Massimo Introvigne
La discussione sulla laicità in Italia potrebbe apprendere qualcosa dal dibattito in corso in Francia intorno al centenario della legge fondamentale sulla laïcité, che risale al 1905 e che anche alcuni politici come Nicolas Sarkozy considerano ormai anacronistica. Ne ricaverebbe almeno due spunti.
Anzitutto, come ricorda lo storico Émile Poulat, laicismo e separazione della Chiesa dallo Stato sono cose diverse. La separazione c’è anche negli Stati Uniti dove non solo non regna il laicismo, ma la religione impregna tutte le istituzioni.
Gli Stati Uniti, terra di rifugio per dissidenti religiosi perseguitati da Stati confessionali intolleranti degli eretici, inventano la separazione per proteggere le religioni dallo Stato. La Rivoluzione francese copia dall’America alcune formule, ma ne rovescia il significato, volendo invece proteggere lo Stato da ogni possibile influenza delle religioni.
Senonché, come sottolinea la sociologa Danièle Hervieu-Léger, la separazione alla francese, cioè il laicismo, è sempre stata da un certo punto di vista “fittizia”. I rivoluzionari del 1793 e i legislatori del 1905 non volevano per davvero separare lo Stato dalla religione; volevano – secondo un vecchio sogno “gallicano” che era già stato di qualche re di Francia – sottoporre la religione al controllo dello Stato. Una mia vecchissima zia suora, che ho conosciuto da ragazzino quando aveva quasi cento anni, era stata espulsa dalla Francia dopo la soppressione delle congregazioni religiose all’inizio del XX secolo.
Mi raccontava un aneddoto – se non vero, come si dice, bene inventato – secondo il quale a un primo ministro che si preoccupava del successo dei treni di pellegrini diretti a Lourdes un prefetto di polizia che voleva fare sfoggio di latinorum rispondeva: “Non si preoccupi, signor Presidente. Omne trinum est perfectum, in ogni treno viaggia un prefetto”. E così, idealmente, funzionava il sistema: dietro ogni vescovo un prefetto, dietro ogni parroco un capo della gendarmeria.
Lo stesso quadro di fondo ispirava il laicismo turco di Kemal Atatürk, grande ammiratore della Francia che però non mirava a separare islam e Stato (cosa ultimamente impossibile) ma a instaurare un controllo minuzioso dello Stato su tutte le espressioni dell’islam. L’Atatürk non voleva che gli imam stessero zitti, ma che facessero propaganda al suo governo. Lo stesso, a ben vedere, chiedono i laicisti alla Chirac o alla Scalfari.
Si finge di volere che la Chiesa stia zitta, ma in realtà si vuole che canti la stessa canzone dei poteri dominanti. Se critica la guerra in Iraq o parla della fame nel mondo la si loda perché fa il suo mestiere. Se parla male dei Pacs, dei matrimoni omosessuali o di Zapatero, si grida che la laicità è in pericolo. I veri laici lasciano che i leader religiosi parlino secondo scienza e coscienza. I laicisti, che sono laici fasulli, sognano invece di dettare loro i discorsi ai capi delle religioni.