Abstract: il fattore greco-cattolico nel conflitto russo-ucraino. La terra di Halytchyna, che lungo la storia ha visto lo sviluppo della Chiesa ucraina greco-cattolica, è stata coperta, come diceva l’indimenticabile Metropolita Yosyf Slipyi, “da montagne di cadaveri e fiumi di sangue”». Lo stato russo, sia nell’epoca zarista che in quella sovietica, ha sovente perseguitato questa Chiesa cattolica
3 Marzo 2022
Importanza del fattore greco-cattolico nell’analisi
del conflitto russo-ucraino
Molti fedeli, anche lucidi e ben orientati riguardo alla crisi scatenata dal progressismo neo-modernista nella Chiesa Cattolica, tendono a dimenticare la presenza di un fattore di grande importanza nell’altra grande crisi a cui stiamo assistendo in questi giorni, quella del conflitto russo-ucraino.
Si tratta dei nostri confratelli cattolici che hanno pagato a caro prezzo, con il proprio sangue e una immane sofferenza, la loro fedeltà alla sede di Roma e il loro rifiuto a rientrare nei ranghi di una chiesa asservita alla Stato.
Essi sono stati un modello di amore alla autentica libertà della Chiesa e dovrebbero costituire per noi un faro per orientarci oggi, quando non di rado vediamo claudicare quel senso della libertà della Chiesa davanti ai poteri forti di questo mondo, sia in Occidente che in Oriente.
In questo senso, la Chiesa greco-cattolica ucraina (ma anche le chiese rutene e latine) è stata veramente un paradigma in tempi ancora recenti e non possiamo dimenticarlo.
Giovanni Paolo II lo ricordò nella cerimonia di beatificazione dei 25 martiri greco-cattolici ucraini il 27 giugno 2001: «“Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici” (Gv 15,13).
Questa solenne affermazione di Cristo risuona fra noi, oggi, con particolare eloquenza, mentre proclamiamo Beati alcuni figli di questa gloriosa Chiesa di Leopoli degli Ucraini.
La maggior parte di essi fu uccisa in odio alla fede cristiana. Alcuni subirono il martirio in tempi a noi vicini e, tra i presenti alla Divina Liturgia odierna, non pochi sono coloro che li conobbero personalmente.
Questa terra di Halytchyna, che lungo la storia ha visto lo sviluppo della Chiesa ucraina greco-cattolica, è stata coperta, come diceva l’indimenticabile Metropolita Yosyf Slipyi, “da montagne di cadaveri e fiumi di sangue”».
Lo stato russo, sia nell’epoca zarista che in quella sovietica, ha sovente perseguitato questa Chiesa cattolica unita a Roma, quando non l’ha cancellata formalmente, cercando d’integrarla a forza al Patriarcato ortodosso di Mosca, conosciuto anche come Chiesa Ortodossa Russa.
Questa, da parte sua, rivendica come proprio “territorio canonico” tutto lo spazio ucraino e di altre nazioni vicine. Alcuni teologi cattolici ritengono questa tesi per niente ortodossa e sbagliata in radice, giacché il mandato di evangelizzare tutti i popoli fatto da Nostro Signore ai suoi discepoli è universale e non si può delimitare geograficamente né identificare con realtà politiche temporali.
La Chiesa greco-cattolica emerge ufficialmente nel 1596, quando una parte dell’Ucraina attuale apparteneva al commonwealth lituano-polacco, ma diversi storici greco-cattolici hanno dimostrato che la loro chiesa non interruppe mai in tempi precedenti i rapporti con i vescovi di Roma.
Nel 1945, il segretario generale del Partito Comunista dell’Ucraina, Nikita Krusciov (in seguito, capo di tutta l’Unione Sovietica), determinò l’arresto del clero greco-cattolico, con la falsa accusa di collaborazionismo con il nazismo.
Nel 1946, il governo staliniano, dopo infinite angherie e persecuzioni, dichiarò la Chiesa greco-cattolica fuori legge (situazione in cui rimase fino al 1989), avvalendosi di una strategia diabolica.
Una minoranza dei preti greco-cattolici non resistette alla persecuzione e alle offerte materiali bolsceviche, indicendo un falso Sinodo a Leopoli che decretò il passaggio di tutti i fedeli e persino di tutti gli immobili di questa Chiesa al Patriarcato di Mosca, cosa che il potere sovietico non tardò a mettere in atto in modo brutale.
Molti furono gli ecclesiastici e i fedeli che resistettero e furono uccisi dalla repressione statale sovietica; altri finirono deportati nei campi di lavori forzati in Siberia come il metropolita
L’accusa ricorrente rivolta dal potere comunista ai greco-cattolici dell’epoca era quella di far parte di una chiesa filonazista (nonostante le forti denunce contro il regime hitleriano, soprattutto da parte di due degli esponenti principali della Chiesa Greco-Cattolica nel secolo XX, il metropolita Andrej Sheptytsk e suo fratello l’archimandrita e martire del comunismo, il beato Klementij Sheptytsk) o almeno di guardare troppo all’Occidente, specialmente all’epoca della monarchia asburgica, che di fatto li aveva protetti contro l’avidità cesaropapista di Mosca (va ricordato che la Galizia, ovvero la provincia occidentale dell’Ucraina, faceva parte dell’Impero Austro-Ungarico).
