La condanna dei regimi rossi non viene tradotta
Intervista di Andrea Morigi
a Giovanni Cantoni
Ma quel «communistarum» diventa ” taluni regimi”, ” plusieurs régimes”, ” several regimes” e “certos regimes” rispettivaniente nelle versioni italiana, francese, inglese e portoghese.
Nessuno nota la differenza, finché Giovanni Cantoni, presidente di Alleanza Cattolica e direttore della rivista “Cristianità” lancia l’allarme: «L’errore è impossibile», spiega dopo la lettura sinottica. Quindi, il gesto «si presenta chiaramente come una manipolazione e diventa superfluo ogni commento».
Invece un commento glielo chiedo. Hanno fatto un favore a qualcuno? Non sarà mica un tentativo di ostpolitik in ritardo di 30-40 anni?
«No, mi sembra più un gesto di un nostalgico. Un colpo di coda che gli è riuscito bene e ha posto le premesse per la descrizione di una vulgata che concentrasse tutta l’attenzione su un Papa sofferente. Il che è vero: ultimamente soffriva. Non c’è dubbio. Ma si è ingigantito questo aspetto occultando il profilo degli altri gesti compiuti dal Pontefice nella vita della Chiesa e in quella politico sociale».
Cosa sarebbe accaduto se avessero tolto la parola nazismo? Anche nel resto della versione italiana non compare con precisione il riferimento al “nazionalsocialismo”, chiamato sbrigativamente “nazismo”. Sarà mica un’idiosincrasia verso l’ideologia di Marx?
«Nazionalsocialismo è il termine giusto, ma ormai “nazismo” è entrato nell’uso. Non si può dire che c’è malizia in questo caso. Nel caso del comunismo invece è una furbata. Il testo latino parla di una responsabilità «nella caduta del regime comunista di certi luoghi». Non si dice della caduta del comunismo, perché in Cina c’è ancora. Ma forse hanno giocato sull’ignoranza e sul fatto che “il latino chi mai lo andrà a leggere?”. Anche se era chiaro che prima o poi qualcuno se ne sarebbe accorto».
Un complotto che coinvolge anche le altre traduzioni?
«Molto probabilmente le altre sono state condotte sull’italiano, che è ormai divenuto lingua franca della Chiesa. Il risultato però è una forma sciatta e insoddisfacente. In questo caso l’incarico sarà stato affidato a personaggi che con il latino hanno qualche rapporto professionale. E gli sarà stato detto di comporre un testo di quel tenore».
Il mandante?
«Per esempio potrebbe essere una traduzione in latino da qualche appunto in polacco».
Quindi c’entra il segretario del Papa, mons. Stanislao Dziwisz?
«Non sono in grado di ricostruire tutte le ipotesi. Ma ho il sospetto che ci sia stato un canovaccio. Malizia delle malizie: mancano anche sul sito Internet del Vaticano le traduzioni polacca, tedesca e spagnola».
Perché, secondo lei?
«Hanno ritenuto bene di purgare il testo da termini “traumatici”. Ma hanno evitato il confronto con i polacchi, che non avrebbero gradito l’omissione, coni tedeschi per non avere a che fare con il cardinale Ratzinger e, magari, con gli ispanofoni perché sono la parte preponderante della Chiesa. Sembra una classica procedura da disinformazione. In questo caso si è sfruttata la complessità della costruzione della frase latina, lasciandone indietro la metà»
E ora?
«Occorrerà far presente che non ha torto chi ripete – e viene accusato di fanatismo – che ci sono i comunisti. Certo non è l’Armata Rossa, ma ci sono degli amici dei nostalgici anche in ambiente ecclesiastico. Si deve accendere una spia rossa».
Il Rogito descrive anche Giovanni Paolo II come «custode del deposito della fede», che «si è adoperato «a contrastare durante tutto il suo Pontificato tendenze contrarie alla genuina tradizione dellaChiesa». Ma quelle tendenze, evidentemente, non le ha potute cancellare. Spetterà al suo successore?
«Si può dire che nel Rogito è stato fatto l’inventario delle linee di forza del Pontificato. Non si poteva dire che aveva sconfitto tutte le ideologie. Sarebbe stato come dire che ha realizzato il Regno di Dio in terra. Realisticamente, ha fatto quello che ha ritenuto più urgente e quanto gli è stato possibile con lo strumento amministrativo che aveva a disposizione».