Il Timone n.152 aprile 2016
Per l’ennesima volta nella storia siamo di fronte a una invasione islamica. Nel passato non sono state soltanto guerre, ma anche scambio culturale. Eppure l’Europa è restata cristiana grazie alla fede e alla capacità di combattere, virtù che oggi mancano
di Alberto Leoni
In Europa è in corso una invasione araba, ha detto papa Francesco ricevendo in udienza all’inizio di marzo una associazione francese di cristianesimo sociale, ma per farvi fronte ha richiamato alla storia passata dell’Europa, tante volte invasa ma capace di trasformare questi eventi in ricchezza. Sono frasi che hanno destato reazioni di segno opposto, ma sicuramente il Papa ha mostrato di conoscere bene la storia europea. Molto spesso infatti quando si evocano le invasioni passate dell’Europa, soprattutto quelle islamiche, si ripetono luoghi comuni che poco hanno a che fare con la realtà.
Poiché chi non conosce la propria storia è condannato a riviverla vale allora la pena fare un breve “recap” di storia europea, anche solo per capire di cosa e da cosa siamo stati fatti. Innanzitutto bisogna evidenziare come l’Europa, questa propaggine occidentale del continente asiatico, sia sempre stata meta agognata di ogni popolazione dai tempi più antichi. È opinione che persino i celti provengano dal bacino del Volga e siano migrati verso questa nostra terra così temperata e fertile, dotata di grandi fiumi e terre coltivabili.
Roma è un modello
Ma se partiamo dal crollo dell’Impero romano, anche in questo caso possiamo vedere le popolazioni germaniche irrompere attraverso il limes renano e quello danubiano con modalità che non sono sempre state violente. Semplicemente era l’effetto di una fortissima crisi di denatalità nell’impero romano e le tribù di visigoti, ostrogoti, burgundi, i cui modi facevano orrore ai cittadini romani furono inglobate nell’impero. Il sacco di Roma del 410, tanto per fare un esempio, fu la vendetta barbarica per un ingaggio non pagato a sufficienza. Va tuttavia notata una caratteristica fondamentale: per quanto i barbari fossero vincitori sul piano militare, il loro ideale fu sempre quello di emulare l’impero romano, le sue leggi, la sua organizzazione statuale, i suoi servizi, la sua efficienza.
Fu questo il segno predominante dei regni romano barbarici e il momento più importante di questa integrazione fu la conversione al cristianesimo di interi popoli che, a loro volta, divennero i bastioni della Cristianità, a partire dai franchi di Clodoveo, ai longobardi e a tutti coloro che si insediarono in Europa. Un processo spesso drammatico ma di cui non si può negare che sia stata una ricchezza. Dopo l’effimera affermazione dell’impero carolingio, questa costruzione statuale venne distrutta da crisi interne e da tre grandi invasioni quasi simultanee tra loro: i vichinghi da nord, i magiari da est e gli arabi da sud.
Peggiori dei musulmani
Ora vichinghi e magiari erano personcine davvero poco raccomandabili. Chi vuole conoscere i particolari efferati del martirio di S. Edmondo, re dell’Anglia orientale, ucciso dai vichinghi nell’870 può consultare “L’Europa prima delle crociate” (edizioni Ares) titolo al quale si rimanda per ogni approfondimento del caso. Basti dire che il supplizio, secondo alcuni studiosi portava il nome di “aquila insanguinata” ed era degno di un film splatter. Gli uomini del nord uccidevano, violentavano e saccheggiavano in quelli che chiamavano strandhogg, una specie di “esproprio proletario” un po’ più violento. Ma la resistenza opposta da Alfredo il Grande e dai sovrani carolingi, le ripetute sconfitte, le trattative, i matrimoni e, ancora una volta, le conversioni in massa, cristianizzarono un popolo i cui discendenti oggi sono i civilissimi scandinavi.
Per gli arabi il discorso è diverso. Nel giro di pochi decenni i guerrieri dell’islam conquistarono nazioni intere, Spagna e Sicilia comprese. In Spagna, la cui conquista venne completata nel 721, iniziò quel processo secolare che fu chiamato “Reconquista” e che si concluse nel 1492 con la caduta dell’ultimo regno moresco di Granada. La Sicilia, conquistata interamente nel corso del X secolo dopo una lunga lotta contro i bizantini, venne recuperata alla Cristianità dai cavalieri normanni (sì, proprio loro, gli ex vichinghi) e dalle repubbliche marinare italiane.
La differenza è che fra le due religioni monoteiste non vi furono mai conversioni di massa, da una parte o dall’altra. Il mondo cristiano e quello islamico si affrontarono sanguinosamente più volte ma, nel corso dei secoli, vi furono anche lunghi momenti di pace e di convivenza. Lo stesso Rodrigo Diaz de Vivar, campione della cristianità iberica, era in ottimi rapporti con gli emiri musulmani, molto più che con i regnanti cristiani di allora.
Non solo sangue e rovine
E a differenza di vichinghi e magiari che vivevano per la guerra, gli arabi importarono in Europa scienza, cultura, tecniche agricole e diedero una fattivo contributo alla rinascita dell’Europa medioevale. Chi ha visitato il duomo di Monreale non può non essere rimasto stupito e commosso dalla fusione di stili arabi, bizantini e normanni che lo costituisce. La civiltà moresca in Spagna, poi, non teme confronti. Ed è da sottolineare come la rinascita europea nel Medioevo tragga origine dalla riforma della Chiesa, scaturita dal monachesimo ed attuata dai grandi papi dell’XI secolo.
