Il quadrato ”magico”

quadrato_magicoda: “Patì sotto Ponzio Pilato?” (ediz. SEI, 1992) cap. XXXV, pagg. 341-3

 di Vittorio Messori

(…) Il “quadrato magico” è composto da cinque parole di cinque lettere l’una disposte su cinque righe.

Così:

S
A
T
O
R
A
R
E
P
O
T
E
N
E
T
O
P
E
R
A
R
O
T
A
S

 

Come si nota, le parole si possono leggere sia da sinistra a destra che da destra a sinistra, sia dall’alto in basso che viceversa. Si tratta certamente di un segno cristiano: è stato infatti ritrovato dalla Mesopotamia alla Britannia, dall’Etiopia all’Egitto, ma non è mai databile ad epoca pagana.

Il carattere cristiano è attestato anche da quei due TENET, orizzontale e verticale, che formano al centro una croce e che rinviano al Dio biblico che “tiene” saldamente in mano la sua Creazione. Inoltre, il t (tau, in greco) è tra i più antichi segni per indicare velatamente la croce.

Le cinque parole possono tradursi così: “Il seminatore Arepo tiene con cura (o “con abilità”) le ruote“, nel senso di guidare bene il carro (o l’aratro, anticamente spesso munito di ruote). Molti studiosi, convinti che in quelle righe si celasse un senso ancor più nascosto, cercarono di decifrare il misterioso “quadrato”.

La soluzione fu trovata da due studiosi che lavoravano separatamente, un tedesco e uno scandinavo, Felix Grosser e Sigurd Agrell. Costoro, entrambi nel 1925, comunicarono di avere scoperto che le 25 lettere formano due Pater Noster che si incrociano sulla N.

Restano due A e due O che richiamano la parola attribuita dal libro dell’Apocalisse, 1,8 , al Cristo: “Io sono l’alfa e l’omega, il principio e la fine” (sappiamo che il latino traslitterava sia l’omega che l’omicron greci con la stessa lettera O). Il criptogramma, dunque, deve disporsi così:

                                                                         A

 

P

A

T

R
A    P  A  T  E  R  N  O  S  T  E  R    O
 O
 S
 T
 E
 R
  
O

La grande maggioranza degli studiosi plaudì alla scoperta, che in effetti appare definitiva: anche soltanto sul piano statistico, c’è una probabilità infinitesima che le 25 lettere del “palindromo” (è un complesso di lettere che può leggersi in entrambi i sensi) formino per puro caso ciò che Grosser e Agrell avevano scoperto.

Restava dunque confermata non solo l’ipotesi che si trattasse di un simbolo cristiano; ma addirittura si scopriva che era una summa in miniatura di elementi evangelici, a cominciare dalla preghiera che Gesù aveva insegnato ai suoi. I più antichi “quadrati magici” conosciuti in quegli anni Venti del nostro secolo – quando l’enigma fu svelato dai due studiosi che dicevamo – erano quelli di Dura-Euròpos, base militare romana nella Mesopotamia, e risalivano al III° secolo dopo Cristo.

Nel novembre del 1936, la grande sorpresa: disseppellendo, a Pompei, la palestra prospiciente l’anfiteatro, ecco su una colonna – chiarissimo – un “quadrato magico”. Messi sull’avviso, gli archeologi ne individuarono un altro, trovato nella stessa Pompei una decina di anni prima e sino ad allora non riconosciuto perchè mutilo.

A conferma del carattere cristiano, il graffito della palestra pompeiana è addirittura sormontato da un triangolo che rinvia evidentemente alla Trinità.

Sotto, poi, l’incisore ha aggiunto la chiave segreta del rebus, tracciando le lettere A-N-O. In effetti, la N è il centro su cui si incardinano i bracci della croce. E la A e la O sono le due lettere che ne restano fuori e annunciano che Gesù è “l’inizio e la fine“. Era, dunque, l’ulteriore, definitiva convalida dell’esattezza dell’interpretazione dell’archeologo tedesco e di quello scandinavo.

Naturalmente – succede sempre – qualcuno cercò di distinguersi non arrendendosi all’evidenza e giungendo ad affermare che il “quadrato” era stato graffito da scavatori abusivi che erano riusciti a ricavare un cunicolo sino alle rovine sepolte!

Ma sono ipotesi insostenibili per quei due posti di Pompei, con certezza restati intatti dal 79

della tragedia sia al 1936 del disseppellimento.In realtà, la grandissima maggioranza degli studiosi giudica ormai risolto il mistero. Il solo problema aperto è quell’ AREPO che alcuni intendono come nome proprio e che altri (basandosi su un’antica traduzione del criptogramma in greco e anche su un termine celtico noto pure nel mondo latino), traducono come “aratro”.

Il che aumenterebbe la densità cristiana del messaggio, visto che l’aratro (lo abbiamo ricordato) era uno dei simboli nascosti della croce. In questo caso, le 5 parole andrebbero lette così: “Il Seminatore (cioè il Cristo che semina il buon grano), all’aratro (cioè, sulla croce) tiene col suo sacrificio (opera), le ruote (del destino dell’uomo e dell’universo)”.

Non mancano studiosi che, basandosi anche su testimonianze archeologiche, sostengono che AREPO altro non sarebbe che l’unione delle iniziali delle seguenti parole: Aeternus Redemptor Et Pastor Omnipotens. Al di là, comunque, della lettura delle singole parole, la scoperta di Pompei dimostra alcune cose e altre ce ne comunica di nuove:

1) C’erano cristiani a Pompei, come del resto dicevano altre testimonianze;

2) A quell’epoca, già si erano formati sia il culto della croce che la simbologia dell’alfa e dell’omega, presente nella tradizione di Giovanni, considerata la più “tardiva”;

3) Soprattutto c’era già una traduzione latina della preghiera insegnata da Gesù. Questo presuppone che il testo del Vangelo (o, almeno, sue parti significative) circolasse da tempo, per essere stato già tradotto nella lingua dei romani;

4) Ancora più straordinario: se, come pare, è giusta la lettura cristiana del triangolo (non si vede, d’altro canto, che diverso significato dargli) sopra il palindromo, già erano formate sia la teologia che il culto della Trinità;

5) La “croce” venerata sin da subito era proprio una “croce”, non un palo. Tutto questo, prima dell’anno 79 (se non addirittura del 63, visto che in quell’anno Pompei era stata diroccata da un terremoto e la palestra abbandonata).

Anche qui, sembra realizzarsi la profezia di Gesù, per il quale, “grideranno le pietre” contro le ipotesi solo teoriche e libresche.

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Per approfondire:

Rino Cammilleri

IL QUADRATO MAGICO
Un mistero che dura da duemila anni
Rizzoli, 1999
Prefazione di Vittorio Messori