27 Agosto 2019
Patrizia Fermani
Che il trasferimento perpetuo di africani verso l’Italia risponda ad un piano ideato e finanziato altrove, dopo anni sembra diventato chiaro un po’ a tutti. Tranne ovviamente a chi, per mestiere politico o per ottusità personale, deve difendere eroicamente le allucinazioni umanitarie date in pasto alla emotività del popolo attraverso una concertata rappresentazione mediatica.
Ora accade che alcuni, dopo avere sfatati i tanti miti costruiti intorno al detto fenomeno e denunciato con più decisione l’imbroglio epocale sul quale è stato costruito, si sono concentrati a buon diritto anche nella ricerca dei moventi per cui possa essere stato organizzato e pilotato dall’alto.
Moventi capaci di confermare, chiarendola, la dinamica dei fatti e di individuare le supposte responsabilità. Costoro, però, si sono arenati su quello che, per suggestione culturale, è apparso loro come il movente più ragionevolmente plausibile nel quadro di insieme.
Abbiamo sentito così ripetere a destra e a manca che i Soros e affini, ovvero le famose ong al servizio di più lontani burattinai come di prestigiose cancellerie europee, si danno da fare per convogliare in Italia una quantità illimitata di popolazione africana, con l’obiettivo ultracapitalistico di abbassare sempre più i salari grazie alla immissione illimitata di manodopera a basso costo.
E sono state richiamate in proposito le vicende struggenti di Furore, romanzo epico diventato film leggendario, sullo sfruttamento spregiudicato della concorrenza fra disperati. Ma si tratta di una interpretazione che, cozzando contro la realtà dei fatti e la logica dei numeri, circoscrive il danno e ridimensiona la reale operazione in atto, dalla portata enormemente più vasta e dagli effetti ancora incommensurabili.
Una interpretazione che, senza riuscire a spiegare tutto il quadro di insieme, finisce per portare acqua al mulino di un disegno diabolico al quale può essere dato soltanto un nome, quello di sostituzione razziale. Tale è l’obiettivo di una operazione che possiamo chiamare apocalittica.
Proprio in essa si materializza il delirio di onnipotenza dei burattinai che sperimentano sulle nostre teste alchimie planetarie criminose. Come si spiega questa incredibile e pur diffusa cecità di fronte a una realtà tanto plateale e tanto paradossale? Non abbiamo più occhi per vedere e capire?
Forse dobbiamo richiamarci ancora una volta alla prepotente manipolazione delle coscienze che oscura non solo il pensiero collettivo, ma anche quello degli spiriti più liberi e accorti. Ed ecco il punto cruciale: Nessuno sembra voler parlare della vera e propria sostituzione razziale in atto probabilmente perché la stessa parola razza è stata sapientemente espulsa dal lessico comunemente ammesso, in quanto già elemento chiave di ben noti presupposti ideologici il cui spettro serve come non mai quale deterrente utile per comprimere il pensiero collettivo.
Se una parola diventa impronunciabile, anche la realtà che essa esprime può essere cancellata dalla coscienza comune. Così si è stabilito al tavolino del progresso speculativo, con l’aiuto di filologi di vaglia e di intellettuali all’altezza dei tempi, che le razze non esistono e dunque non esistono le eventuali differenze e incompatibilità, al di là della evidenza, della storia, della scienza e della ragione, o più semplicemente della sanità mentale.
E che, se per avventura vi fossero innocue differenze, possono essere colmate da una convivenza forzata. Come sa anche il gatto che incontra il bassotto. Se le razze non esistono affatto e se riversando masse illimitate di africani in Italia si forma la convivenza naturale tra individui omogenei, allora nessuno può avanzare l’ipotesi che chi allestisce le nuove navi negriere, su un vecchio modello americano, miri ad una sostituzione razziale.
Eppure, al di là della censura terminologica, dovrebbe essere evidente a tutti che l’invasione dall’Africa indotta con mezzi politici e mediatici è un programma criminale di sostituzione razziale che investe l’Europa e che il laboratorio privilegiato per una esemplare sperimentazione è proprio l’Italia, dove una parte cospicua della popolazione, annichilita da una tragica denatalità e da una altrettanto tragica deculturazione indotta da derive ideologiche, politiche e religiose, non sembra presagire gli sconvolgimenti devastanti che l’aspettano.
Per avere questa percezione bisognerebbe avere chiaro che è in atto il tentativo, pretesamente titanico e oggettivamente diabolico, della guerra scatenata contro ogni canone naturale regolatore delle esistenze umane.
L’oltreuomo tecnologico che pretende di calpestare l’ordine naturale delle cose non è semplicemente lo gnomo avido di profitti illimitati in uno spazio di cui intende abbattere ogni confine e ogni ostacolo politico. È colui che, in veste di nuovo demiurgo, intende sovvertire la natura, ovvero l’universo materiale e morale in cui l’uomo e stato immerso ab immemorabili, e imporre anche nuove leggi diversamente naturali.
Nuove leggi che stravolgono ogni identità, sessuale, famigliare, ambientale, culturale, religiosa e infine anche razziale. Quella formatasi ab initio con le grandi distribuzioni delle specie umane per aree geografiche in cui si sono approfonditi caratteri differenziali attraverso processi millenari di adattamento e di interazione.
Ogni stravolgimento forzato di antichi equilibri, ogni cancellazione identitaria pretesa da una inaudita prepotenza e da un folle arbitrio prelude a scenari apocalittici.
Giovanni Paolo II aveva messo in guardia di fronte ai rischi di far convivere forzatamente culture e religioni incompatibili. Lo guidava la ragione e il realismo, ovvero il senso dell’ordine naturale delle cose. Quello al quale per la prima volta nella storia del cattolicesimo ha voltato le spalle ufficialmente e per tabulas una chiesa in piena apostasia avviata ad un suicidio in cui trascina l’annichilito popolo di Dio.
Ma la natura e le leggi naturali non possono essere sovvertire né per legge umana, né per arbitrio politico, né per decisione clericale. Ed è in questa chiave che dobbiamo leggere, per poter approntare una sacrosanta e doverosa difesa, anche il fenomeno “migratorio”, come il tentativo contro natura di imporre una sostituzione razziale.
Ci apparirà chiarissimo come essa si connetta intimamente con l’attentato diabolico alla identità sessuale, alla famiglia, alla nazione, al popolo, alla religione. Cioè ad ogni fattore identitario capace di impedire la creazione di una massa informe e inerte di individui sottomessi, docili di fronte ad ogni sopruso, ad ogni manipolazione, meri esecutori, incapaci di pensiero e di libertà.