Ricognizioni 18 Gennaio 2022
Antonio de Felip
Partiamo dai dati. Nell’anno 2021 sono stati 67.040 i clandestini sbarcati in Italia, secondo i dati ufficiali del Ministero degli Interni. Ma è un dato largamente inaffidabile per difetto. Innanzi tutto perché conta solo gli sbarchi ufficialmente registrati e non la miriade di micro-sbarchi “fantasma”. Poi non considera gli ingressi dalla frontiera con la Slovenia, un ramo del fiume della “rotta balcanica”, mai realmente fermata dalla Turchia, nonostante i miliardi versati.
Non si è distanti dal vero se si ipotizzano, per il 2021, circa 100.000 ingressi illegali: una cifra pari agli abitanti di una media città italiana, come Novara, Udine o Ancona.
Gli sbarchi (sempre quelli “ufficiali”) erano stati 34.154 nel 2020 e 11.471 nel 2019, quando al Viminale c’era ancora Salvini.
In sostanza questi numeri dimostrano che il numero dei clandestini entrati in Italia è in costante crescita e non si vedono segnali di inversione.
Secondo alcuni, è anche colpa dell’Europa non “fa il suo dovere” nel prenderseli e ridistribuirli. Ma perché altri stati europei dovrebbero farsi carico dei clandestini introdottisi nel nostro paese per la colpevole inerzia delle nostre autorità, sfidando le loro opinioni pubbliche che sono fortemente contrarie?
Che ci sia una relazione diretta tra immigrazione e delinquenza è un dato di fatto intuitivo che però viene tenacemente ignorato dalla propaganda immigrazionista.
Bastano pochi numeri, partendo da un significativo dato sintetico: un reato su tre in Italia è commesso da uno straniero.Nel 2021 (dati del Viminale aggiornati a ottobre) il 59% dei furti con destrezza, il 54% dei furti in esercizi commerciali, il 52% delle rapine, il 36% dei reati di droga, il 39% delle violenze sessuali sono stati commessi da persone di origine straniera che risultano avere una propensione a questo ultimo tipo di violenza 7 volte maggiore rispetto ai maschi italiani, pur considerati tutti potenziali “femminicidi” dalle femministe nostrane.
Le violenze contro donne isolate avvenute a Capodanno in Piazza Duomo a Milano e commesse, secondo molte testimonianze, da magrebini (come a Colonia qualche anno fa), particolare spesso sottaciuto dai media mainstream, lo dimostrano.
Avete notato come da tempo gli immigrazionisti non usano più i frusti argomenti in voga fino a qualche anno fa? Non sentiamo più dire, o lo sentiamo dire molto meno, che gli immigrati sono “risorse”, perché “fanno i lavori che gli italiani non vogliono più fare”?
Infatti sono sottopagati, sfruttati, alterano al ribasso e inquinano il mercato del lavoro: è proprio per questo che sono stati spinti qui. La menzognera frase “ci pagheranno le pensioni” è stata smentita dai fatti, oltre che da semplici statistiche immediatamente intuibili.
L’ONU, non da oggi, sostiene l’immigrazione come perversa soluzione al declino demografico europeo. Siccome non facciamo più figli, dobbiamo essere invasi da orde di africani. Un rapporto dell’ONU dell’ormai lontano 2001, sulla base di non meglio precisati “modelli matematici” aveva calcolato che, solo per l’Italia, dovremmo far entrare tra i 35 milioni e i 119 milioni di immigrati entro il 2050.
Milioni di persone non integrabili, prive di competenze per lavori minimamente qualificati, adatti solo a alimentare quel “proletariato di riserva” che fa tanto comodo al super-capitalismo, ma che affossano lo stato sociale.
La stragrande maggioranza delle opinioni pubbliche europee sono contrarissime all’immigrazione. Solo che non può gridarlo nelle piazze, perché è vietato dalla dittatura della retorica immigrazionista.
A favore di una immigrazione incontrollata sono solo i partiti di sinistra (ma non tutti i loro elettori) fiancheggiati da gruppi di violenti attivisti antirazzisti-antifascisti e una minoranza di cattolici progressisti, intossicati dai fumi funesti del bergoglismo e della retorica malsana della cosiddetta “accoglienza”.
