Il Corriere del Sud n.6 – 21 luglio 2014
di Domenico Bonvegna
Lo sostenevano convintamente qualche anno fa Francesco Borgonovo e Gianluigi Paragone, due giornalisti del quotidiano ‘”Libero”, scrivendo un documentato volume, indicativo già da! titolo: “L’invasione. Come gli stranieri ci stanno conquistando e noi ci arrendiamo”, Aliberti editore( (2009). Inoltre i giornalisti chiosavano provocatoriamente nella stessa copertina: “E’ da razzisti dire che in Italia è in corso un’invasione in piena regola?”
Chiaramente il libro è datato, e quindi i numeri e le percentuali sugli arrivi in Italia di uomini e donne regolari e irregolari, occorre aggiornarli. La situazione e migliorala o peggiorata? La risposta a voi lettori.
Il testo parte dall’emblematica immagine (peraltro pubblicata nella copertina) di Piazza Duomo a Milano del 3 gennaio 2009, quando la piazza è stata occupata interamente da islamici in preghiera. L’immagine rappresenta “// miglior ritratto dell’epoca che stiamo attraversando”, hanno scritto i giornalisti. che lanciavano l’allarme della manifestazione religiosa, non autorizzata. Probabilmente l’evento di piazza Duomo a Milano forse è stata una forzatura, un “errore” delle associazioni islamiche presenti a Milano, che poteva “spaventare” la comunità cristiana, infatti non si e ripetuto.
Tuttavia, la provocazione, certamente legato al fenomeno immigrazione, doveva per certi versi aprirei gli occhi, invece, “non ci siamo accorti di nulla, non abbiamo notalo che attorno a noi qualcosa stava succedendo, che erano in corso fenomeni di enorme portata (...) ” . Per Borgonovo e Paragone, “abbiamo creduto che non ci fosse nulla dì cui preoccuparsi. Che il problema dell’immigrazione si risolvesse da solo o che fosse qualcosa dì non governabile. Del resto, giornalisti e intellettuali liberai (progressisti) ci hanno ripetuto per anni che non c’era nulla di male nell’ accogliere un numero sempre maggiore di stranieri. Che la cultura sopravvive e si rinnova solo quando si trasforma in un meltingpot (…)“.
Intanto le nostre città hanno cambiato il volto, soprattutto le periferie, basta frequentare qualche ipermercato per notare la presenza massiccia di stranieri, che portano conseguenze difficili da sopportare: “non solo la cancellazione di larga parte della nostra cultura, ma anche la crescita della criminalità, degli scippi, dei furti, delle violenze, della prostituzione e – nel peggiore dei casi – il diffondersi del terrorismo internazionale “. Conseguenze che devono affrontare non tanto gli intellettuali, le firme dei giornali, i politici, ma soprattutto i cittadini che ogni giorno e ogni sera, devono camminare per strada o sui mezzi pubblici.
Peraltro diventano vittime anche gli stranieri regolali e onesti (tanti) che devono fare una grande fatica per liberarsi dai pregiudizi che li colpiscono e per condurre un’esistenza normale, trovare un impiego e una casa.
In pratica ci siamo dimenticati dei discorsi, delle profezie sull’immigrazione selvaggia di Oriana Fallaci che chiaramente ci metteva in guardia contro la nostra debolezza, l’arrendevolezza, e il nostro masochismo. Evidentemente non c’è solo l’immigrazione islamica, la più impressionante dal punto di vista dell’immaginario, perché ci colpisce – come avvenuto a New York con le Torri Gemelle, nei nostri punti nevralgici – ci sono anche altri tipi di immigrazione (…)” I Rom e i romeni (che non sono la stessa cosa), maghrebini, africani, slavi, cinesi, sudamericani; ogni immigrazione ha le sue problematiche.
Il libro cita Io stimato sociologo Luca Ricolfì, che non è un bieco reazionario, il professore sostiene che uno straniero è dieci volte più pericoloso di un italiano. Inoltre. Ricolfi, rivolgendosi a quelli che sottovalutano il problema, scrive: “farebbero ancor meglio a rendersi conto che ogni comunità straniera è costituita da due sottopopolazioni distinte: gli onesti attratti dalle opportunità di lavoro, e i criminali attratti dalla debolezza delle nostre istituzioni”. Purtroppo questi due tipi dì sottopopolazione non si possono distinguere ad occhi nudo e pertanto “la diffidenza diventa l’unico atteggiamento razionale”.
