(*) AAVV, Aborto. Il genocidio del XX secolo,
Effedieffe, Milano 2000, p. 91
Intervento di Mario Palmaro
alla Giornata internazionale per la vita
“Ci troviamo di fronte, oggi, ad uno scontro immane e drammatico tra il bene e il male, la Morte e la vita, la cultura della morte e la cultura della vita. Ci troviamo, non solo di fronte, ma necessariamente in mezzo a tale conflitto: tutti siamo coinvolti e partecipi con l’ineludibile responsabilità di scegliere incondizionatamente a favore della vita”. (Evangelium vitae, n. 28)
Non saprei trovare parole più appropriate di queste, scritte da Giovanni Paolo II nel 1995 nella sua enciclica “Evangelium vitae”, per introdurre il mio intervento a questa giornata internazionale per la vita.
Le parole del Santo Padre esprimono con mirabile capacità di sintesi una verità fondamentale per tutti gli uomini di buona volontà. È in atto nel mondo una guerra, una guerra epocale tra le forze del male e il bene, tra verità e menzogna. Noi, noi tutti, non solo i cattolici ma tutti gli uomini che vivono su questa terra, non possiamo dirci semplici spettatori. Siamo, dice appunto il Papa, non di fronte ma in mezzo alla tragedia, perché siamo parte di questo incredibile capovolgimento delle categorie del bene e del male.
Non possiamo dire che l’aborto procurato, reso legale in quasi tutti i Paesi moderni, sia qualcosa che non ci riguarda. Lo insegna innanzitutto la saggezza evangelica che ci costringe a gettare uno sguardo contemplativo sul concepito e a vedere nel suo volto, il volto stesso di Gesù di Nazareth: “In verità vi dico, ciò che non avete fatto a uno di questi più piccoli, non l’avete fatto a me”. (Mt, 25.45)
Parole belle e terribili, che inchiodano ciascun uomo di fronte alla responsabilità dell’uccisione sistematica del più povero tra i poveri: l’innocente bambino non ancora nato. Ma anche al di fuori dell’orizzonte cristiano, c’è una verità che il mondo classico-pagano ci svela attraverso le parole di Terenzio: “Homo sum, humani nihil a me alienum puto”. Sono uomo, e nulla di quanto è umano credo che mi sia estraneo. S. Agostino racconta che queste parole avevano il potere, una volta pronunciate, di fare eccheggiare di applausi ogni teatro sebbene gremito di “stultis indottisque”. L’aborto, l’eutanasia, ma anche l’uccisione diretta o indiretta di embrioni umani prodotti al solo scopo di soddisfare il desiderio di un figlio da parte di coppie che non possono averne, e ai relativi tentativi di legalizzare queste pratiche abominevoli, sono argomenti che non possono non interpellare la nostra umanità, anzi essi devono essere collocati in cima alle nostre preoccupazioni, perché mai prima di oggi, nella società, era stato sferrato un così massiccio e sistematico attacco contro la vita umana.
L’intellettuale cattolico Cesare Cavalleri ha scritto una volta: “Qual è il supremo diletto del maligno? Il sacrificio cruento dell’innocente. E chi e più innocente dell’essere umano non ancora venuto alla luce? L’aborto è il sacrificio cruento di cui il demonio si compiace, dietro ogni aborto è leggibile il ghigno di Satana che si bea nella libagione di sangue innocente”.
Certo, l’aborto è qualcosa di diabolico, sia nella sua essenza omicida ma allo stesso tempo nella carica di menzogne, di falsità che accompagnano la sua legalizzazione e la sua giustificazione morale. Per questa ragione è urgente riaffermare alcune verità sull’aborto e sgomberare il campo da luoghi comuni e modi di pensare gravemente erronei, che in questi anni si sono affermati nella società italiana e, credo, in quella europea e americana in genere. Ecco quindi sette punti che oggi vorrei sviluppare in sintesi, sette false concezioni che stanno alla base della mentalità abortista oggi diffusa.