Poi, a dirigere la canea suicida favorevole alla Grande Sostituzione, ci sono i potenti ricchi della gauche caviar arroccati nei quartieri dove le persone di colore che si vedono in giro sono solo quelle di servizio. Le élite. Ma sono le élite che governano l’economia, che posseggono i giornali, che dirigono i media televisivi, che dominano le scuole, le università, le case editrici, che si arrogano l’esclusivo diritto di parola.
L’immigrazione non è un fenomeno spontaneo. Le statistiche dimostrano che solo una minima parte dei clandestini sono veri profughi. Gli altri sono presunti “migranti economici”, attirati in una rete di trafficanti di uomini, abbagliati da visioni di facile benessere.
Altri vengono attratti dalla generosità dei sistemi di welfare dei paesi europei: è parassitismo sociale. Non mancano molti che sanno che in paesi come l’Italia è più facile delinquere per il lassismo delle leggi e della magistratura.
Infine vi sono anche infiltrati del terrorismo islamico, come recenti attentati in Francia hanno dimostrato: gli attentatori erano sbarcati in Italia.
La politologa Kelly M. Greenhill, già consulente del Pentagono ha coniato, per l’invasione in corso, la definizione di “immigrazioni coercitive ingegnerizzate”.
Che siano le forze del mondialismo, della superfinanza, delle multinazionali a volere l’immigrazione distruttrice dei popoli lo dimostrano i giganteschi flussi di denaro dalle mega-fondazioni come la Open Society di Soros, della Ford Foundation e di molte altre verso tutti gli attori dell’immigrazionismo.
Nel biennio 2017-2018, ad esempio, la Open Society ha distribuito, solo in Italia, più di otto milioni di dollari, una gran parte dei quali a Onlus e Ong impegnate nel favoreggiamento dell’immigrazione. Ma lo dimostra anche un evidente interesse di queste forze verso un’umanità meticcia e indifferenziata, unificata nei consumi e nei costumi.
Puntualizzava Ida Magli che lo scopo del mondialismo è il mescolamento dei popoli, delle strutture sociali e delle religioni per giungere così al governo mondiale: “Un programma di distruzione della civiltà europea per mezzo dell’invasione di popoli totalmente diversi: africani e mediorientali.”
Anche Alain de Benoist ha correttamente individuato gli obiettivi del mondialismo: “l’omogeneizzazione, l’equivalenza universale attraverso il denaro, la sostituibilità e l’intercambiabilità generalizzate degli uomini e delle cose.”
Scrivono Enrica Perucchetti e Gianluca Marletta, autori di saggi sul tema del mondialismo: “Quindi, tradizioni, radici, identità, identità sessuali, valori tradizionali, culture e confini nazionali, devono essere aboliti in nome di un popolo apolide e unisex”.
Nel profondo di questa ideologia livellatrice non è forse impossibile intravvedere un torbido pensiero, consapevole o inconsapevole, a tinte gnostiche: un antimetafisico odio per la realtà e la libertà delle creature, un desiderio oscuro di manipolare l’umanità, di contorcerla e distorcerla in nome di una pulsione di dominio.
Un sentimento simile a quello dell’ecologia profonda: infatti i Verdi sono accaniti sostenitori dell’invasione. Anche per questo stupisce, inquieta e addolora non poco la posizione di papa Francesco sull’immigrazione.
E sorprende anche l’insistenza e la frequenza dei suoi appelli per “accogliere”. ù
La propaganda immigrazionista di Bergoglio è una molestia continua nei confronti dei fedeli, insistita, fastidiosa, ripetuta, petulante. Talvolta è offensivo, quando come indica come “peccatori” coloro che si oppongono all’invasione della propria terra: “Vi invito tutti a pregare perché le persone e le istituzioni che respingono questi nostri fratelli chiedano perdono”.
È giunto al punto di alterare le venerande Litanie Lauretane con una nuova definizione di Nostra Signora: Solacium Migrantium, conforto dei migranti.
Eppure, la difesa dell’immigrazione indiscriminata non è prevista dalla dottrina cattolica. Persino il Catechismo postconciliare prescrive un’accoglienza “nella misura del possibile” e che le autorità politiche possano “subordinare l’immigrazione a diverse condizioni giuridiche.”ù
L’articolo in questione del Catechismo, il 2241, si chiude con una frase che dovrebbe far riflettere: “L’immigrato è tenuto a rispettare con riconoscenza il patrimonio materiale e spirituale del paese che lo ospita, ad obbedire alle sue leggi, a contribuire ai suoi oneri.”