In realtà, il Patriarcato di Mosca ha sempre temuto la capacità di evangelizzazione dei popoli slavi da parte di una Chiesa che, pur unita a Roma, usa la liturgia bizantina che, così amata da quelle genti, esprime ovviamente l’universalità e la ricchezza della Chiesa fondata da Nostro Signore.
Il metropolita Hilarion, l’attuale incaricato degli affari esteri del Patriarcato, nel 2016 protestava contro “le azioni dei greco-cattolici in Ucraina e il proselitismo dei missionari cattolici sul territorio canonico del Patriarcato di Mosca”, aggiungendo poi che “la questione degli uniati (termine spregiativo, usato per indicare questi cattolici di rito ortodosso (sic) ma in comunione col Papa) rimane una “ferita sanguinosa, che ostacola la piena normalizzazione tra le due Chiese” (cattolica e ortodossa di ubbidienza moscovita, ndr)(1).
Infatti, questa Chiesa greco-cattolica era già stata liquidata dallo zar Nicola I nel 1827.
In genere, a causa anche della liturgia bizantina, l’impero zarista non fu tollerante verso i greco-cattolici contrariamente, almeno in certi frangenti temporali, per esempio sotto Caterina la Grande, a quanto fatto con i fedeli cattolici di rito latino.
Anche se nel periodo sovietico entrambi i riti cattolici furono brutalmente perseguitati come dimostra il libro Il Martirio della Chiesa Cattolica in Ucraina del sacerdote Paul Vyshkovskyy, OMI (Edizioni Luci sull’Est, 2006).
La minaccia cesaropapista si è manifestata ancora una volta con forza lo scorso 21 febbraio quando Vladimir Putin ha dichiarato, a ulteriore sostegno del suo diritto all’intervento in Ucraina e senza dare prove concrete, che il governo ucraino attuale lavora per la “distruzione” del patriarcato di Mosca in Ucraina(2).
Probabilmente si riferiva soprattutto a quei cristiani ortodossi che stanno con quella parte della Chiesa ortodossa ucraina riconosciuta dal patriarca di Costantinopoli: come non potrebbe tornare alla mente dei greco-cattolici e dei latino-cattolici quella simbiosi stato-chiesa che tanto male ha loro arrecato?
La supremazia dello stato sulla religione ha dominato la mentalità del mondo scismatico per molti secoli. Di questa mentalità, la realtà moscovita è stata nei secoli una forte espressione.
L’avvocato Antonello de Oto, docente di Diritto Ecclesiastico dell’Università di Bologna, afferma che per Putin “lo ‘scalpo’ ucraino non rappresenta solo una vittoria militare e politica ma anche la definitiva sistemazione di un problema religioso e identitario”(3).
Da parte sua, il ben informato blog The Pillar ha riportato la pronta adesione del Patriarca di Mosca alle parole del presidente russo, una sorta di “giustificazione teologica dell’invasione”. Il patriarca ha infatti riaffermato la tesi di un territorio canonico che comprende “tutte le Russie, Ucraina inclusa”, lasciando chiaro che la sua solidarietà con i cristiani dell’Ucraina “significa l’accettazione dell’autorità di Mosca sulla Chiesa ucraina”.
Il 27 febbraio, due giorni dopo lo scoppio della guerra, il Patriarca Kirill ha dichiarato: “Che il Signore protegga la terra russa! Quando dico ‘russo’, uso un’antica espressione del ‘Racconto degli anni passati’- ‘Da dove viene la terra russa?’, la terra che ora comprende la Russia, e l’Ucraina, e la Bielorussia, e altre tribù e popoli. Che il Signore allora preservi la terra russa dai nemici esterni, dalle discordie interne, affinché l’unità della nostra Chiesa sia rafforzata”(4).
Se infatti anche una parte considerevole della maggioranza ortodossa in Ucraina, guarda con grande timore la simbiosi del Cremlino con il Patriarcato moscovita, come possiamo ignorare noi cattolici l’angoscia che pervade in queste ore i nostri confratelli greco-cattolici di rito bizantino, memori di un così recente martirio?
E questa angoscia non riecheggia forse quel 92.5% di ucraini che votarono per l’indipendenza del loro Paese dalla Russia nel 1991, anch’essi memori della tragica esperienza dei decenni sovietici?
Note
2) Peter Smith, How is Russia-Ukraine war linked to Religion? AP, 27 febbraio 2022.
3) Antonello de Oto, “Il fattore religioso nella lotta russo-ucraina”, Formiche, 28 febbraio 2022.