L’Occidentale 23 Febbraio 2017
di Daniela Coli
Le grandi immigrazioni non sono una minaccia solo per gli europei in crisi demografica, ma anche per i migranti, come si usa chiamarli, quasi fossero animali, perché la globalizzazione mira a sradicarli dai continenti dove vivono, farne dei nomadi da usare e gettare, forse da rimpiazzare alla fine con robot, come dichiara il filosofo Cacciari, sicuro, come un sessantottino seguace di Marcuse, che i robot ci “libereranno” dal lavoro e potremo dedicarci ad attività più piacevoli.
Non solo i bianchi rischiano l’estinzione, ma anche gli altri popoli. I bianchi temono l’immigrazione, perché con la pillola, l’aborto, lo sfaldamento della famiglia, le nascite sono diminuite a tal punto da rendere l’Europa un continente di vecchi. John Holdren, consigliere di Bill Clinton e di Obama, nel 1977, in Ecoscience. Population, Resources, Environment propose addirittura la sterilizzazione forzata di massa per salvare il pianeta. Ma l’idea che la denatalità favorisca lo sviluppo economico è smentita dall’India in pieno boom demografico e ascesa economica, tanto da superare quest’anno il Pil della Gran Bretagna.
Il ricorso all’Africa come terra da cui importare schiavi è antica, la globalizzazione col land grabbing, l’acquisto di terreni agricoli africani da parte di aziende cinesi, ma anche di molte università americane, come Harvard, attraverso fondi speculativi gestiti da ex funzionari di JP Morgan e Goldman Sachs, è responsabile dell’espulsione dei giovani dall’Africa. Per Paul Collier, autore di Exodus. I tabù dell’immigrazione, uscito di recente in Italia, rubare all’Africa i giovani significa sottrarre la maggiore ricchezza alle famiglie e agli anziani del continente nero, oggetto di speculazioni di ogni tipo da parte di gruppi economici tanto da far parlare il Sole 24 Ore di neocolonialismo.
L’ideologia di Hillary Clinton, amica del finanziere Soros e dei Goldman Sachs, è cinica: mira a espellere i popoli dai loro continenti e ridurli a schiavi della globalizzazione della finanza e del lavoro. Un superomismo travestito da buonismo che piace alle lobby globaliste. Ma rompendo con la tradizione di esportare la democrazia e opponendosi alla globalizzazione, Donald Trump si batte proprio contro tentativo di distruggere i popoli e le nazioni.
Per questo Trump sostiene Brexit e il desiderio delle nazioni a riavere indietro i loro paesi. Certo, questo non piace all’internazionale della globalizzazione, perché la “ talpa”, come la chiamano i devoti del Marx globalista ben descritto da Eco ne La filosofia e le sue storie, è ancora all’opera.