Abstract: Intelligenza artificiale e intelligenza umana. Il pericolo non è il golpe delle macchine, l’autogoverno dell’intelligenza artificiale, l’ammutinamento dei robot; ma la complice stupidità umana unita all’infatuazione per le macchine. Per questo bisogna fermare l’intelligenza artificiale. Fermare non vuol dire vietare, negare, impedirne l’uso.
Il Timone n.231 Settembre 2023
Verso la sostituzione finale
Non è l’intelligenza artificiale in sé il pericolo, ma la disumanizzazione radicale dalla quale origina e tramite la quale si attua. La tentazione dell’onnipotenza tecnologica e il deficit di intelligenza reale possono spazzarci via
di Marcello Veneziani
Il filo conduttore della nostra epoca è in una parola chiave: sostituzione. Non solo sostituzione etnica relativa ai popoli, non solo sostituzione religiosa, con la scristianizzazione che cede il passo all’islamizzazione galoppante e al nichilismo dissolvente, non solo maternità surrogata a proposito di natalità, non solo sostituzione dei sessi nel nome della fluidità, non solo sostituzione della natura con prodotti della tecnologia, non solo sostituzione dei cibi naturali con i prodotti geneticamente modificati, non solo sostituzione del mondo reale col mondo artificiale, virtuale. Ma sostituzione dell’umano, a tutti i livelli, fino alla sostituzione dell’intelligenza umana con l’intelligenza artificiale. Come spesso accade, la rivoluzione tecnologica annunciata offre grandi ed evidenti benefici e grandi e terribili minacce, a partire da una: sarà difficile tornare indietro, imboccata quella via, si va verso un punto di non ritorno.
Urgono regole
Per questo bisogna fermare l’intelligenza artificiale. Fermare non vuol dire vietare, negare, impedirne l’uso. Solo un idiota può pensare una cosa del genere e precludersi i vantaggi, le conquiste, i benefici molteplici delle applicazioni tecniche in molti aspetti della nostra vita. Il problema è regolarla, distinguere gli ambiti e i limiti del suo uso, in modo che non diventi un abuso; che resti nella sfera dei mezzi e non intacchi la sfera degli scopi, vanificando i fini, il senso, il destino della vita.
L’intelligenza critica è il vero filtro per distinguere gl’influssi benefici da quelli malefici; il senso del limite e l’amore per l’umanità sono invece i paradigmi a cui commisurare l’intelligenza artificiale e distinguere gli aspetti positivi da quelli negativi. Esattamente come si distingue tra l’uso dell’energia nucleare e la bomba atomica. Gli effetti prodigiosi delle sue applicazioni, la velocità con cui si propagano i suoi effetti rendono sempre più stridenti il confronto tra l’espansione tecnologica e la capacità di governarla. A cavallo degli algoritmi, l’intelligenza artificiale (IA) sta facendo passi da gigante nella sostituzione dell’intelligenza umana e va fermata, come si fermano le armi chimiche o letali. Così dicono i suoi padrini, inventori e propagatori pentiti. Parallelamente siamo sempre più indifesi dall’uso distorto o malvagio dell’IA da parte di hacker privati, colossi imprenditoriali ma anche organismi pubblici, servizi segreti, Stati canaglia, dittatori.
Più tecnica, meno sapere
Il tema che l’IA cancellerà migliaia di posti di lavoro è già di per sé un grave problema sociale, ma in questa luce è solo un risvolto secondario e compensabile con strategie lungimiranti di ricollocazione e riconversione, rispetto ai danni che può produrre sul piano della sicurezza, della libertà, e soprattutto dell’intelligenza umana, della sua libertà e dignità. Comunque si potrebbe rientrare nei rischi dell’avventura umana, nella scommessa dell’intelligenza che sa osare, nella capacità di cavalcare la tigre della tecnica. Ma se consideriamo il contesto in cui avviene questa scommessa, allora lo spirito critico nei confronti dell’intelligenza artificiale esonda e diventa angoscia.
La crescita rapida ed espansiva dell’intelligenza artificiale coincide infatti con la decrescita altrettanto rapida ed espansiva dell’intelligenza umana, delle sue connessioni vitali e mentali con la storia, con la tradizione, con il linguaggio, con la capacità di progettare il futuro e governare i cambiamenti, la regressione del pensiero, oltre che della religione, col declino dell’arte e l’atrofizzazione progressiva, come una paralisi, delle facoltà naturali, socievoli e intellettuali dell’uomo e con un calo progressivo e allarmante da più di vent’anni del quoziente intellettivo. Si realizza appieno quel «dislivello prometeico» di cui scriveva Günther Anders ne L’uomo è antiquato: ossia cresce la tecnica e decresce la cultura, così come cresce l’artificiale e sparisce il naturale, cresce il robot e declina l’uomo. Si ingigantisce la forbice tra tecnica e sapere, il mondo artificiale si espande mentre si contrae la nostra capacità di conoscerlo, di capirlo, e dunque di governarne gli effetti. E se l’uomo è antiquato, procediamo a sostituirlo.
L’atrofizzazione della mente
Il pericolo non è il golpe delle macchine, l’autogoverno dell’intelligenza artificiale, l’ammutinamento dei robot; ma la complice stupidità umana unita all’infatuazione per le macchine, alla perdita dell’umanità e al fatalismo tecnologico secondo cui non si può fermare o frenare nulla né cambiare il corso. Se il procedere è automatico e inarrestabile, non c’è più libertà, intelligenza e dignità umana.
Non è l’intelligenza artificiale in sé il pericolo ma la disumanizzazione radicale dalla quale si origina e tramite la quale si attua. E’ una preoccupazione stupida? Può darsi, ma è una stupidità ancora umana; accettando invece con passivo automatismo il processo in atto si diventa idioti servitori e collaborazionisti del robot.
Non è l’intelligenza artificiale in sé che spaventa ma la progressiva atrofizzazione della mente, la regressione del pensiero, della memoria, del senso religioso ed estetico; l’incapacità di padroneggiare le cause e gli effetti, il delirio di onnipotenza tecnologica unito al deficit di intelligenza reale. Complici entusiasti di un potere assoluto e potenzialmente totalitario, senza freni.
Qual è allora il pericolo dell’intelligenza artificiale? La sostituzione del mondo reale, della identità e della natura con una grande bolla in cui sparisce la realtà, e tutto ciò che la costituisce: la storia, il pensiero, la vita, la presenza, i corpi, la natura, l’anima. A quel prezzo non ci stiamo.
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Sulla intelligenza artificiale:
Intelligenza artificiale tecnologia digitale. Carlo Acutis e la dimensione spirituale – Luca Peyron
Intelligenza artificiale e tecnologia digitale. La dimensione etica – prof.ssa Daniela Tafani
Come l’intelligenza artificiale apprende – Andrea Bonarini