Alleanza cattolica 15 Luglio 2024
Una malattia dell’anima molto diffusa, ma che si può vincere
C’è una tentazione nella vita di quei cristiani che si sforzano di esserlo veramente che, se non viene combattuta, ne impedisce lo sviluppo. Si tratta del rilassamento, cioè di una rinuncia a mettere Dio al centro e al primo posto nella propria vita, cosa che impedisce al cristiano convinto di diventare un “seminatore”, cioè uno che non si limita a cercare di vivere la propria fede con coerenza, ma che si preoccupa anzitutto di trasmetterla perché non ne può fare a meno, come un bicchiere pieno.
“Seminatore” è la parola giusta per esprimere come questa tentazione possa penetrare nella vita dei cristiani e fermarne lo sviluppo. Il riferimento è alla parabola insegnata da Gesù nei tre Vangeli sinottici. Ascoltiamo le parole di Gesù riportate da san Matteo (13, 1-23): «Voi dunque ascoltate la parabola del seminatore. Ogni volta che uno ascolta la parola del Regno e non la comprende, viene il Maligno e ruba ciò che è stato seminato nel suo cuore: questo è il seme seminato lungo la strada. Quello che è stato seminato sul terreno sassoso è colui che ascolta la Parola e l’accoglie subito con gioia, ma non ha in sé radici ed è incostante, sicché, appena giunge una tribolazione o una persecuzione a causa della Parola, egli subito viene meno. Quello seminato tra i rovi è colui che ascolta la Parola, ma la preoccupazione del mondo e la seduzione della ricchezza soffocano la Parola ed essa non dà frutto. Quello seminato sul terreno buono è colui che ascolta la Parola e la comprende; questi dà frutto e produce il cento, il sessanta, il trenta per uno».
Partiamo dall’inizio. Qui si tratta di cristiani convinti, che ascoltano la Parola di Dio e vorrebbero metterla in pratica attraverso gli insegnamenti della Chiesa. Non hanno paura di dirsi pubblicamente seguaci del Signore in un mondo ostile o indifferente, che in Occidente oggi spesso guarda con ironia o anche con disprezzo il cattolico convinto, che prega tutti i giorni, che parla di castità e di fedeltà, che è contro l’aborto e il divorzio, che crede nella vita eterna e vorrebbe addirittura costruire una civiltà cristiana.
Poi, però, col passare del tempo, questo fervore iniziale si spegne, tende a scomparire. E’ il rilassamento. In fondo ci sono tanti impegni nella vita, non si può “fare tutto”. Così si entra in quello che si può chiamare il “tritacarne della quotidianità”, dove c’è pochissimo posto per Dio, per la preghiera e, naturalmente, per gli impegni dell’apostolato.
Ovviamente, ci giustifichiamo dicendo che la famiglia, il lavoro e magari un po’ di svago sono necessari, anzi sono “doveri di stato”. Certamente questo è vero, ma come si può diffondere il Regno di Dio se ogni battezzato pensa solo a sé stesso e ai propri familiari, o anche agli amici con cui condivide la fede, ma non si preoccupa di usare i propri talenti (ne abbiamo tutti, diversi ma reali) per comunicare quella che si chiama una concezione cristiana della vita?
C’è stato un tempo in cui si pensava che il compito dell’apostolato spettasse soltanto a religiosi e sacerdoti, ai “professionisti” della fede. Per gli altri era sufficiente rispettare i Comandamenti e accostarsi ai Sacramenti, almeno a Pasqua. Il laico non era un soggetto della vita della Chiesa, ma quasi uno spettatore. Questo non è mai stato insegnato dal Magistero, ma così si pensava e si viveva la fede da parte di molti battezzati.
Poi vennero le Rivoluzioni, che provocarono tanti danni spirituali e anche materiali alla società, ma costrinsero i cristiani, diventati sempre più minoritari, a compiere delle scelte, a decidere se essere militanti. Questo naturalmente non è avvenuto in pochi decenni, ma lungo i secoli, e in parte questa trasformazione è ancora in corso.
Il problema è che il battezzato chiamato a essere militante vive dentro il mondo, nel quale deve provvedere a sé stesso e ai propri familiari e deve farlo anche bene, appunto allo scopo di dare una testimonianza cristiana che non sia incoerente, del tipo “predica bene, ma razzola male”.
Torniamo alla parabola. Il cristiano che ha accolto con gioia la proposta cristiana, che si è convertito, che ha capito che essere cristiani significa esserlo sul serio, da “militanti”, viene spesso sopraffatto dalle “preoccupazioni del mondo”, dalla “seduzione della ricchezza”, oppure non ha “spessore” perché non si è preoccupato della propria formazione, spirituale e intellettuale: come dire, “va in palestra” (e fa bene, se lo aiuta fisicamente), ma non va a catechismo o a riunioni di formazione.
Rilassamento forse non è la parola più adatta per descrivere questa situazione, ma non me ne viene un’altra. Il fatto è che il cristiano che ha fatto tanti propositi, spesso li vede scivolare via, come nella parabola accade alla Parola sul terreno non preparato ad accoglierla. Bisogna allora rimediare e prendere le medicine adatte per ritrovare (o trovare) la salute.
Intanto si deve partire dalla convinzione che Dio è più importante del proprio io. Sembra una banalità, ma è decisivo: chi ricorda il Principio e fondamento degli Esercizi di s. Ignazio ricorda che l’uomo è creato per servire Dio e mediante questo salvare la propria anima; le stesse parole si trovano nel Catechismo di san Pio X.
Può capitare che ci siano periodi della vita in cui certe forme di impegno militante siano impossibili da praticare, o almeno così come vorremmo. Nel suo libro (un classico sempre valido) L’anima di ogni apostolato, l’abate Chautard ci fornisce un’indicazione importante per comprendere lo stato reale dell’anima di questa persona temporaneamente impedita: se appena si riducono gli impegni improrogabili questo cristiano ritorna alla preghiera che era stato costretto ad abbandonare. Lo stesso vale per l’apostolato.
Ovviamente nessuno vive da solo e non basta essere convinti se non convinciamo chi vive accanto a noi. Questo è il secondo passaggio preliminare, spesso difficile, ma che si deve fare necessariamente e con molta delicatezza.
Il resto verrà, se ci si decide nella direzione giusta e si chiede la grazia di essere fedeli e di ricevere il dono del fervore. Il rilassamento non sarà mai sconfitto per sempre, ritornerà a insidiarci, ma troverà una persona convinta, un terreno finalmente coltivato, un uomo disposto a impegnarsi nella battaglia per vincerla.
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Leggi anche:
L’anima di ogni apostolato ( di dom J. B. Gustave Chautard) – Libro