 ; E Borgognoni Castiglioni, op cit, pag 5, 9-12; Donata Francescato, Quando l’amore finisce, Il Mulino, Bologna 1992, pag 20-27; Joseph Ratzinger, Svolta per l’Europa, Paoline, Milano 1992, pag 14-16; Aldous Huxley, Le porte della percezione, Paradiso e inferno, Mondadori, Milano 1993 pag 76; Il Mondo nuovoRitorno al mondo nuovo, Mondadori, Milano 1991, pag 296; CEI, La verità vi farà liberi, Libreria Vaticana 1995, n.1020, 1021; Giovanni Paolo II, Salvifici doloris n19.
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La droga non si vince con la droga.

Riflessioni politiche e giuridiche

Con l’uso della droga pesante o leggera l’individuo perde progressivamente la sua libertà: infatti la libertà può essere definita come la possibilità di agire in maniera consapevole e responsabile in vista di un bene.

Il drogato ricorre alla droga per abolire la coscienza di sé e della realtà e questo ricorso può essere, inizialmente, una libera scelta, accettabile al pari di tante altre. Ma gli effetti di questa libera scelta tolgono successivamente e progressivamente all’individuo ogni possibilità di scegliere in modo consapevole e responsabile perché la dipendenza psichica (dovuta all’uso delle droghe leggere e pesanti) distrugge la struttura del fare volontario e cosciente: il tossico-dipendente, pertanto, non è più libero ma schiavo e deve essere aiutato per poter recuperare la sua libertà.

La dipendenza psichica (dovuta alle droghe leggere e pesanti) consiste nel bisogno mentale di ricorrere alla droga, di rifugiarsi nel mondo artificiale della droga, di aumentarne le dosi per ottenere lo stesso effetto. La dipendenza psichica produce alienazione dalla realtà, vuoto interiore, apatia, mancanza di motivazione, mancanza di scopo, incapacità ad eseguire i più piccoli compiti che implichino responsabilità.

Giovanni Paolo II insegna: «Esiste, certo, una netta differenza tra il ricorso alla droga ed il ricorso all’alcool: mentre infatti un uso moderato di questo come bevanda non urta contro divieti morali, ed è da condannare soltanto l’abuso, il drogarsi, al contrario, è sempre illecito, perché comporta una rinuncia ingiustificata ed irrazionale a pensare, volere e agire come persone libere. Del resto, lo stesso ricorso su indicazione medica a sostanze psicotropiche per lenire in ben determinati casi sofferenze fisiche e psichiche, deve attenersi a criteri di grande prudenza, per evitare pericolose forme di assuefazione e di dipendenza. (…) Non si può parlare della “libertà di drogarsi” né “del diritto alla droga”, perché l’essere umano non ha il diritto di danneggiare se stesso». (13)

Secondo la legge morale naturale l’individuo non ha il diritto di uccidere se stesso né di uccidere la struttura portante del suo essere persona, cioè capace di atti coscienti e responsabili. Il principio di solidarietà è il fondamento di ogni società: gli uomini hanno dei doveri verso la società e la società ha dei doveri verso di loro. La droga, distruggendo la struttura portante degli atti liberi, cioè coscienti e responsabili, impedisce l’adempimento dei doveri di solidarietà verso gli altri uomini e spinge la società verso l’auto-distruzione.

Dal punto di vista del diritto positivo italiano, il dovere di prevenire e reprimere l’uso degli stupefacenti si ricava dall’articolo N.2 della Costituzione: «La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale».

La droga danneggia immediatamente e poi progressivamente la coscienza e la responsabilità e danneggia immediatamente e poi progressivamente la capacità di adempiere ai doveri di solidarietà. Noi assistiamo all’estrema contraddizione di una cultura giuridica che, in nome della solidarietà, impone al privato l’uso del casco e della cintura di sicurezza e in nome della libertà dimentica la solidarietà invocata e propone la liberalizzazione della droga.

