Cronaca Numismatica 17 Novembre 2020
Una rarissima medaglia fu “conferita” dalla Massoneria a quanti capeggiarono i disordini durante la traslazione della salma di Pio IX, ultimo Papa Re.
di Giancarlo Alteri
La sera del 7 febbraio 1878, al lento rintocco dell’orologio della Basilica vaticana, che batteva l’ora dell’Ave Maria, Pio IX – l’ultimo papa re ad aver accentrato in sè i poteri di capo della Chiesa cattolica e di sovrano temporale – si spegneva serenamente mentre il cardinale Luigi Bilio, penitenziere maggiore, gli sussurrava le preghiere estreme della Chiesa. Aveva 85 anni, 8 mesi e 26 giorni; aveva regnato per 31 anni, 7 mesi e 25 giorni.
Fu sepolto provvisoriamente nella Basilica, ma nel suo testamento papa Mastai Ferretti aveva espresso il desiderio di essere sepolto a San Lorenzo fuori le Mura, insieme al popolo cristiano, che nel cimitero del Verano attende il giorno della Resurrezione finale.
Aveva anche disposto che il sepolcro fosse costituito da una semplice urna di pietra nuda, senza monumento funerario, la cui spesa non doveva superare le 2.150 lire, e che l’iscrizione fosse composta dalle semplici parole OSSA ET CINERES PII PP IX SVMMI PONT | VIXIT ANN… IN PONTIF ANN… M… D… | ORATE PRO EO.
Così, dopo più di tre anni dalla sua morte, si decise finalmente di dare esecuzione alle sue volontà e il commendator Vespignani avvertì il prefetto di Roma che era giunto finalmente il momento di trasferire la salma da San Pietro a San Lorenzo fuori le Mura, e chiese, quindi, un servizio d’ordine in grado di garantire al corteo funebre la necessaria sicurezza durante tutto il lungo tragitto che separava le due basiliche.
Il governo, temendo che quel trasporto avrebbe potuto provocare gravi problemi per le dimostrazioni sia di affetto, da parte della maggioranza del popolo romano verso il compianto padre e sovrano, sia di ostilità, da parte di gruppi anticlericali, ordinò che il trasferimento della salma avvenisse di notte, e scelse quella tra il 13 ed il 14 luglio del 1881.
Del resto, già qualche ora prima che dalla Basilica vaticana si muovesse il corteo, si ebbero le prime avvisaglie di violenti tumulti contro la memoria di Pio IX da parte di esaltati facinorosi; tumulti, che non cessarono praticamente mai per tutto il resto del percorso.
Anzi, quando il corteo funebre giunse sul ponte di Castel Sant’Angelo, fu assalito da un gruppo di energumeni anticlericali al grido: “Al fiume! Al fiume!”. Solo l’intervento pronto ed energico delle forze dell’ordine impedì che la povera salma fosse scaraventata nel Tevere.
Finalmente, dopo un percorso praticamente “di guerra”, anche perché continui ordini e contrordini crearono problemi perfino tra le forze dell’ordine, i resti mortali di Pio IX – contestato papa re – giunsero a San Lorenzo.
I gravi disordini di quella notte provocarono le proteste della Santa Sede e i biasimi dei governi esteri. Anche il governo del giovane Regno d’Italia si affrettò a deplorare l’accaduto e cercò di giustificarsi dicendo che era stato sorpreso da avvenimenti non previsti.
Gli anticlericali, invece, aizzati e sostenuti pure da certa stampa, continuarono a gloriarsi del loro gesto, dolenti soltanto – come scrissero sul Dovere – di non essere riusciti a buttare nel Tevere il cadavere di Pio IX. L’ultimo papa re.
Un testimone oculare, tale Ceccarini Alessandro, “impiegato ai Musei Pontificii” – così si qualifica egli stesso –, ci ha lasciato una preziosa testimonianza sui suddetti incresciosi fatti ed i nomi dei sei più scalmanati, seguaci, secondo lui, della “setta massonica”, che “si fecero a tormentare e ad insultare in ogni maniera i buoni cattolici, che devotamente accompagnavano la venerata Salma”: Scatizzi Pio, parrucchiere; Antonini Romeo, garzone macellaio; Bazzi Vittorio, negoziante pasticcere; Coccanari Romolo, impiegato municipale; Maceroni Mariano, studente; Corcos Achille, negoziante di cereali
Sempre il Ceccarini, continua la sua testimonianza scrivendo tra l’altro: “Calmato il fermento, il Governo Italiano, per dare una soddisfazione alla pubblica indignazione, istruì non pochi processi penali, venendo a risultare colpevoli di eccitazione alla infausta dimostrazione i nominati adepti alla setta, i quali vennero rispettivamente condannati: Scatizzi Pio, Antonini, Maceroni e Bazzi, ad un mese di carcere e lire 150 di multa; Coccanari e Corcos a tre mesi di carcere e lire 250 di multa.
La Massoneria, per rendere onore a questi esseri innominabili e per rendere d’imperitura memoria il loro operato, fece coniare clandestinamente sei sole medaglie in argento di grande dimensione, aventi da una parte la scritta: AI ROMANI | CHE | GIUDICARONO IL PAPATO |LA SERA DEL 13 LUGLIO | MDCCCLXXXI – e dall’altra il nome di ciascuno de’ condannati ed all’ingiro la iscrizione IMMORTALE ODIVM ET NVNQVAM SANABILE VVLNVS, verso di Virgilio […].
Di queste sei medaglie che vennero distribuite a ciascuno dei sei condannati in premio della loro opera, e che si rendono rarissime per il loro ristrettissimo numero, Io, Alessandro Ceccarini, Impiegato a’ Musei Pontificii, ho potuto avere quella di proprietà dello Scatizzi, che se ne disfece.
Non pochi amatori, desiderosissimi di avere la sunnominata medaglia e fra questi il Principe Sergio di Russia, fecero varie pratiche presso di me, ma io, desiderando che questa medaglia sia vera memoria e documento inconfutabile de’ fatti avvenuti, con vivo sentimento di soddisfazione e di devozione, la offro alla Santità di Leone XIII e ne faccio dono per la collezione storica della epoca moderna…”.
Se con questo dono al pontefice il Ceccarini, probabilmente un semplice impiegato, oltre a compiere un nobile gesto in favore della verità storica, cercasse magari di ottenere anche una promozione?
Ebbene, il modo in cui ne ingigantisce – non troppo larvatamente – il valore, sottolineando che si trattava di una medaglia – sebbene in bronzo, di mm 49 di diametro – davvero rarissima, agognata addirittura da un principe della lontana Russia, lo potrebbe far pensare. Ma solo ai maligni potrebbe venire in mente una cosa del genere…
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