Non ci sembra che sia quello che sta avvenendo.
Numerose e autorevolissime sono le prese di posizione di cattolici che non condividono la zuccherosa retorica immigrazionista: risuonano ancora le parole del cardinal Biffi, secondo il quale “non esiste un diritto di invasione, né un dovere di aprire indiscriminatamente le proprie frontiere.”
Il Cardinal Robert Sarah, africano, ha lanciato un avvertimento assai duro: “Voi siete invasi da altre culture, da altri popoli, che stanno progressivamente per dominarvi coi numeri e cambiare totalmente la vostra cultura, le vostre convinzioni, i vostri valori.”
Spesso viene strumentalmente invocato e strumentalmente usato come una clava morale il Vangelo di Matteo: “ero straniero e mi avete accolto”. Ma l’Evangelista dice “ero straniero”, singolare, e non “eravamo centinaia di migliaia di stranieri.”
Nel 2017 un intellettuale cattolico francese, Henri de Saint-Bon scrisse una Lettera aperta a papa Francesco sul tema dell’immigrazione, dove, riferendosi al dovere della carità, così si esprimeva: “Essa è dovuta, mi pare, allo straniero di passaggio o temporaneo. Ma non sapevo che consistesse nel dar da mangiare in modo duraturo a colui che irrompe a casa vostra e che v’impone le sue leggi.”
E non è mancanza di carità non considerare i problemi causati agli italiani dalla criminalità allogena? Gli assassinii, le rapine, i furti, gli abusi sessuali non vengo considerati da questi sostenitori di una carità che guarda solo lontano e non il pianerottolo di casa?
Proprio la virtù della carità dovrebbe spingerci a combattere l’invasione: se amiamo qualcuno tenderemmo a proteggerlo. Poi San Tommaso ci ricorda che esiste un ordine della carità per cui è giusto anteporre l’amore per i “vicini”, per i familiari, i connazionali e i nostri fratelli in Cristo, all’amore verso gli altri più “lontani”.
Sul tema dell’invasione si è purtroppo avviato un processo inversione dei valori, di ciò che è bene e di ciò che è male. I partiti di sinistra, i media mainstream (cioè quasi tutti), gli opinion leader, persino, come abbiamo visto, la Chiesa vogliono subdolamente insinuare nell’opinione pubblica – se non di fatto imporre con censure e norme liberticide – una santificazione dell’immigrazione e di chi la favorisce.
Non importa che l’entrare in massa e senza permesso in casa altrui e il favorirlo siano oggettivamente e moralmente crimini, al di là delle valutazioni meramente penali.
Se le navi delle ONG violano le acque territoriali libiche, si accordano con i trafficanti per appuntamenti a poche miglia dalla costa, imbarcano migliaia di clandestini e li trasbordano sulle nostre coste o speronano le motovedette della Guardia di Finanza, non si possono criticare perché “loro” sono i “buoni”.
Secondo i difensori dell’invasione Mimmo Lucano, sindaco di Riace, condannato a 13 anni in primo grado per aver trasformato la cosiddetta accoglienza in un business illegale, è stato trattato ingiustamente. Non è un criminale, ma un eroe.
Gianandrea Gaiani, uno dei migliori analisti di strategia e di geopolitica, così scrive: “Non era mai accaduto che un fenomeno criminale godesse di un così vasto supporto internazionale da parte di governi, partiti politici, organizzazioni civili/religiose e movimenti di opinione, così come nella storia non era mai accaduto che uno Stato o un gruppo di Stati rinunciassero a esercitare il controllo dei propri confini”.
La citazione è tratta dalla prefazione di Inferno Spa, un documentato atto d’accusa contro il mondo dell’immigrazionismo, dei suoi complici, sodali e finanziatori, scritto da una coraggiosa ricercatrice indipendente, Francesca Totolo, un libro che rappresenta un raro esempio di vero “giornalismo d’inchiesta” fatto da destra.
Nel testo, di particolare importanza sono le rivelazioni sulle Ong che, secondo la vulgata immigrazionista, “salvano le persone in mare”.