Alcuni, di fronte a questa contraddizione, propongono di liberalizzare la droga ma solo come metodo di lotta contro lo spaccio clandestino della droga: la legalizzazione della droga eliminerebbe la criminalità che gestisce il narco-traffico. Se questa tesi fosse vera e cioè anche se la legalizzazione della droga portasse alla eliminazione completa della criminalità che gestisce il traffico degli stupefacenti non potrebbe tuttavia eliminare il male rappresentato dall’uso della droga stessa. Ad esempio, l’ingiusto sfruttamento realizzato dalla mafia attraverso le tangenti non si elimina legalizzando le tangenti mafiose.

Ma è vero che liberalizzando la droga si elimina completamente il fenomeno della criminalità che gestisce il traffico degli stupefacenti? Questa ipotesi non sembra reggere ad un esame più approfondito del problema:

1) la criminalità riconvertirebbe il narco-traffico in una nuova attività criminale

2) alcuni narco-trafficanti internazionali sono favorevoli alla legalizzazione della droga: è questo il caso dei narco-trafficanti dell’America Latina (il cosiddetto cartello di Medellin) che hanno chiesto la legalizzazione del mercato della droga e in cambio si sono impegnati a pagare il debito pubblico della Colombia (14)

3) il dottor Paolo Borsellino, il procuratore di Palermo assassinato dalla Mafia, affermava che la legalizzazione del mercato degli stupefacenti non elimina la mafia che è nata ed è esistita senza la droga e può esistere ed essere altrettanto pericolosa senza la droga.

4) sempre secondo Paolo Borsellino, non è vero che la legalizzazione della droga eliminerebbe il mercato clandestino perché l’esistenza di un mercato legale della droga comporta delle regole, mercato legale significa che la droga non può essere venduta da chiunque, non può essere venduta in qualunque momento, non può essere venduta in qualunque posto e a chiunque.

Nessuna legalizzazione può dare luogo ad un mercato senza regole, a meno di non voler ammettere che anche ad un bambino di sei anni si debba consentire senza problemi di acquistare la sua dose e per diverse volte nel corso della giornata.

Si dovrebbe, dunque, fissare legislativamente l’età minima (e in base a quali criteri ?), con ciò stesso si creerebbe una fascia costituita da tutti coloro che sono al di sotto di essa, che diventerebbero “clandestini”.

Si dovrebbe fissare una soglia di sostanza attiva presente in ogni dose: se ci si orientasse verso una soglia elevata i soggetti non assuefatti verrebbero stroncati dall’assunzione di dosi pesanti, se ci si orientasse verso una soglia bassa i tossico-dipendenti assuefatti cercherebbero di procurarsi il resto in modo illegale.

ùAccanto ad ogni mercato legale esiste per i criminali la possibilità di creare un mercato clandestino. Il mercato legale della droga, spiega Borsellino, spingerebbe gli spacciatori clandestini ad indirizzare la loro azione nel diffondere la droga ai minorenni esclusi dal mercato legale, nel diffondere dosi superiori a quelle stabilite per legge, nel diffondere la droghe pesanti se venissero legalizzate quelle leggere o nel diffondere le droghe nuove più affascinanti e potenti ma micidiali (come il Crak che già dopo due assunzioni provoca danni irreversibili) se venissero legalizzate quelle pesanti tradizionali. (15)

Alcuni sostengono che legalizzando la droga diminuirebbe il numero di coloro che assumono droga. Anche questa affermazione non sembra reggere ad un esame più approfondito del problema:

1) Gli stessi antiproibizionisti che sostengono questa tesi ammettono che l’alcolismo è aumentato in Italia di 5 volte nell’ultima decade. Da questo si deduce facilmente che l’eliminazione del proibizionismo per l’alcool (di cui fa male l’abuso e non l’uso) non ha certo diminuito il diffondersi dell’alcolismo. La droga è una malattia sociale; per ridurre il numero dei malati occorre prima di tutto curare chi è affetto dalla malattia e non aumentare le possibilità di diffusione della malattia stessa. (16 )