1. Che cos’è l’aborto procurato
L’aborto procurato è l’uccisione cruenta di un essere umano non ancora nato. Occorre investire la società, a tutti i suoi livelli, di questa tremenda verità, bisogna rifuggire dall’uso ideologico delle parole, dal diffondersi di una specie di anti-lingua, cioè di un camuffamento della verità attuato attraverso l’uso di parole edulcorate. Ad esempio, l’aborto diventa “interruzione volontaria di gravidanza”, il nascituro diventa “prodotto del concepimento”. L’aborto è omicidio, in Italia, ma anche negli Stati Uniti e in molte altre parti del mondo.
Un bambino su quattro viene ucciso prima di nascere; da 250 a 260 bambini, ogni 1.000 nati, sono vittime dell’aborto legale, oggi in Italia. Negli ospedali italiani, ogni 4 minuti si pratica un aborto; ogni giorno, ogni mese, a spese di tutta la collettività, anche di coloro, come noi oggi, che non siamo d’accordo. Più di 3.500.000 di bambini sono stati uccisi in 20 anni a partire dal 22 maggio ’78, l’anno in cui la “194” ha reso lecito l’aborto nel nostro Paese. I bambini che sono abortiti, va ricordato, vengono uccisi con metodi e con sistemi spaventosi, aberranti, che il filmato del dottor Bernard Nathanson documenta in maniera efficacissima e raccapricciante.
Quante vite potremmo salvare attuando questo semplice apostolato della verità, mostrando a quante più persone possibili il grido silenzioso? Il secondo punto è che le leggi abortiste creano una cultura abortista nella società, cioè hanno un effetto diseducativo.
2. Le leggi abortiste creano una cultura abortista nella società.
È innegabile che il nostro tempo sarà ricordato come l’era dei “filodossi”, cioè di coloro che intendono utilizzare come bussola per l’agire morale, non le classiche categorie del giusto e del vero, ma le più televisive categorie dell’opinione dei più, del facile consenso, del senso comune che soppianta – per dirla con Manzoni il buon senso.
Il tutto, ovviamente, senza disdegnare un’abile azione manipolatoria, attraverso l’uso dei mass media. Potremmo parlare, a questo proposito, di un rapporto di tipo circolare fra la legge dello Stato e i costumi che si affermano in una società. Si afferma in partenza che la legge deve affannosamente rincorrere la prassi, qualora questa si discosti dalla norma esistente. Sentivamo prima il professor Di Bella evocare anche giustamente lo stato di decadimento morale della società. L’errore nel ragionamento sta di ritenere che la legge debba in qualche modo abbassarsi al livello del decadimento morale e non sia, invece, suo compito, proprio quello di dare un “input”, dare quantomeno un’indicazione, una tensione verso il giusto e il buono.
Una volta affermato questo, nella società si osserva un curioso fenomeno a catena, dove causa-effetto si confondono e si sostituiscono, per cui si va verso una legge più liberale, più libertaria anzi, scusate. Questa legge induce un comportamento ancora più libertario e si innesca un circolo vizioso dal quale è difficile uscire.
Al termine del percorso, il male è chiamato bene; il bene, male. Ciò che prima era riprovato dal senso comune e vietato dalla legge, diventa un male necessario che è opportuno rendere lecito, dopodiché nella mentalità comune si insinua un ragionamento di questo tipo: se la legge permette questo comportamento significa che non vi è nulla di male ad assecondarlo.
Ecco dunque che cosa accade: la legalizzazione che in origine è un effetto della presunta, almeno nelle proporzioni, prassi clandestina, diventa causa, a sua volta, di un sovvertimento dei valori e delle intime convinzioni dì una società. La nuova legislazione permissiva diventa a sua volta un fattore di incremento della prassi degenerativa, inducendo i mass-media a esercitare pressioni per un ulteriore processo di liberalizzazione all’interno di un circolo vizioso che, onestamente, appare senza vie d’uscita.
