Il segretario della congregazione del culto divino: «Troppi preti e vescovi introducono novità che sminuiscono la liturgia»
di Andrea Tornelli
La situazione della liturgia in qualche paese «è diventata o sta diventando drammatica» e scompare «ogni senso del sacro».
Sono dichiarazioni importanti quelle che monsignor Malcolm Ranjith, segretario della Congregazione del culto divino, il «ministero» vaticano della liturgia, ha rilasciato nei giorni scorsi a Roma durante la presentazione del libro di padre Uwe Michael Lang «Rivolti al Signore. L’orientamento nella preghiera liturgica» (edizioni Cantagalli).
A fare da relatore alla presentazione Don Nicola Bux. Il libro, uscito tre anni fa e ora tradotto in italiano, porta la prefazione dell’allora cardinale Ratzinger e approfondisce il tema dell’orientamento della preghiera e della celebrazione liturgica spiegando perché fino a prima del Concilio il prete diceva Messa dando le spalle al popolo: in realtà sia il sacerdote che il popolo stavano rivolti, tutti insieme, verso oriente cioè verso Dio.
Lang, nel suo libro, non propone drastici ritorni al passato, ma auspica che almeno nel momento della consacrazione il sacerdote si volga insieme ai fedeli verso oriente, come accadeva prima del Vaticano II.
Una possibilità che già esiste: il Concilio non ha affatto toccato il tema dell’altare e della posizione del sacerdote e non ci sono regole che vietino di celebrare come si faceva un tempo. Nel suo intervento l’arcivescovo Ranjith ha detto che il volume di padre Lang «dimostra come la direzione della preghiera liturgica nelle riforme post conciliari non riflette la prassi precedente, cosa che ci sorprende» e ha auspicato – come del resto scrive lo stesso Ratzinger nella prefazione – che esso serva di «stimolo verso un ulteriore miglioramento della prassi liturgica attuale».
E rispondendo a una domanda ha anche escluso che su questa materia dell’orientamento dell’altare sia in preparazione un documento vaticano.ù Ma la parte più interessante della relazione del segretario del Culto divino, amico di Benedetto XVI e da lui nominato da pochi mesi, è stata quella riguardante lo stato della liturgia nella Chiesa.
«Purtroppo – ha detto – per ragioni varie, qualche volta anche con buone intenzioni, si notano sacerdoti e anche vescovi che introducono ogni sorta di sperimentazione o cambiamento ad hoc facendo diminuire il senso del sacro».
«La tentazione di diventare protagonisti in prima linea dei misteri divini – ha aggiunto – e di cercare di controllare anche l’agire del Signore è forte in una cultura che divinizza l’uomo. In qualche paese la situazione è diventata o sta diventando veramente drammatica. Spesso sparisce ogni senso del sacro in quelle cosiddette liturgie».
«Non è abbassando il senso del divino al livello umano – ha detto ancora l’arcivescovo – ma cercando di alzarsi ai livelli soprannaturali che noi riusciremo ad attingere in qualche modo ai misteri divini. La liturgia, dunque, non è ciò che l’uomo determina ma ciò che il Signore fa nascere in lui – un atteggiamento di adorazione verso il suo creatore e Signore liberandolo dalle sue schiavitù. Se questa perde la sua dimensione mistica e celeste, che cosa aiuterà l’uomo a liberarsi dal fango dell’egoismo e della schiavitù?».
Ranjith ha dunque invitato a non abbassare «le realtà divine al livello umano, cercando di rendere il Signore palpabile e regolabile dal pensiero o da atti di culto resi comprensibili solo all’uomo».