Stupri di gruppo, tratta di persone, riduzione in schiavitù, sequestro di persona, violenza sessuale, un mondo disperato che preme sul nostro
Marina Corradi
E nel moltiplicarsi dei casi di questi piccoli feroci branchi imbarbariti pare di vedere l’eco di lontane decadenze, quando nell’Impero stanco cominciavano le incursioni di guerrieri che per prima cosa violentavano le donne, come a stabilire un “diritto” carnale su quel territorio che si preparavano a invadere. O almeno si vede il costo drammatico dell’incrociarsi con culture, o culture distrutte come nel caso di diversi Paesi dell’Est, in cui la donna è cosa, ma cosa in senso proprio: si vende, si compra, si violenta.
Perché mentre siamo sconvolti, giustamente, nello scoprire cosa rischiano le nostre figlie e sorelle, per troppo tempo non ci siamo accorti che anche le ragazze straniere, rumene o albanesi, sui viali delle nostre città hanno quindici anni, e a pochi passi un protettore con la pistola, sicché se una cerca di scappare la si trova all’alba in qualche roggia.
È raro che scappino, perché spesso hanno già al loro Paese un figlio, e vogliono rivederlo. Però se scappano la condanna è quasi certa, occorre dare l’esempio. Non si nota, perché una prostituta morta è una notizia da poche righe sui giornali. I clienti naturalmente sono italiani. Ci si accorge delle cose terribili solo quando toccano noi – è normale.
Ed è di ieri la notizia dell’arresto, a Catanzaro, di una banda di una cinquantina di persone, bulgari e italiani. Le imputazioni? Tratta di persone, riduzione in schiavitù, sequestro di persona, violenza sessuale. Da due anni “importavano” dalla Bulgaria donne, bambini e uomini. Le donne, si può immaginare per cosa fare. Gli uomini erano richiesti come pastori nelle montagne calabresi, con la particolarità che erano venduti come schiavi.
Per un neonato era a buon punto la trattativa con una coppia, sulla base di 10mila euro. In una telefonata si prospettava però l’ipotesi, al momento non accertata, di vendere bambini come donatori di organi. Bulgari e italiani assieme, in una joint venture postmoderna e barbarica, scientificamente organizzata per passare i cancelli di Schengen, probabilmente supportata in Bulgaria da un’adeguata pubblicità, onde convincere la merce a firmare lietamente il contratto.
E poi probabilmente non ci vuole molto. Come in Romania, in Moldavia, basta un nulla, anche meno che una opportunità, per scappare. Scappare da una povertà incarognita e senza futuro, scappare da un orizzonte in cui ogni speranza è stata rasa al suolo. Andarsene, comunque, dovunque, anche a far la fame, con un coltello in tasca. In questo nulla si diventa facilmente oppressi o oppressori; e anche lontano, si tende facilmente a ripetere questo povero paradigma. Lavavetri, baraccati di favele padane, ultimi; oppure, imbestialiti in quel nulla, branco di aguzzini su una ragazza di quindici anni.
C’era una volta il proletariato, ma c’erano anche case popolari, sindacati, e chi immigrava a Milano non andava a vivere sotto l’autostrada. Sarà forse perché non vota che questo Lumpen-Proletariat interessa così poco a tutti? Nei centri di accoglienza i soliti preti, finché non li arrestano, e la sinistra ha altro da fare. Però quel mondo disperato preme sul nostro, e può ferirci alle spalle: con una figlia di quindici anni, in un sabato di sole, a passeggio in un parco.