3. L’aborto non è una questione confessionale
I credenti hanno certo un ruolo di primo piano nel promuovere il Vangelo della vita ma non possono cadere nell’errore di quanti ritengono che questioni come l’aborto siano problemi che contrappongono credenti e non credenti, cristiani e laici, cattolici e credenti di altre confessioni. La battaglia contro l’aborto è una battaglia per la difesa dei diritti umani. Fra qualche giorno celebreremo il 50° anniversario della dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, il 10 dicembre. Quale più clamorosa violazione dei diritti umani si può immaginare, una volta che lo Stato abbia organizzato le sue strutture, i suoi ospedali, i suoi tribunali, per allearli contro il bambino non ancora nato, per metterlo a morte?
Questo secolo non sarà ricordato come il secolo della Dichiarazione dei Diritti dell’uomo ma come il secolo della sua sistematica negazione; non come il secolo della pace, della giustizia, ma come il secolo di Caino. Come ha detto Giovanni Paolo II, “Il secolo di Erode”.
Dobbiamo riconoscere serenamente che, nonostante l’esito del secondo conflitto mondiale, la cultura e la mentalità che era alla base del fenomeno nazionai-socialista è oggi più che mai viva, perché la cultura eugenetica in base alla quale è possibile sopprimere il nascituro malato o handicappato proviene direttamente da lì.
4. L’abortismo è penetrato nelle redazioni dei giornali e delle televisioni
In tutti questi anni, alla base del permissivismo in materia di aborto, vi è l’uso sapiente e strumentale dei mass media per condizionare la gente. Per chi intenda difendere con coraggio e in modo integrale la vita nascente, i mass media sono diventati, oggi, luoghi quasi impraticabili.
Ma il fatto più sorprendente e doloroso è che, per questa terribile malattia della ragione e della verità, l’abortismo è entrato in maniera strisciante anche in alcuni uffici della redazione di giornali di ispirazione cristiana. Lo devo dire con molta sincerità.
Oggi, tra l’altro, fra i relatori ho il piacere di salutare Maurizio Blondet, uomo di valore e giornalista molto bravo, che sicuramente non appartiene alla schiera dì cui sto trattando, ma anzi, è in parte vittima di questa cultura che penetra tra le pareti del giornale presso il quale lavora, cioè “Avvenire”. Mi limiterò a raccontare una vicenda che vede come inconsapevole protagonista proprio il professor Luigi Di Bella.
Giorni fa, lessi le sue dichiarazioni rilasciate a “Millennium” – una rivista, un mensile credo – contro l’aborto e la legge 194, e pensai fosse utile intervistarlo per “Avvenire” sull’argomento. Telefonai al giornale – fra l’altro a un redattore che sapevo sensibile al tema e ortodosso, incontrando infatti il suo entusiasmo – ma appena l’amico chiese conferma ai “piani alti”, il suo interesse si trasformò in un imbarazzato diniego. Mi è stato risposto che, purtroppo, vi erano ragioni di opportunità politica che impedivano di intervistare il professor Di Bella. Compresi subito che, in quel caso, “Avvenire” aveva messo gli interessi di bottega e le cautele politiche davanti al valore primario e assoluto del diritto alla vita. Incredibile!
5. L’abortismo è penetrato nella Chiesa e nelle confessioni cristiane.
Il quinto punto è che l’abortismo è purtroppo penetrato anche nella Chiesa e nelle confessioni cristiane. Tutti noi abbiamo seguito in queste ore la sconcertante vicenda del sacerdote cattolico genovese che ha ammesso pubblicamente di aver accompagnato delle prostitute albanesi ad abortire. Il fatto si commenta da sé.