Ancora diversa è l’esperienza della seconda invasione islamica, quella compiuta dai turchi ottomani durante lunghi secoli di guerre, dall’inizio del 1300 al 1718, data della pace di Passarowitz che mise fine per sempre alla minaccia turca sull’Europa. La spietatezza turca in guerra è cosa assai nota e lo è ancora di più la minaccia dei pirati barbareschi sulle coste del Mediterraneo, estinta soltanto dalla presa di Algeri da parte dell’esercito francese nel 1830. Per secoli le popolazioni del sud Europa hanno dovuto lottare contro le incursioni di banditi sanguinari che rapirono centinaia di migliaia di persone, in una tratta di schiavi simile a quella dei neri d’America: con la differenza che, con la colonizzazione dell’Africa, l’Europa si è rifatta con gli interessi di quell’epoca di sangue.
Eppure l’impero ottomano, organizzato in modo ammirevole, non portò soltanto sangue e rovine, dimostrando, nei fatti, una tolleranza verso le altre religioni che, in Europa, era totalmente sconosciuta. Prova ne sia che i cristiani slavi restarono tali e non si convertirono all’islam, dato l’approccio tenuto dai sultani che, anche loro, intendevano emulare il grande esempio della tolleranza romana. Ovviamente tale tolleranza diventava ferocia disumana in caso di ribellione ma ciò che preme osservare è che la presenza musulmana nell’Europa balcanica non fu soltanto sinonimo di rovina e distruzione.
Nei confronti dell’impero ottomano l’Europa osservò una strana ambivalenza di atteggiamenti: ne venne riconosciuta la potenza e la legittimazione e furono concluse alleanze e trattati ma anche l’irriducibile alterità dovuta all’islam. Pari in dignità ma irrimediabilmente “altro”; “partner” politico e commerciale privilegiato e affidabile ma anche simbolo del nemico per eccellenza contro il quale l’Europa poteva coalizzarsi e ritrovare un’unità che non aveva mai costruito specie dopo la frantumazione della “respublica cristiana” ad opera di Lutero nel 1517.
Davanti al turco che assediava Vienna nel 1683, il vero miracolo non fu la vittoria propiziata dalla diplomazia del beato Marco d’Aviano; fu la presenza sul campo di battaglia, uno a fianco all’altro di contingenti cattolici e luterani, austriaci e sassoni e questo dopo pochi decenni dalla fine della guerra dei Trent’anni, a torto ritenuta dai più una guerra di religione. E se è giusto e doveroso ricordare i trionfi di Lepanto e Vienna è altrettanto necessario ricordare che la spada non poteva bastare per riportare quelle vittorie: era necessario il rosario, simbolo della grande riforma della Chiesa cattolica. L’Europa di oggi non sembra più in grado di impugnare nemmeno il rosario, figuriamoci la spada.
Le sfide del prossimo futuro
Ma le sfide che attendono gli europei di oggi e di domani sono ineludibili e le crude cifre dei dati demografici testimoniano. Oggi nel 2015 l’Africa è popolata da 1.186 milioni di persone, l’Europa da 738, l’Asia da 4.393. Nel 2030 le previsioni sono: Africa: 1.679; Europa: 734; Asia: 4.923. Nel 2050 Africa: 2.478; Europa: 707; Asia: 5.627. E qui non c’è muro che tenga contro un simile squilibrio. Ma è la reazione dei cristiani dell’Alto Medioevo e del Cinquecento a suggerirci una strada. In ambedue i momenti una grande riforma della Chiesa diede nuovo slancio all’Europa che sembrava finita e sfinita. Un’Europa che si ponga qual essa è realmente: un modello di vita, di tolleranza e di civiltà che non ha pari in tutto il mondo, capace di far valere con fermezza regole di convivenza che essa per prima deve saper rispettare, capace di includere all’interno dei propri modelli quelli di altri popoli.
Ancora una volta simbolo è quello del duomo di Monreale, giacché è proprio dei cristiani di ogni epoca quella di includere nella propria esperienza, ogni esperienza umana.
LE BATTAGLIE CHE HANNO SALVATO L’EUROPA
La Reconquista venne iniziata dai regni cristiani del Nord e portata a termine da Isabella di Castiglia e Ferdinando di Aragona. Il 2 gennaio 1492 la splendida Granada, ultimo caposaldo della civiltà moresca, si arrendeva ai sovrani spagnoli. Solo da quel momento Isabella potè avere le risorse necessarie per far intraprendere a Cristoforo Colombo la sua impresa. Iniziava l’età moderna.
1571 LEPANTO
La battaglia navale più decisiva della storia europea, l’ultima combattuta da navi a remi. 200 navi cristiane contro altrettante ottomane il 7 ottobre 1571. La fiotta ottomana fu distrutta e subito ricostruita dal sultano ma con equipaggi poco addestrati. Da quel momento in poi il dominio del Mediterraneo passò definitivamente alle flotte cristiane.
1683, VIENNA
Dal 14 luglio al 12 settembre 1683 un esercito di 150.000 uomini dell’Impero ottomano cinse d’assedio la città scarsamente difesa. Ci volte la prodigiosa diplomazia di padre Marco d’Aviano e la costanza di papa Innocenzo XI per mettere insieme un’alleanza fra principi imperiali guidata da re Giovanni Sobieski. L’11 settembre dei razzi rossi, sparati dalle mura di Vienna resero noto all’esercito di soccorso che la città poteva resistere non più di trentasei ore. Il giorno dopo l’esercito ottomano venne travolto.
1830 PRESA DI ALGERI
Nonostante la vittoria di Lepanto la minaccia dei pirati barbareschi non venne mai meno del tutto. All’inizio dell’Ottocento anche navi statunitensi furono depredate. Di qui uno dei primi interventi dei marines americani il cui inno fa riferimento alle “spiagge di Tripoli”. Re Carlo X di Francia, in crisi di popolarità, attaccò e conquistò Algeri, una delle più pericolose basi pirata