L’igiene etnica rispunta alla conferenza del Cairo
L’insopprimibile ricchezza dei figli
di Giuseppe Sermonti
ALL’INIZIO dell’800 l’umanità contava un miliardo di anime e nel 2000 supererà sei miliardi di teste. Tra mezzo secolo toccherà quota dodici miliardi.
Su questi dati discuterà la prossima “Conferenza sulla Popolazione e lo Sviluppo” dell’ONU al Cairo, proponendo misure per il contenimento (ipotesi «alta»), se non per la riduzione della popolazione mondiale (ipotesi «bassa»). Il discorso sembra ispirato ad una logica lineare: non vogliamo scoppiare, rovinare l’ecosistema, esaurire le risorse alimentari. Siamo troppi.
E’ una logica secolare che oggi conosciamo come malthusianesimo (dal pastore Thomas Malthus), ma che aveva avuto precedenti enunciazioni nel ‘700 con l’abate veneziano Gianmaria Ortes, a sua volta Ispiratosi alla teoria del «Calcolo dei piaceri e dei dolori» di Maupertuis. Dalla dottrina malthusiana, secondo la quale le popolazioni aumentavano geometricamente e le risorse linearmente, nacque il darwinismo con la sua «lotta per la vita» e la «sopravvivenza dei migliori».
La politica neo-malthusiana dell’ONU ha trovato l’opposizione decisa della Chiesa, contraria alle pratiche anticoncezionali, alla maternità gestita dallo Stato e particolarmente all’aborto come strumento per la pianificazione familiare. Alcuni paesi musulmani e Israele sono vicini al Vaticano, l’Italia è esitante perché la maggioranza del Paese ha votato per l’aborto, ancorché la nostra legge esplicitamente escludesse l’aborto come mezzo di regolazione delle nascite. Data la gravità della minaccia sarebbe auspicabile che l’Italia non facesse la parte di Pulcinella.
Si potrà dire che la minaccia persiste anche senza conferenza del Cairo, ma ciò non toglie che il problema vada affrontato subito perché la continuità dell’umanità è davvero in pericolo. La fame, le carestie, i massacri, la degradazione morale, le epidemie stanno dilagando nel terzo mondo. Su questo sono tutti d’accordo, ma sulle cause il disaccordo è completo.
C’è chi malthusianamente accusa il boom della popolazione, c’è chi al contrario afferma che «il mondo ha bisogno di più persone», come lo Schiller Instltute di New York o l’Accademia Africana delle Scienze. «Alcuni vedono nella conferenza la continuazione di un programma nazista (un Congresso Internazionale di Scienza Demografica si tenne nel 1935 (a Berlino), altri il cinismo della politica liberista e altri ancora il seguito del dirigismo sovietico. Alcuni vedono con gioia un governo mondiale ed altri lo vedono come una tirannide oligarchica o come un nuovo Impero Romano («che ridurrà la popolazione al livello di animali» – Manifesto dello Schiller Institute contro la Conferenza del Cairo).
Ma va detto, alto e forte, che è semplicemente infame intervenire, con provvedimenti grandiosi e irreversibili, su un processo che si considera minaccioso (il cosiddetto «boom») senza averne indagate le cause, come si provvederebbe per una invasione di topi (ma anche di questi si cercherebbero le tane). Non si può sterilizzare mezzo mondo per correggere una curva statistica: cose da comunismo cinese.
Questa progettata «igiene etnica» (di che altro si tratta?) trae origine proprio dalla filosofia sulla quale è fondata la civiltà contemporanea: che il mondo sia costituito da popoli civili, fondatori della scienza e della tecnologia, o sia costituito da un immenso caravanserraglio di popoli selvaggi e primitivi, con il loro inutile e infantile bagaglio di sciocchezze e di cannibalismo. Questi barbari sarebbero i darwiniani anelli intermedi tra la scimmia e l’umanità.
La scienza stessa vive in questo aureo presupposto: ci sono le sue leggi precise e intorno tutti i pregiudizi e gli errori di millenni e millenni di barbarie e di preistoria, che avrebbero potuto esserci risparmiati. La scienza avrebbe fatto il mondo in pochi decenni senza inutili lungaggini. E così il vero mondo può andare avanti senza trascinarsi tutta questa lungaggine di uomini sporchi, mal nutriti e mal riusciti. E’ inutile che l’Associazione Nobel onori ogni tanto qualche uomo di colore col suo alloro. Essa l’onora perché egli ha saputo sollevarsi dal suo livello al nostro, nonostante la sua negritudine.
Però la storia del mondo è un’altra, e faticheremo a riconoscerlo, e forse lo faremo quando le specie in via di estinzione saranno tutte scomparse. Gli uomini che noi chiamiamo «primitivi» o «selvaggi» non meritano quel nome. Essi sono stati, e talvolta sono ancora, portatori di rispettabilissime civiltà.
Di quegli uomini sono stati distrutti i villaggi, le famiglie, le regole e i tabù. Essi sono stati trapiantati nei suburbi violenti delle grandi città, spinti alla degradazione, a mestieri fisicamente e spiritualmente alienanti, tra la spazzatura urbana e culturale che i moderni producono in grande abbondanza. L’unica ricchezza o unica espressione che sono rimaste agli ultimi rifiuti della terra sono i loro figli.
I saggi de II Cairo progettano di riversare su queste anime morte manifestini contro la maternità (sviluppando anche il timore del parto) statistiche demografiche, nuvole di preservativi. Nel Cap. VIII della bozza della Conferenza all’art. 11.14 si raccomanda che le bambine siano educate al controllo delle nascite già nelle scuole elementari, così che l’anatomia si sostituisca allo stupore e la coperta malizia al candore, così che l’amore materno si attenui e si sviluppi l’amore per la demografia. Alle antiche danze di fertilità sarà sostituito II condom.
Nessuno, io temo, può più salvare il terzo mondo dallo sterminio fisico e spirituale che i grandi della terra hanno decretato per esso «nell’interesse» del pianeta.
Ma qualcosa di inafferrabile resterà, nelle radure delle foreste, tra le nevi di montagne inarrivabili, nei silenzi del deserto, nelle steppe sconfinate, nelle Isole perdute, qualcosa che non saremo riusciti a distruggere, e ci salverà.