Resta la costernazione per non aver ancora riscontrato, a quello che mi risulta, nessun provvedimento disciplinare adeguato da parte della gerarchia nei confronti di un credente, di un sacerdote che, per quello che so di diritto canonico, sarebbe scomunicato.
Vi devo segnalare un altro caso esemplare, forse meno noto, e riguarda l’ospedale San Raffaele che voi tutti conoscete, qui a Milano, fondato e diretto da don Luigi Verzè.
In questo nosocomio, per altri versi meritorio, dove si fa del gran bene per la verità, sì pratica la fecondazione artificiale omologa, cioè sì producono e si usano embrioni umani per soddisfare la voglia di maternità, esponendo ciascuno di essi ad altissima probabilità di morte.
Molti sacerdoti e vescovi cattolici, purtroppo, sono quantomeno tiepidi sull’argomento aborto e preferiscono non trattarlo mai nella loro pastorale. Il Papa insiste moltissimo sul diritto alla vita dei non nati ma i suoi pastori, molte volte, non lo seguono e lo ignorano.
6. L’abortismo è penetrato nelle formazioni politiche sedicenti cristiane.
In Italia la legge 194 del ’78 che ha legalizzato l’aborto, porta la firma di cinque esponenti della Democrazia Cristiana, all’epoca partito di maggioranza relativa. Si trattava di Giulio Andreotti, del presidente Leone, dei ministri Bonifacio, Anselmi e Pandolfi.
Nessuno di loro si dimise, tutti rimasero al loro posto e diedero il loro avvallo a una legge omicida. Da allora, molti esponenti dei partiti cristiani o sedicenti tali, hanno ampiamente disatteso i loro doveri rispetto a un tema così cruciale. Basti ricordare l’esempio dell’attuale capo dello Stato, Oscar Luigi Scalfaro, che ha sempre evitato di prendere posizioni ufficiali sull’aborto, oppure al caso del ministro Bindi, che teorizza lo sdoppiamento della sua identità di cattolica di politico.
7. L’aborto è la vera pietra di paragone dell’autentico ecumenismo.
Senza il rispetto di tutte le vite umane innocenti, a cominciare dal bambino non nato, non è possibile effettuare un autentico cammino ecumenico. L’incontro svoltosi a Graaz fra le Confessioni cristiane europee è un clamoroso esempio di come le questioni bioetiche siano accuratamente accantonate da certi credenti.
Nel documento finale di quell’assise, si trovano riferimenti e propositi comuni su tutto, dall’ambiente agli interessi degli animali in via di estinzione, tranne che su una materia: le questioni della bioetica, dell’aborto e dell’eutanasia.
Un altro caso, recentissimo. Negli ultimi giorni dell’anno, la diocesi Ambrosiana ospiterà migliaia di ragazzi provenienti da tutta Europa nell’ambito del “pellegrinaggio di fiducia sulla terra” che la comunità francese di Taizè anima da più di vent’anni. Una bellissima iniziativa con la quale i cattolici della Diocesi di Milano vogliono dimostrare di essere una Chiesa che accoglie, ascolta e cammina. A tutti i partecipanti, la Diocesi consegnerà una cartellina con materiale utile ai momenti di preghiera e svago. Un dirigente del movimento per la vita italiano, di mia conoscenza, ha preso contatti informali con gli uffici della Curia milanese per offrire agli organizzatori alcune migliaia di opuscoli sulla “vita umana prima meraviglia”.
Si è sentito rispondere che “l’argomento non rientra fra quelli in programma per la manifestazione”. Prendere atto di queste sconsolanti verità, non significa certo abbandonarsi a sterili malinconie o inconcludenti autocommiserazioni. Ma solo una diagnosi corretta permetterà, anche nei casi più difficili, di dare qualche possibilità di salvezza al paziente. Milioni di bambini e di mamme attendono di essere salvati da un piccolo, grande popolo. Il piccolo e grande popolo dei “pro-life” di tutto il mondo.