mercoledì 6 maggio 2015
Abu Ismail Morselli difende un genitore su www.civiltaislamica.it
di Giuseppe Brienza
Contro il gender è entrato in campo anche l’islam. Alla serie di proteste sul “Gioco del rispetto”, un progetto “educativo” imposto ai genitori di alcune scuole di Trieste per rimuovere i «pregiudizi acquisiti» dai bambini sui ruoli maschio/femmina, si è aggiunto anche un intellettuale islamico. Con un articolo pubblicato sul sito www.civiltaislamica.it, esplicitamente intitolato “Contro il Gioco del Rispetto”, Abu Ismail Morselli ha preso infatti le difese di Amedeo Rossetti, il genitore che per primo si era coraggiosamente opposto alla somministrazione del “Gioco del Rispetto” nelle scuole materne comunali di Trieste.
«Una iniziativa importante – ha commentato Stefano Fontana, direttore del settimanale diocesano di Trieste – l’islam triestino dà il suo pieno appoggio all’opposizione contro questa manovra educativa. Certamente il Comune ne risentirà, perché finché sono i cattolici ad opporsi a certe cose si può anche soprassedere, anzi può diventare un titolo di merito, ma quando ci si mettono gli islamici le cose si fanno più difficili» (Gli islamici appoggiano l’opposizione al Gioco del Rispetto, in “Vita Nuova”, 1° maggio 2015, p. 7).
Forse non è un caso che, negli scorsi giorni, un Istituto di Trieste, la scuola dell’infanzia “Pallini”, che aveva precedentemente aderito, ha deciso di ritirarsi dalla somministrazione del “Gioco del rispetto” ai suoi alunni (miracoli del dialogo interreligioso?).
Anche all’interno dell’Islam, quindi, ci sono persone che si impegnano nella difesa dellam morale, della famiglia e della vita, tutti principi di diritto naturale oltreché presupposti essenziali per provare a costruire, nella coscienza dei fedeli al Corano, la necessità di una convivenza pacifica e rispettosa con tutti i non musulmani. Un conto è “fermare l’ingiusto aggressore”, cioè l’islamismo, un altro è condannare tutti i musulmani come nemici dell’Occidente.
Questa mentalità, ha spiegato un missionario di lungo corso come padre Piero Gheddo «se si diffonde anche fra noi cristiani, porta inevitabilmente alla guerra totale, mondiale, che non avrà né vinti né vincitori» (Piero Gheddo PIME, La Chiesa chiede dialogo e fraternità con i musulmani, in Zenit, 25 settembre 2014).
Se il Papa ha giustamente affermato che «La teoria del gender è uno sbaglio della mente umana», come non mettere in relazione questo con quanto affermato, per esempio, dal direttore Generale della Coreis (Comunità Religiosa Islamica) italiana Abd as Sabur Turrini che, in occasione del convegno “Torino spiritualità” (27 settembre 2014) ha affermato: «Fede e ragione, come recita anche l’enciclica “Fides et Ratio”, non sono in opposizione».
Il leader musulmano, nella sessione filosofica della rassegna interreligiosa, ha quindi aggiunto: «Dobbiamo raggiungere, tramite la fede, una categoria superiore a quella della Ratio, perché l’uomo è fatto a immagine e somiglianza di Dio. Come sosteneva anche Sant’Agostino nella tradizione cristiana, pretendere di capire la Trinità con la Ratio è come paragonarsi al bambino che voleva raccogliere l’acqua del mare in un secchiello. Per i musulmani, i cristiani e gli ebrei la verità è unica: nostro compito è ricercarla».
Perché non comunicare quindi dalla verità della famiglia e dell’identità maschile/femminile? Non è un caso che, il 18-19 giugno 2013, il “Comitato congiunto Islamico-Cattolico” ha tenuto a Roma il suo XIX Incontro proprio sul tema «I credenti di fronte al materialismo e al secolarismo della società».
I partecipanti al simposio, presieduto dal Cardinale Jean-Louis Tauran, Presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso e, per parte musulmana, da Hamid bin Ahmad Al-Rifaie, Presidente del Forum Islamico internazionale per il Dialogo, hanno condiviso un documento nel quale è affermato che «Il mondo attuale si trova davanti a molti tipi di crisi. Riconosciamo la nostra comune responsabilità quali credenti in Dio di fare tutto il possibile per proteggere le persone vulnerabili in questa nostra epoca».
Papa Francesco ha ricevuto i partecipanti all’incontro in udienza, incoraggiandoli a proseguire il loro impegno sulla via di un dialogo rispettoso e proficuo tra credenti per la pace e la prosperità nel mondo. Bergoglio ha intitolato il suo penultimo messaggio per la fine del Ramadam proprio “La promozione del mutuo rispetto attraverso l’educazione”. “Rispetto”, ha spiegato il Papa in questo testo, pubblicato il 2 agosto 2013, vuol dire innanzitutto rispetto per «la vita, l’integrità fisica, la dignità e i diritti che ne scaturiscono, la reputazione, la proprietà, l’identità etnica e culturale, le idee e le scelte politiche».
Per tale scopo, aggiunge il Pontefice, hanno un ruolo e una responsabilità «le famiglie, le scuole, l’insegnamento religioso e ogni genere di mezzi di comunicazione sociale». Possiamo dirlo? Dovrebbe essere questo il principale frutto del “dialogo interreligioso”, specialmente in Italia.