Il Purgatorio. Realtà e non “favola”

purgatorioRadici Cristiane n.89 novembre 2013

L’esistenza del Purgatorio non è una invenzione della Chiesa medioevale, tanto che subito la Dottrina Cattolica l’ha affermata a chiare lettere, fin dai primi secoli. E le pene del Purgatorio non sono affatto una sciocchezza, una sorta cioè di scappellotto per rimproverare di qualche innocua marachella. Anzi, sono tutt’altro che leggere…

di Corrado Gnerre

Un giorno un frate chiese a Padre Pio di applicare la celebrazione della S.Messa a suffragio dell’anima di suo padre, morto trent’anni prima. Padre Pio disse che lo avrebbe fatto  nella Messa del giorno dopo. La mattina seguente, dopo la celebrazione, Padre Pio disse a quel frate: «Gioisci. Oggi il tuo papà è entrato in Paradiso!». Ma quel frate, invece di gioire, ri rattristò e disse: «Ma Padre, il mio papà è morto già da trent’anni». Al che Padre Pio esclamò: «Dinanzi a Dio tutto si paga».«Dinanzi a Dio tutto si paga»: sta qui la ragione del Purgatorio.

A chi dubitasse, a chi ne minimizzasse l’esistenza e si facesse venire mille perplessità in merito, basterebbe ricordare che Dio è l’Essere nella sua pienezza, cioè nella sua massima perfezione e che dunque in Dio ci sono tutte le virtù al grado massimo, per cui è giusto e doveroso affermare che Dio è massimamente amore, ma è altrettanto giusto e doveroso affermare che Dio è massimamente giusto.

Quando si parla dell’infinita misericordia divina, s’intende che non v’è né gravita, né numero di peccati dinanzi ai quali la misericordia di Dio sia impotente (guai a pensarlo, si peccherebbe contro lo Spirito Santo!) e che Dio stesso è disposto ad accogliere il nostro pentimento fino all’ultimo istante della nostra vita. Ciò però non vuoi dire che i peccati di cui l’anima si è macchiata in vita non debbano essere totalmente purificati, tutt’altro: tutto si dovrà scontare, in vita accettando con pazienza le numerose prove che la Provvidenza permette, oppure, qualora non bastasse la vita, col Purgatorio. È talmente vero e giusto tutto questo che la dottrina cattolica arriva ad affermare che finanche coloro i quali vengano canonizzati (i Santi) possono avere avuto la necessità di una, seppur brevissima, purificazione in Purgatorio.

Qualcuno potrebbe obiettare: ma c’è la famosa parabola degli operai della vigna (Mt. 20, 1-16), che vengono retribuiti allo stesso modo indipendentemente dal fatto che i primi avessero iniziato a lavorare dalla mattina, i secondi dal mezzogiorno e i terzi addirittura dalle cinque del pomeriggio. È vero, ma attenzione: quella parabola si riferisce all’infinita misericordia di Dio che è disposto come abbiamo già detto – ad accogliere il sentimento anche alla fine della vita, perché Dio vuole tutti salvi. Non riguarda però la purificazione, di cui invece Gesù parla al capitolo 5 del Vangelo di Matteo (vv. 25-26), allorquando dice: «Mettiti presto d’accordo con il tuo avversario, perché l’avversario non ti consegni al giudice e il giudice alla guardia e tu venga gettato in prigione. In verità ti dico: non usci­rai di là finché tu non abbia pagato fino all’ultimo spicciolo».

Detto questo, ci sono due cose “urgenti” da precisare in merito al Purgatorio. La prima è che la sua esistenza non è un’invenzione della Chiesa medioevale; la seconda è che le pene del Purgatorio non sono affatto una sciocchezza, una sorta cioè di scappellotto per rimproverare per qualche innocua marachella.

Le confessioni protestanti (che non credono nel Purgatorio) hanno sempre affermato che l’esistenza di un luogo ultraterreno di purificazione sia stata un’invenzione della Chiesa medioevale e che invece i primi cristiani non avessero nessuna fede in merito. Certa stobiografia moderna fa da eco a questa menzogna. C’è finanche un celebre libro di Jacques Le Goff, che non a caso s’intitola La nascita del Purgatorio.

