Islam e democrazia si sono incontrati in segreto a Castelgandolfo

BenedettoXVI_Islamwww.chiesa.espressonline.it
23 gennaio 2006

Il resoconto di un weekend di studio sull’islam tra il papa e suoi ex allievi di teologia. Con due versioni contrastanti su come Benedetto XVI giudica la religione musulmana

di Sandro Magister

ROMA,– L’islam è un tema sul quale, negli anni, Joseph Ratzinger ha scritto poco. Ma è un tema che gli è ben presente, tanto più da quando è divenuto papa. Lo scorso settembre, a Castelgandolfo (vedi foto), Benedetto XVI ha dedicato proprio all’islam due giornate di studio, a porte chiuse, assieme a due esperti islamologi e a un gruppo di suoi ex allievi di teologia.  Dell’incontro era trapelata la notizia. Ma fino allo scorso 5 gennaio nulla si sapeva di ciò che vi si era detto.

Il 5 gennaio, però, uno degli ex allievi di Ratzinger che hanno partecipato all’incontro, il gesuita americano Joseph Fessio, rettore della Ave Maria University di Naples in Florida e fondatore dell’editrice Ignatius Press, ne ha fornito un ampio resoconto in uno dei più ascoltati talk show radiofonici degli Stati Uniti: Hugh Hewitt Show. Nell’intervista, padre Fessio ha riferito anche il pensiero espresso dal papa nel corso della discussione. A suo giudizio, Benedetto XVI riterrebbe inconciliabili l’islam e la democrazia.

Tuttavia, interpellato da www.chiesa, un altro dei partecipanti all’incontro, Samir Khalil Samir, gesuita egiziano, professore di islamologia all’Université Saint-Joseph di Beirut e al Pontificio Istituto Orientale di Roma, ha dato una diversa interpretazione del pensiero del papa. A giudizio di padre Samir, Benedetto XVI riterrebbe sì molto difficile conciliare islam e democrazia, ma non impossibile.

Intervenendo nella discussione, il papa avrebbe proprio voluto spiegare le ragioni di questa difficoltà.

*  *  *

L’incontro dello scorso settembre a Castelgandolfo è stato l’ultimo di una serie di incontri di Ratzinger con suoi ex allievi, uno all’anno.

I primi furono quando Ratzinger era professore di teologia a Ratisbona. Divenuto arcivescovo di Monaco, lo pregarono di continuare ed egli accettò. Lo stesso avvenne quando si trasferì a Roma come prefetto della congregazione per la dottrina della fede. Gli incontri duravano un finesettimana e avvenivano di solito in un monastero. Al termine dell’incontro del 2004 i partecipanti si lasciarono con già fissato il tema dell’anno seguente: l’islam, o più precisamente, il concetto islamico di Dio. Già fissati erano anche i due esperti che avrebbero introdotto la discussione: padre Samir Khalil Samir e un altro gesuita islamologo, Christian Troll, tedesco.

Nella primavera del 2005, eletto Ratzinger papa, i suoi ex allievi pensarono che la cosa sarebbe finita. Ma non fu così. Benedetto XVI disse loro che ci teneva moltissimo a continuare. Il che sta avvenendo. Per l’incontro del 2006 il tema sarà il rapporto tra cristianesimo e scienza.

*  *  *

Ecco dunque i passaggi centrali del resoconto radiofonico di padre Joseph Fessio, intervistato da Hugh Hewitt:

Da: The Hugh Hewitt Show, 5 gennaio 2006

”E il Santo Padre, con la sua calma beata ma con nettezza, disse…”

JF: La relazione introduttiva di padre Troll fu molto interessante. La basò su uno studioso musulmano del Pakistan di nome Rashan, per vari anni professore all’Università di Chicago, e la posizione di Rashan era che l’islam può entrare in dialogo con la modernità, ma solo se reintepreta radicalmente il Corano, e prende la specifica legislazione del Corano, come il taglio della mano per i ladri, o l’avere quattro mogli, o altre cose, e coglie i principi sottostanti a queste specifiche norme che risalgono all’Arabia del VII secolo, e li applichiamo oggi, e li modifichiamo, per una nuova società in cui le donne sono rispettate nella loro piena dignità, in cui la democrazia ha rilevanza, la libertà religiosa ha rilevanza, e così via. E se l’islam fa questo, allora sarà in grado di entrare in dialogo effettivo e di vivere con le altre religioni e gli altri tipi di cultura.

HH: Era ottimista? Pensava che ciò possa accadere?

JF: Lui lo era. Ma è interessante notare che in tutti i seminari che ricordo Joseph Ratzinger, padre Ratzinger, ha sempre lasciato che gli studenti parlassero. Se interveniva, lo faceva alla fine. Invece questa è stata la prima volta, a mia memoria, in cui egli è intervenuto subito. E io sono ancora scosso dal suo intervento, tanto è stato poderoso.

HH: E che cosa ha detto il papa?

JF: La tesi, dunque, che era stata proposta da padre Troll era che l’islam può entrare nel mondo moderno se il Corano è reinterpretato prendendo la specifica legislazione e ritornando ai principi, e poi adattando questo ai nostri tempi, specialmente alla dignità che noi riconosciamo alle donne e che è arrivata attraverso il cristianesimo, naturalmente. E subito il Santo Padre, con la sua calma beata ma con nettezza, disse che questo pone un fondamentale problema, poiché, disse, nella tradizione islamica Dio ha dato la sua parola a Maometto, ma è una parola eterna. Non è parola di Maometto.

