La vicenda di “Mafia capitale” porta alla ribalta una domanda: come si combatte la corruzione?
Redazione
Sull’inchiesta “Mafia capitale” sono già tutti saltati subito alle conclusioni. Le prove sono schiaccianti, è tutto un magna magna, hanno già tutti confessato, no? Lasciateci essere prudenti. Abbiamo già visto altre storie simili finire nel nulla. Non è questo il caso? Vedremo. Per noi vale sempre la presunzione di innocenza. Conosciamo solo la versione dell’accusa e conosciamo il mondo dei media che ha sempre bisogno di nuovi “casi” su cui scaldare gli animi dei lettori.
Di sicuro, però, la vicenda riaccende la luce su una questione mai davvero affrontata in Italia: come si combatte la corruzione? Lo fa, con un brillante articolo sul Foglio, Carlo Stagnaro che scrive: «In Italia la corruzione, a vari livelli, è un fenomeno endemico. Lanciare grida moraliste di stupore non è una soluzione ma solo la ricetta di don Raffaè: quella per cui lo stato “si costerna s’indigna s’impegna poi getta la spugna con gran dignità”. Bisogna rimuoverne le cause strutturali».
PIU’ MERCATO, MENO BUROCRAZIA. Scrive Stagnaro riprendendo un paper di Paolo Mauro per il Fondo monetario internazionale, «il brodo di coltura della corruzione è dato dall’ampiezza dell’interventismo pubblico e dalla sua discrezionalità. La corruzione cresce con l’iper-regolamentazione, l’erogazione di sussidi e l’opacità delle scelte e dei processi decisionali. Di conseguenza, scrive Mauro, “la liberalizzazione, la stabilizzazione, la deregolamentazione e la privatizzazione possono ridurre significativamente le opportunità di corruzione”».
In altre parole, la corruzione si batte con più concorrenza e meno invadenza dello Stato. Più mercato e meno burocrazia, insomma. «I migliori alleati di corrotti e corruttori – scrive Stagnaro – sono l’interventismo pubblico, le lungaggini giudiziarie e le rigidità burocratiche. I loro nemici sono invece le riforme che obbligano lo stato a fare poche cose e farle bene. Non sorprende dunque che i fatti di cui si parla anche in questi giorni riguardino appalti o imprese pubbliche. La presenza dello stato nell’economia è il cortile di casa della cattiva politica».
PIU’ CONTROLLI? No, ma servono più controlli, direte voi. Già. Vi ricordiamo che oggi in Italia esiste l’Avcp (Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture); l’Anac (Autorità Nazionale AntiCorruzione e per la valutazione e la trasparenza delle amministrazioni pubbliche); la Commissione Anticorruzione presso il ministero della Funzione pubblica; i vari uffici regionali che si occupano nello specifico di combattere la corruzione a livello locale; l’Antimafia; la Corte dei Conti. Eppure “il malaffare dilaga”, come scrivono i giornali, che cercano di curare il tumore della corruzione col cerotto dell’indignazione.