Dal Blog di Aldo Maria Valli 30 Settembre 2021
Si intitola Il terrorista e il professore ed è un libro, a mio giudizio, da non perdere. Propone il carteggio tra Cesare Cavalleri, direttore della casa editrice Ares e della rivista Studi cattolici, e Arrigo Cavallina, ex terrorista, tra i fondatori del gruppo eversivo Proletari armati per il comunismo. Cavalleri nel titolo è definito “il professore” perché fu l’insegnante di ragioneria del giovane Cavallina, e proprio da questa circostanza prende spunto lo scambio epistolare, che copre un lungo periodo, dal 1984 al 2019. Un libro commovente, come scrive Michele Brambilla nella prefazione che, per gentile concessione dell’editore, qui vi propongo.
di Michele Brambilla
Questo libro è il carteggio fra Cesare Cavalleri e Arrigo Cavallina. Il primo è un giornalista e scrittore cattolico, direttore delle Edizioni Ares. Il secondo è un ex terrorista (egli stesso non ha remore nel definirsi così) di sinistra: un uomo che come tanti suoi coetanei, negli anni Settanta, ha pensato di costruire il paradiso in terra per mezzo della lotta armata, e ha pagato i suoi errori con una quindicina di anni di carcere.
Ciò premesso, si potrebbe pensare che questo è un libro sugli anni di piombo, sugli inganni delle ideologie, sui frutti marci del Sessantotto, insomma sulla tragica stagione del terrorismo, durata in Italia molto più che altrove. Ma non è così. Gli anni di piombo, nelle pagine che seguiranno, stanno in realtà sullo sfondo di qualcosa di molto più grande e attuale. Sono solo una cornice. Questa è, piuttosto, la storia di un’amicizia.
Le lettere qui raccolte sono quelle che Cesare Cavalleri e Arrigo Cavallina si sono scritti nel corso, quasi, di una vita: dal 1984 al 2017. Tutto comincia così. Comincia che Cavalleri legge sui giornali che un tal giovane, di nome appunto Arrigo Cavallina, è in carcere per reati connessi alla lotta armata comunista. Quel nome è a lui noto e caro: era stato un suo alunno, giusto vent’anni prima, nel 1964, in quinta ragioneria. E che cosa significa fare l’insegnante? Che cosa, se non prendersi cura di chi gli viene affidato? E questo povero sciagurato ragazzo, come e perché è finito dove è finito? Com’è possibile? Perché si è perduto?
Il 16 aprile del 1984 Cesare Cavalleri scrive una prima lettera all’ex alunno. Non gli chiede conto delle scelte sbagliate, non gli fa la predica. Gli comunica anzi un qualcosa che si dimostrerà, nello scorrere degli anni, molto vero: “Sappi che non sei solo”.
Il 7 maggio Cavallina risponde. La sua è una lunga lettera. Il lettore se ne accorgerà presto: in tutto questo carteggio, le lettere dal carcere sono più lunghe, molto più lunghe di quelle scritte da chi è libero. E non certo perché, in cella, di tempo se ne ha in sovrabbondanza. È che chi è dentro – o almeno, uno come Arrigo, soprattutto – ha tanta voglia di fare i conti con quel che è accaduto, e con se stesso, e quindi di scrivere, di sfogarsi, di raccontare. “Ho addosso la convinzione di aver sbagliato tutto”, scrive Arrigo nella prima risposta a Cesare. Qualcosa di molto grande, e di veramente rivoluzionario, sta per cominciare.
“La tua lettera è intrisa di dolore”, risponde l’ex insegnante, “e il dolore non è mai vano”. Comincia a parlargli di Dio e gli manda un’omelia di Josemaria Escrivà, l’uomo che così tanto ha segnato la sua vita (sua di Cesare, s’intende). Ma Cavallina, che nella promessa del comunismo aveva trovato o creduto di trovare il senso della vita, è ancora sulla difensiva: “Leggo”, gli risponde, “con una insanabile riserva mentale”.
Ma qualcosa si muove anche nelle granitiche certezze. In una successiva lettera Cavallina annota: “Ti sono grato del ricordo nella tua preghiera. È strano, come non credente dovrei essere indifferente, e invece ne ricevo conforto”. Intanto la giustizia degli uomini gli sta presentando il conto: arriva una condanna a 14 anni nel processo contro l’Autonomia, quello cosiddetto “7 aprile”.
Ma Cesare Cavalleri ricorda all’ex alunno che c’è anche un altro Giudice. Ed è un Giudice strano: la sua legge contempla la misericordia. Essendo uomo che non conosce rispetto umano (e sono certo che non si offenderà nel definirlo così, anzi) Cavalleri invita Cavallina al sacramento della riconciliazione. “Confessati”, insomma confessa i tuoi peccati, dice a un uomo abituato, semmai, ad ammettere reati.
La storia della conversione di Arrigo Cavallina comincia così. Ma non sarebbe potuta continuare con le sole esortazioni a confessarsi, né tantomeno con astratti, teorici discorsi su Dio. È l’amicizia che fa il miracolo. Cavalleri va nelle aule di giustizia a seguire le udienze nei vari processi, e ci va solo per potere vedere il suo ex alunno: per poter, magari, scambiare con lui qualche battuta, e guardarlo negli occhi. E poi va a parlare con i giudici, va a cercare di spiegare che non sono i reati a definire un uomo – mai! – anche con quell’Arrigo che sta dentro una gabbia e che i pm definiscono una sorta di mostro. L’uomo è più grande dei suoi peccati. Lo è perfino delle sue opere buone.
Cavalleri e Cavallina si scriveranno per anni, e si scriveranno di tutto: della vita in carcere e di quella fuori, degli amori e delle passioni, dei piccoli e grandi guai di salute, delle piccole e grandi preoccupazioni, delle cose che si leggono e delle cose che si sognano. Questo libro non è, dicevo, un libro sugli anni di piombo, è un libro sull’amicizia, sulla sua forza invincibile.
Ed è un libro commovente. Uso questo aggettivo con pudore: non avrei mai voluto scrivere una cosa così banale, “commovente”. Ma spesso le cose banali sono anche le più vere. Mi commuove un ex professore che conserva per un suo ex alunno invecchiato lo stesso sguardo che aveva, verso i banchi, da una cattedra. Nella sua prima lettera Cavalleri, di Cavallina, ricorda perfino la sua grafia minuta; e lo rivede giovane e fragile come quando era un ragazzo che appena si affacciava alla vita. Ora, vedendolo perduto nei suoi errori, non lo giudica, lo abbraccia.
Un’ultima cosa mi commuove, e voglio dirla a costo di far la figura di chi ormai appartiene a un mondo scomparso. Mi commuove infatti, oltre al contenuto di questo libro, il mezzo. E cioè le lettere. Lettere, fogli bianchi scritti a macchina o a mano, imbustati e affrancati e poi spediti, e chissà quante volte riaperti con le dita, e letti e riletti, e infine conservati. Sarà possibile fra vent’anni, un altro libro su un carteggio? Temo di no, e allora capiremo quanto abbiamo perduto, nell’aver abbandonato la materialità della scrittura. Le lettere di questo libro è come se fossero un corpo. E solo dentro i corpi ci sono le anime.
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Arrigo Cavallina – Cesare Cavalleri, Il terrorista & il professore. Lettera dagli Anni di piombo & oltre, Ares, Milano 2021, 344 pagine, 16 euro
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