È morto a Roma il politico cattolico che visse nella Dc al fianco di Enrico Mattei ed è stato incompreso leader dell’associazione dei “partigiani bianchi”.
di Giuseppe Brienza
L’11 giugno è morto a Roma Bartolo Ciccardini, più volte deputato Dc, esponente di spicco della sinistra democristiana, appartenente però a quel gruppo “anomalo” che, fino agli anni Sessanta, ha provato a battersi al fianco di Enrico Mattei (1906-1962) per il recupero della sovranità nazionale, anche energetica, del nostro Paese. Pochi ricordano ad esempio come l’ingegner Mattei, da Commissario straordinario dell’Agip per l’Italia settentrionale, fin dal maggio 1945 curò intensamente ricerche d’idrocarburi nella valle padana, propugnando un esteso intervento dello Stato in questo settore al fine di sottrarre il Paese dalle «Sette Sorelle» del petrolio, fra le quali c’erano allora l’Anglo-Olandese Royal Dutch Shell e l’Anglo-Persian Oil Company poi divenuta British Petroleum.
CON ENRICO MATTEI. Deputato per la Dc dal 1948 al 1953, Mattei era stato comandante di un gruppo di “partigiani bianchi” all’interno dei quali lo stesso giovanissimo Ciccardini militò fin dal 1943. Ciccardini, che era nato Cerreto d’Esi il 30 settembre 1928, è ricordato come un uomo mite, tenace e onesto. Nell’età matura si fece anche difensore delle radici del movimento cattolico italiano facendosi eleggere, nel 2012, a segretario dell’Associazione nazionale partigiani cristiani (Anpc), sodalizio che è stato depositario della memoria di chi combatté la Resistenza su posizioni cattoliche ed anti-comuniste, col fazzoletto azzurro di Enrico Mattei al collo.
Come denunciato da Andrea Rossi, che negli ultimi anni è stato il suo “vice” nell’Anpc, da quando Ciccardini decise di impegnarsi personalmente per sostenere e garantire l’esistenza dell’associazione, fu chiamato a vivere periodi difficili: «Fino al giorno della scomparsa Bartolo ha lottato e protestato per garantire i fondi necessari alla sopravvivenza dell’associazione, i quali sono stati dirottati altrove, in modo arbitrario e immotivato, causandogli immensa amarezza, specie per le improvvide rassicurazioni avute dai diretti interessati del (magro) beneficio. L’eredità che lascia, in una stagione fra le meno liete per il paese e per i cattolici impegnati in politica, è quella della speranza senza cedimenti al disegno della Provvidenza, che ci fa dire, comunque, anche nel momento di maggiore sconforto “in bonum”, tutto concorre al bene, comprese le cose che oggi non capiamo e che ci addolorano».
PRESIDENZIALISMO CATTOLICO. Nelle rievocazioni di questi giorni, naturalmente, non è stato ricordato l’impegno di Ciccardini per la “Repubblica decidente”. Con altri democristiani “decisionisti” come il senatore Luciano Dal Falco, Celso Destefanis, l’onorevole Edoardo Speranza ed il più volte ministro Giuseppe Zamberletti, Ciccardini costituì, all’inizio del 1968, l’agenzia d’informazione “Europa Settanta”, del quale fu il primo direttore responsabile, che promosse d’affrontare dal basso la riforma dello Stato facendo presentare alla Camera un progetto di legge per l’elezione diretta dei sindaci, nel proposito di risalire all’elezione diretta dei Presidenti di Regione e da ultimo, con graduale affermazione della stessa logica, all’elezione popolare diretta del presidente della Repubblica.
I suggerimenti “profetici” di Ciccardini e di “Europa Settanta”, però, caddero allora nel vuoto, finché vent’anni dopo non si è comunque dovuti arrivare, nell’instabilità continua delle giunte comunali e regionali, alla riforma delle autonomie locali che, negli ultimi tempi, ha rifatto parlare dell’elezione diretta del Presidente della Repubblica come “Sindaco Italia”. Ma questa è un’altra storia.