17 Gennaio 2021
La stragrande maggioranza degli iscritti al Pci rimase disciplinatamente al suo posto, pervadendo progressivamente i gangli vitali della società
di Andrea Rossi
Dall’inizio degli anni ’50 la doppiezza del PCI passò da scelta tattica ad elemento strategico. L’immagine pubblica del partito di Togliatti era quella di un movimento popolare in cui le migliori energie intellettuali e politiche agivano al fine di tutelare gli interessi delle classi più disagiate favorendo il progresso della nazione e contrastando il bigottismo reazionario della Democrazia Cristiana.
Si trattava ovviamente di disinformazione e pura propaganda: il PCI era inserito in modo organico nel sistema dei partiti comunisti che facevano capo all’Unione sovietica, e seguiva precise direttive che arrivavano direttamente dal gruppo dirigente staliniano, almeno fino alla morte del dittatore, avvenuta nel 1953.
Il periodo in cui le redini del partito, a Mosca, passarono a Nikita Kruscev, non presentò particolari discontinuità con il passato e le parole d’ordine rimasero le stesse: i nemici del proletariato erano gli USA (e i loro vassalli italiani) e i protettori della pace e della libertà, paradossalmente, erano i sovietici.
La sanguinosa soppressione della rivolta di Budapest del 1956 aprì gli occhi a molti attivisti e intellettuali, e in diversi si allontanarono dal partito, per non più rientrarvi. In ogni caso furono la punta dell’iceberg del marxismo nel nostro paese. La stragrande maggioranza degli iscritti rimase disciplinatamente al suo posto, pervadendo progressivamente i gangli vitali della società: educazione, sport, cultura, arte, cinema, sindacato, associazionismo, e purtroppo anche parte del mondo cattolico.
Probabilmente nessuno di questi soggetti immaginava la quantità di fondi economici che giungevano dall’URSS a sostegno delle attività del partito comunista in Italia, e come il PCI non avesse mai pensato di smantellare definitivamente la propria struttura clandestina, che rimase in essere fino ai primi anni ‘80.
Nonostante il movimento del “68” fosse assai critico verso il partito, e i fatti di Praga del 1969 ponessero in pessima luce il sistema sovietico, gli anni ’70 e la segreteria di Enrico Berlinguer rappresentarono l’apice del consenso del PCI in Italia.
In un paese in grave crisi economica, e attraversato da terrorismi di opposta matrice, il partito rappresentò le istanze del femminismo e del laicismo radicale, impiegando ogni energia per le battaglie politiche a favore di divorzio e aborto. Meno efficace fu il contrasto delle derive estremiste a sinistra: non si volle capire che le Brigate rosse non erano provocatori fascisti ma elementi dell’album di famiglia del PCI, secondo le parole della giornalista Rossana Rossanda.
Inutile sottolineare come solo la tragedia dell’omicidio di Aldo Moro aprì gli occhi anche agli scettici sulle venature omicide della cultura marxista. Gli anni ’80 segnarono il progressivo declino del partito, le cui tesi apparivano superate dalla realtà di un mondo in cui il modello occidentale era ormai fuori discussione.
l pontificato del santo Giovanni Paolo II segnò il collasso del sistema dittatoriale marxista in tutto l’est europeo e al crollo del muro di Berlino nel 1989. l’Urss collassò 1991, anno dello scioglimento del PCI, che si disperse successivamente in una galassia di sigle, fra le quali ha avuto ruolo dominante il PDS (poi DS e infine PD).
Chiusi i rubinetti finanziari dall’est europeo, esaurita ogni funzione rivoluzionaria, il post marxismo nel nostro paese ha perso molta parte della propria originalità propagandistica, allineandosi alle istanze laiciste degli altri partiti socialisti europei, ma continuando a godere di invidiabili posizioni di prevalenza ideologica in ambiti strategici del paese, come magistratura, scuola e cultura, tuttora condizionate da quel retaggio culturale.
La conoscenza di cosa fu realmente il comunismo, e di quanto abbia contribuito a condizionare la vita del paese, dovrebbe fare riflettere molti di coloro che anche oggi subiscono il fascino di quelle ideologie omicide.
Perché tali furono, senza possibilità di revisione storica.