Ma la dottrina cattolica ha, in realtà, subito affermato l’esistenza del Purgatorio. È del II secolo una famosa iscrizione tombale, quella di Abercio, forse Vescovo di lerapoli, in Asia Minore. Fu proprio lui a comporre, prima di morire, il suo epitaffio, che dice: «Queste cose dettai direttamente io, Abercio, quando avevo precisamente settantadue anni di età. Vedendole e comprendendole, preghi per Abercio».

Dunque, Abercio invita colui che si trovi sulla sua tomba a pregare per lui. Il che vuoi dire che Abercio (II secolo!) è convinto dell’esistenza del Purgatorio.

Tertulliano (155-222) nel De Corona scrive: «Nel giorno anniversario facciamo preghiere per i defunti». Le uniche anime, che hanno bisogno di preghiere, sono quelle del Purgatorio. Sempre Tertulliano scrive nel De monogamia: «La moglie soprav vissuta al marito offre preghiere per la gioia di suo marito nei giorni anniversari della sua morte».

Sant’Agostino nel De fide, spe et cantate scrive: «Non si può negare che le anime dei defunti possono essere aiutate dalla pietà dei loro cari ancora in vita, quando è offerto per loro il sacrificio del Mediatore [la S. Messa]; oppure mediante elemosine». E sant’Agostino è vissuto tra il IV e il V secolo!

Sant’Efrem di Siro (306-373) scrive nel suo Testamentum: «Nel trigesimo della mia morte ricordatevi di me, fratelli, nella preghiera. I morti infatti ricevono aiuto dalla preghiera fatta dai vivi».

COME LE FIAMME DELL’INFERNO

Veniamo all’altra precisazione “urgente”: le pene del Purgatorio non sono uno scherzo. Potrebbe innescarsi questa tentazione soprattutto tra i pigri: «Non aspiro a cose grandi, so che per me sarà difficile andare direttamente in Paradiso, mi accontento del Purgatorio». È un mirare al ribasso che si traduce però in catastrofe. Se si mira al Paradiso, c’è speranza di andare in Purgatorio, ma se si mira al Purgatorio si rischia seriamente. Come avviene per gli scolari: se si mira all’otto, c’è la speranza di arrivare alla sufficienza, ma se si mira direttamente alla sufficienza, il rischio bocciatura è tutt’altro che ipotetico.

E le pene del Purgatorio sono tutt’altro che leggere. Sono due: del danno, alle anime viene ritardata la visione di Dio; e del senso, le anime sono punite con il “fuoco” corporeo.

Dice sant’Agostino: «Colui che invecchiò nel peccato, impiegherà maggior tempo ad attraversare quel fiume di fuoco e, nella misura della sua colpa, la fiamma accrescerà il castigo». E proprio l’autore delle Confessioni, insieme ad un altro grande teologo e santo, sant’Alfonso Maria de Liguori, afferma che il fuoco che brucia i dannati all’inferno è lo stesso che purifica gli eletti nel Purgatorio: l’unica differenza è che il primo dura in eterno, mentre il secondo è temporaneo.

Però attenzione: nel Purgatorio ci sono anche delle gioie. Innanzi tutto, la certezza della salvezza eterna, che nella vita terrena neanche i buoni hanno. Poi l’impeccabilità: finché si sia in vita, non si sa se si cadrà in peccato. In Purgatorio invece v’è la certezza di poter amare per sempre il Signore, senza più offenderlo. Inoltre, i suffragi, che alleviano, abbreviano o addirittura eliminano totalmente le pene. Nonché la conversazione con gli angeli: molti Santi e teologi ammettono la relazione fra le anime del Purgatorio e gli angeli.

Infine, la visita di Maria Santissima, per confortare le anime del Purgatorio. Dunque, un “luogo” certamente di giustizia e di misericordia.