A questo testo di Totolo è utile affiancare la lettura di Misteri del Mediterraneo. Il libro inchiesta sulle ONG, di Massimo Polledri, con una sapida prefazione di Vittorio Feltri.
Sono molte le domande riguardo alle Ong immigrazioniste, piccole, grandi o vere multinazionali che operano Europa. Dispongono addirittura di un call center, Alarm Phone, a disposizione degli scafisti e dei clandestini per concordare i “soccorsi in mare”. I bilanci di queste Ong sono spesso opachi.
Queste organizzazioni, santificate dall’imperante regime comunicativo immigrazionista, sono veramente benemeriti sodalizi umanitari dediti a salvare i “profughi”? Chi sono veramente? Chi le paga, considerato che il costo per l’acquisto, o l’affitto, di una nave non è quello di un’utilitaria e che ogni giorno in mare costa decine di migliaia di euro per carburante, paghe dell’equipaggio, manutenzione, diritti portuali e così via? Chi sono i “volontari” che consentono le attività? Qual è il rapporto tra queste Ong e gli scafisti? E, infine, qual è il rapporto tra queste Ong e George Soros?
Prendiamo, ad esempio, la “storica” MOAS (Migrant Offshore Aid Station), la prima a intraprendere l’attività piratesca di trasbordo dalle coste libiche ai porti italiani: è stata fondata da due coniugi maltesi, Christopher e Regina Catrambone che, ci informa il libro della Totolo, hanno acquistato la prima nave “salva migranti” grazie a una donazione di Avaaz, associazione della galassia Soros.
Alla prima nave se ne sono aggiunte altre e persino un aereo per il pattugliamento navale. Anche Emergency ha versato al MOAS centinaia di migliaia di euro, prima che le due Ong litigassero per banali motivi finanziari
La Sea Watch è un’altra Ong dedita alla “pirateria umanitaria”: opera con una flotta che comprende anche due aerei. La guardia costiera libica ha più volte documentato incursioni nelle acque di sua competenza.
Fondata da due ricchi signori tedeschi, con sostanziosi contributi della chiesa evangelica tedesca, Sea Watch è anche ricordata per le imprese di Carola Rackete, che forzò il porto di Lampedusa e tentò di speronare una motovedetta della Guardia di Finanza. La magistratura italiana l’assolse.
Fondata nel 2015, la franco-italo-tedesca Sos Mediteranee opera con grosse navi, come la Aquarius, già della marina tedesca, e la Ocean Viking.
Tra i fondatori, degna di nota è la Cospe Onlus, un’associazione per la cooperazione internazionale e immigrazionista che Francesca Totolo, nel suo libro, ci informa essere “finanziata anch’essa dalla Open Society di Soros”. La Cospe organizza, oltre al resto, “corsi di formazione di giornalisti” sostanzialmente per “rieducarli” a un linguaggio e a una narrazione favorevole all’invasione e agli invasori.
Ha persino attivato un call center per le presunte vittime del cosiddetto “razzismo”. Da sottolineare come nel 2020 la Cospe abbia ricevuto, come “proventi da enti pubblici”, più di 9 milioni di euro. Cioè soldi nostri.
Anche la Sos Mediterranee pratica continue scorribande delle acque territoriali libiche, con “salvataggi” sottocosta e violazioni costanti degli ordini della guardia costiera.
Un colosso della “charity”, semi-istituzionale per i suoi legami e i finanziamenti (UE, Ministero degli Esteri e dell’Interno, agenzie dell’ONU), è Save the Children che, a dispetto del nome, il mensile cattolico Il Timone ha accusato di sponsorizzare l’aborto. Anche questa associazione si è gettata nel business del trasbordo dei clandestini con la nave Vos Hestia.
Molte sono le ricche associazioni internazionali dedite alla pirateria “umanitaria”: la Sea-Eye, una opaca Ong tedesca (non pubblica bilanci né rapporti di attività): alcuni dei suoi membri sono stati arrestati dalla Guardia costiera libica perché trovati ben all’interno delle acque territoriali.
Riporta Francesca Totolo che a bordo delle sue navi vengono ospitati, ovviamente a pagamento e come in una crociera, “ricchi tedeschi annoiati in cerca di emozioni forti”.