2) Se lo Stato distribuisce droga toglie ai tossico-dipendenti la motivazione ad entrare in una terapia mirata all’astinenza. La liberalizzazione della droga comporta un’accettazione passiva del fenomeno che blocca sia la ricerca delle cause che quella dei rimedi. Il vero problema rimane quello di creare le condizioni perché la persona si liberi dalla schiavitù della droga. Dal 1992 è in atto in 15 città svizzere l’esperimento di prescrizione medica di stupefacenti voluta dal ministro della Sanità Ruth Dreifuss. I tossico-dipendenti reclutati per la somministrazione dell’eroina di stato sono stati 1146:

A) nessuno dei tossico-dipendenti è uscito dalla droga e si parla di stabilizzazione dei drogati

B) il 30% dei tossico-dipendenti più gravi (tossico-dipendenti di più stupefacenti) ha abbandonato l’esperimento: ma è proprio questo il gruppo a cui l’esperimento diceva di rivolgersi, cioè coloro che non si fanno avvicinare da nessun tipo di assistenza

C) la mortalità di coloro che fanno parte dell’esperimento si aggira intorno al 3%, cioè tre persone su 100 muoiono sotto il controllo degli sperimentatori: è il tasso di mortalità nettamente più elevato rispetto a quello registrato sinora per tutti gli altri generi di trattamento degli eroinomani.

D) l’esperimento non ha valore scientifico perché manca il gruppo di controllo: non è stato previsto un gruppo di drogati sottoposti ad altro trattamento per fare comparazioni

E) le condizioni di vita dei drogati stabilizzati nella droga non sono migliorate veramente ma solo artificialmente perché il lavoro che svolgono è stato dato loro dall’autorità pubblica in laboratori protetti sul tipo di quelli in cui si impiegano i malati di mente, dove non si richiedono le prestazioni normali per normali lavoratori. Ogni drogato viene assistito ora per ora dall’assistenza sociale: obbligato a lavarsi, a mangiare e a dormire. (17)

3) Dal 1993 un referendum ha depenalizzato il consumo personale di droga abolendo la legge Vassalli- Russo Jervolino del 1990: con questa legge il drogato veniva esortato al recupero e solo al termine di un iter di natura amministrativa, in caso di rifiuto, si avviava il procedimento penale la cui prosecuzione era, a sua volta, condizionata dalla volontà di lasciare la droga. Dal 1990 fino al 31 dicembre 1993 c’è stato un continuo calo delle vittime per droga. La depenalizzazione ha comportato, invece, un aumento delle morti per droga: si è passati da 800 morti all’anno (1994 ) a 1153 morti all’anno (1995) e il ministero sta registrando una continua crescita del fenomeno. (18)

Bibliografia:

13) Giovanni Paolo II, Tossicodipendenza e alcoolismo frustrano la persona proprio nella sua capacità di comunione e di dono, Udienza: conferenza organizzata dal Pontificio Consiglio per la Pastorale degli Operatori Sanitari, L’Osservatore Romano, supplemento settimanale n.51, capitolo n.4,  29 novembre 1991, pag 13.

14) cfr Chiesa Viva, Grave accusa all’on. Marco Pannella, Maggio 1989, pag 21
15) cfr Enrico Malizia op. cit. pag 85-86; cfr Paolo Borsellino Corriere della Sera 7-8-1992; cfr Alfredo Mantovano, 1992: Giustizia ad una svolta. Verso il recupero o verso il tramonto della legalità? 2, in Cristianità n.212 dicembre 1992, pag 7-9;
16) cfr Enrico Malizia, op cit., pag 19
17) cfr Intervista allo psichiatra svizzero Ernst Aschbach: Gli esperimenti? Un flop, Avvenire 1 dicembre 1996 pag 11; cfr Claudio Mésoniat, La verità dalla Svizzera: un autentico fallimento, Il Giornale 15 gennaio 1998, pag 10
18) cfr Alfredo Mantovano op. cit pag 8-9; cfr Luigi Laloni, Overdose da eroina, crescono le vittime, Avvenire 1 dicembre 1996 pag 11.