Il libro sottolinea questo concetto di Ricolfì. Infatti, “La diffidenza razionale verso lo straniero non si supera con le lezioncine di democrazia, tolleranza e senso civico, ma solo rendendo l’Italia un paradiso per gli stranieri di buona volontà e un inferno per i criminali, stranieri o italiani che siano”. I giornalisti di Libero si congratulano con Ricolfì per la chiarezza e il coraggio delle sue affermazioni che potrebbero essere tacciate di intolleranza, e di razzismo.
Gli autori del libro ci tengono a precisare che loro non vogliono sostenere che “esistono popoli portati a delinquere, gente che ha nel dna i geni della criminalità. Rom, romeni, africani e albanesi non sono ‘razze inferiori’ con propensioni lombrosiane alla malvagità. E non si tratta neppure di teorizzare che le loro culture, i loro usi e costumi non abbiano niente da offrire (…)“. Purtroppo accade però che “accanto alle brave persone arrivino a casa nostra soprattutto criminali che non sono nemmeno rappresentativi delle loro nazioni d’origine, i quali sono adirati dal fatto che in Italia, in qualche modo, si riesce sempre a farla franca. Si riesce a non pagare per i reati, si riesce, a superare la frontiera, si riesce a girare liberamente e a fare quello che si vuole”.
Tuttavia i giornalisti di Libero si rendono conto che forse hanno utilizzato una parola impegnativa con “invasione”, una parola che genera allarme e che potrebbe anche essere interpretata male. Per Paragone e Borgonovo, l’invasione ha due volti, due facce. della stessa medaglia: “la prima è quella culturale, la seconda quella criminale “.
Tra i tanti stranieri che arrivano nel nostro Paese, molti sono malviventi attirali dall’opportunità dì commettere reati e restare impuniti. Poi c’è l’aspetto culturale, anche per quei lavoratori onesti, che magari dopo aver ottenuto la cittadinanza, non facilmente si integrano, appartengono a un’altra civiltà, hanno usi e costumi, abitudini molto lontane dalle nostre, a volte configgono con le nostre leggi. “Non tuffi sono affezionali alla democrazia e ai diritti umani quanto lo siamo noi. Non tutti sono disposti ad accettare, la libera circolazione delle idee (...)“.
Un problema che non dipende dagli immigrati ma che per certi versi li avvantaggia e che gli italiani non fanno più figli, non si sposano, e non fanno famiglia, in pratica, “lasciamo degradare il patrimonio della nostra civiltà “. Qualcuno ha scritto che i vuoti prima o poi si riempiono.
Il libro denuncia il “multiculturalismo senza regole”, ogni comunità straniera, sia essa islamica, cinese, rom, nigeriana, o altro, ha l’obbligo di rispettare certe regole. Altrimenti l’integrazione sparisce. “Che interazione ci può essere in un campo nomadi sconosciuto allo Stato, dove abusive non sono tanto le. catapecchie ma le persone? Che integrazione ci può essere quando le donne non hanno diritto a un matrimonio? (…) Che integrazione ci può essere quando non sì può rompere il vincolo di appartenenza, altrimenti scatta la punizione o la morte?”.
Per alcuni studiosi il multiculturalismo ha fallito, lo si vede con gli immigrati di seconda generazione, “una bomba sociale a scoppio ritardato”. Peraltro secondo risultati di molte ricerche, “hanno da tempo tassi di criminalità più alti non solo di quelli della prima, ma anche di quelli dei coetanei autoctoni”. A questo proposito il libro fa riferimento alla rivolta delle banlieu francesi del 2005, ma anche in altri Paesi. Sono ragazzi nati in territorio europeo, che hanno frequentato scuole europee, vissuto a fianco a fianco con coetanei europei. Però non si sono integrati, e un bel giorno decidono di rifiutare in blocco le leggi del paese che li ospita.
Proprio qualche giorno fa un amico che vive a Londra mi raccontava le forti difficoltà di convivenza e di integrazione delle varie comunità presenti nell’interland londinese.