Da segnalare anche la Jugen Rettet, sempre tedesca, i cui membri sono stati indagati dalla Procura di Trapani sulla base di evidenze che “dimostrano inequivocabilmente l’effettuazione di una vera e propria “consegna concordata” di clandestini” tra l’Ong e gli scafisti.
Citiamo anche la spagnola Proactiva Open Arms: suoi membri sono stati più volte indagati dalle Procure siciliane e una delle sue navi sequestrata. Proactiva è stata finanziata dalla Human Right Watch, braccio della Open Society di Soros.
Ancora tedesca è invece la Mission Lifeline, espressione della sinistra radicale, finanziata dal governo basco, dalla chiesa evangelica e anche dalla Chiesa Cattolica tedesca. La nave Lifeline è stata messa sotto sequestro per irregolarità dalle autorità maltesi.
Interessante notare che un colonnello della guardia costiera libica, intervistato dal Daily Mail il 10 giugno 2017, ha rivelato che le Ong pagano le “criminal gangs” dei trafficanti per farsi consegnare i “rifugiati”.
Molto ci sarebbe da dire sull’imponente apparato propagandistico che intossica l’opinione pubblica orientandola in senso immigrazionista, come la già citata Cospe. ù
Come altro esempio, ricordiamo Amnesty International, l’associazione internazionale che promuove campagne a favore dell’invasione. Va ancora citata la campagna sorosiana Welcoming Europe, che ha visto anche l’adesione di Radicali, Acli, Arci, Libera, Magistratura Democratica, Cisl e Caritas.
E’ una galassia potente e ben supportata dai media di cui parla Francesca Totolo nel suo libro in un capitolo provocatoriamente titolato I traditori della Patria.
Talvolta dal piagnucoloso vittimismo di queste Ong emergono notizie interessanti: Medici senza Frontiere lamenta che il suo coinvolgimento nelle attività di “soccorso” è costato alle sue casse, per una “una minore propensione alla donazione” una perdita di introiti da privati per milioni di euro.
Già, i donatori non apprezzano chi favorisce l’invasione.
Ciò nonostante, una loro nave, la GeoBarent, pattuglia il mar Mediterraneo alla ricerca di “migranti da salvare”.
Una delle tante risposte alla domanda “chi paga?” ce la fornisce un recente articolo di Panorama che svela il supporto di Banca Etica, una piccola banca militante fondata da Acli, Arci, Legambiente e Oxfam, al progetto Mare Jonio dell’Ong Mediterranea Saving Humans, con 465 mila euro.
Nella faccenda è coinvolto anche il noto militante di ultrasinistra Luca Casarini. Su Banca Etica ha messo gli occhi, chiedendo informazioni, Banca d’Italia per problemi di conflitti di interessi, di dissidi tra soci e di governance.
Sulle Ong e sui rapporti tra queste e la Marina Militare durante l’Operazione Sophia è raccomandabile il testo di Polledri già citato.
Ricordiamo che la Missione Sophia, chiusa nel 2020, da operazione europea di contrasto all’immigrazione si trasformò in un pull factor, un fattore di attrazione per gli scafisti, ben lieti di far salvare i loro “clienti” dalle navi europee. Sophia ci ha portato 46 mila clandestini al costo di duecento milioni di euro.
Vittorio Feltri, nella prefazione, ben sintetizza alcune evidenze del libro: “Strutture della Marina Militare hanno addestrato gli equipaggi delle Ong. (…) Le Ong erano collegate con gli scafisti e con le navi Sophia. (…) Le Ong non sono pie congregazioni di suore votate alla povertà, ma organizzazioni professionali: per esempio il direttore di Save the Children USA ha uno stipendio annuo di 365.000 dollari”.
Siamo assediati, invasi e il pericolo della Grande Sostituzione dei popoli è reale e attuale: in quartieri di molte città europee, “loro” sono già la maggioranza e dettano legge.
Ci ammonisce Mons. Athanasius Schneider, vescovo cattolico: “L’attuale afflusso di non europei” risponde a un “progetto ideologico volto a far scomparire, col tempo, i cristiani dall’Europa”. Almeno si sappia chi sono coloro che, dentro la cittadella assediata, collaborano con gli invasori che ci vogliono cancellare dalla storia e dalla nostra terra.
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