24 Ottobre 2024
La commissione del Consiglio d’Europa che ha tacciato di razzismo la polizia italiana è espressione della Cedu, che a sua volta è pesantemente influenzata dalle Ong legate a George Soros. Riguardo poi alla questione Albania, il problema alla base è la cessione di sovranità.
di Stefano Fontana
La vicenda riguardante il braccio di ferro tra governo e magistratura a proposito del centro per immigrati in Albania e l’accusa del Consiglio d’Europa alla polizia italiana di essere razzista hanno portato alla luce due questioni di notevole interesse politico. Non entro qui nel merito tecnico, mi limito a ricordare queste due annose questioni.
Le recenti scelte fatte dal governo italiano per ovviare alle decisioni del Tribunale di Roma, che ha ordinato il ritorno in Italia di 12 richiedenti asilo tra i 16 che erano stati condotti al centro in Albania, possono essere in conflitto con il diritto dell’Unione europea. Qualcuno dice che le disposizioni della Corte di Giustizia dell’Unione europea (CGUE) circa i “Paesi a rischio” non sono vincolanti, ma la questione è aperta.
Qui ci si scontra con il grande problema della cessione di sovranità giuridica all’Unione. Il Trattato di Lisbona sancisce la priorità del diritto europeo su quello degli Stati membri dell’Unione. La Dichiarazione 17 di questo Trattato afferma: «Secondo una costante giurisprudenza della Corte di giustizia dell’UE, i trattati e il diritto adottato dall’UE hanno la preminenza sul diritto degli Stati membri, nelle condizioni definite dalla detta giurisprudenza».
Christophe Réveillard, studioso della Sorbona, ha scritto per l’ultimo Rapporto dell’Osservatorio Van Thuân un articolo dal titolo Nell’Europa delle libertà, la pedagogia forzata delle masse in cui, tra l’altro, afferma che quanto stabilito dal Trattato è «una camicia di forza normativa e procedurale esorbitante e paralizzante i diritti nazionali» (p. 87). Un esempio di questa “paralisi” viene a galla ora nel contenzioso sull’Albania. Indipendentemente da come (e se) se ne uscirà, penso sia utile tenere conto di questa cornice. Quando si cede sovranità bisogna poi ricordarsi di averla ceduta.
La seconda questione riguarda non l’Unione europea ma il Consiglio d’Europa. L’Ecri (Commissione europea contro il razzismo e l’intolleranza), che ha emesso quella valutazione sulla polizia italiana, è espressione infatti della Cedu, la Corte europea per i diritti dell’uomo. Il secondo aspetto che desidero sottolineare è cosa sono in realtà le corti internazionali di giustizia e, in particolare, la Cedu.
Secondo Grégor Puppinck, direttore dell’European Centre for Law and Justice (Eclj), «alcuni grandi attori privati cercano di partecipare al processo di nomina di esperti e giudici. Giustificano tale pretesa sostenendo che il loro coinvolgimento contribuirebbe a depoliticizzare il processo di nomina». Questi attori privati sono le grandi fondazioni e le più importanti Ong globaliste. L’Eclj ha denunciato la loro influenza sulle corti di giustizia in numerosi Rapporti.
Nel caso specifico della Cedu, nel 2003 l’organizzazione Interights, con l’aiuto dell’Open Society Institute (oggi Open Society Foundations) di George Soros, ha pubblicato un Rapporto dal titolo Indipendenza della magistratura: diritto e prassi nelle nomine alla Corte europea dei diritti dell’uomo in cui si indicavano le linee operative per far partecipare alle nomine anche la cosiddetta “società civile”.
Nel 2012 il Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa ha adottato le “linee guida” per la selezione dei giudici alla Cedu, prevedendo anche la possibilità che dei candidati siano proposti dalle Ong. Nel 2020 l’Eclj ha pubblicato un Rapporto intitolato Le Ong e i giudici della Cedu, da cui risultano moltissimi casi di giudici nominati per volontà della Open Society o da sette organizzazioni finanziate dalla stessa, tra cui Amnesty International, Commissione internazionale dei giuristi (ICJ) e Human Rights Watch.
Quando sentiamo parlare, come in questi giorni, di relazioni giuridiche con l’UE o con il Consiglio d’Europa è bene ricordare queste cose, per sapere con chi si ha a che fare e perché.
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