È così com’è per sempre, è sempre uguale. Non c’è possibilità di adattarla o di interpretarla, mentre invece nel cristianesimo, nell’ebraismo, la dinamica è completamente differente, è Dio che agisce attraverso le sue creature. E quindi non è solo la parola di Dio, è la parola di Isaia. Non è solo la parola di Dio, ma è la parola di Marco. Dio ha fatto uso delle sue creature e le ha ispirate a dire la sua parola al mondo, e quindi ha stabilito una Chiesa nella quale egli dà l’autorità ai suoi seguaci di trasmettere la tradizione e di interpretarla.

C’è un’intima logica nella Bibbia cristiana, che permette ciò e richiede che sia adattato e applicato alle nuove situazioni. Io sono stato… Vorrei proprio saper dire questo con la calma e la bellezza con cui lui si espresse, ma lui è il papa e io no, vero? Questa è una delle ragioni. Una fra tante, ma il suo vedere questa distinzione tra il Corano che è visto come qualcosa che scende dal cielo e che non può essere adattato o applicato, e la Bibbia che è una parola di Dio che arriva attraverso una comunità umana, ecco, questo mi ha davvero scosso.

HH: E allora è corretto descriverlo come pessimista circa la prospettiva di una modernità che si adatti all’islam nel modo in cui la modernità s’è adattata al cristianesimo?

JF: Beh, direi al contrario.

HH: Sì. Intendo questo.

JF: Appunto, che il cristianesimo possa adattarsi alla modernità come ha fatto… come gli ebrei fecero con l’Egitto o i cristiani fecero con la Grecia. Poiché noi possiamo prendere ciò che lì è buono e possiamo elevarlo attraverso la rivelazione di Cristo nella Bibbia. Ma l’Islam è bloccato. È bloccato a un testo che non può essere adattato, o nemmeno interpretato appropriatamente.

HH: E quindi il papa è pessimista sul cambiamento, poiché esso richiederebbe una radicale reinterpretazione di ciò che il Corano è?

JF: Appunto, cioè non è possibile per niente, poiché va contro la vera natura del Corano, così come inteso dai musulmani.

HH: E dunque, anche quel processo dialettico che è stato la Riforma non è possibile nell’islam?

JF: No. E poi una seconda cosa che egli non disse, ma che io avrei detto, avrei potuto dire in quel momento… e questo da un punto di vista cattolico, è che non c’è nessuno che interpreti il Corano ufficialmente. La Chiesa cattolica ha un interprete ufficiale, che è il Santo Padre con i vescovi.

*  *  *

Dunque, stando al resoconto di padre Fessio, Benedetto XVI giudicherebbe l’islam incompatibile con la democrazia. Stando invece a un altro partecipante al medesimo incontro, l’islamologo gesuita Samir Khalil Samir, il papa sarebbe meno pessimista. Riterrebbe possibile l’incontro tra islam e democrazia, ma “a condizione di una radicale reinterpretazione del Corano e della concezione stessa della rivelazione divina”.

Nel secondo giorno del colloquio di Castelgandolfo, intervenendo come esperto, padre Samir sviluppò proprio questo aspetto della questione.

La disputa non è solo teorica. L’una o l’altra interpretazione ha forti riflessi anche geopolitici. La complessiva strategia americana in Iraq e nel Grande Medio Oriente è fondata proprio sulla possibilità che in quelle regioni musulmane nasca e cresca la democrazia.

E così il futuro dei milioni di immigrati musulmani in Europa. Un islam conciliato con la democrazia ne consente l’integrazione. Un islam incapace di distinguere tra Dio e Cesare li trattiene in stato di “alienazione”.

È quanto scrisse anni fa Ratzinger in uno dei suoi rari commenti sull’islam, in tre pagine del libro-intervista “Il sale della terra”, pubblicato in Germania nel 1996, negli Stati Uniti l’anno seguente – per i tipi dell’Ignatius Press, l’editrice di padre Joseph Fessio – e in Italia nel 2005 dalle Edizioni San Paolo.

È il brano riportato qui sotto. Da leggersi con l’avvertenza che da quando fu scritto sono passati quasi dieci anni densissimi di avvenimenti e di ulteriori riflessioni:

”La shari’a plasma una società da cima a fondo…”

di Joseph Ratzinger

Anzitutto, si deve ricordare che l’islam non è una grandezza unitaria, non ha nemmeno un’istanza unitaria, perciò il dialogo con l’islam non è sempre un dialogo con determinati gruppi. Nessuno può parlare a nome di tutto l’islam, che non ha un magistero dottrinale comune. Indipendentemente dalle divisioni tra sunniti e sciiti, esso si presenta anche in diverse varianti. C’è un’islam “nobile” rappresentato ad esempio dal re del Marocco, e c’è quello estremista e terrorista, che però non deve neppure essere identificato con l’islam in generale, poiché gli si farebbe comunque torto.

È importante chiarire che l’islam pensa e organizza in maniera completamente diversa i rapporti tra società, politica e religione. Se oggi si discute in Occidente della possibilità di facoltà teologiche islamiche o del concetto di islam come ente di diritto pubblico, si presuppone allora che tutte le religioni siano ovunque strutturate in modo uguale; che esse si adattino tutte a un sistema democratico, con i suoi ordinamenti e i suoi spazi di libertà, garantiti proprio da questi stessi ordinamenti.

Tutto questo, però, appare in contraddizione con l’essenza stessa dell’islam, che non conosce affatto la separazione tra la sfera politica e quella religiosa, che il cristianesimo portava in sé fin dall’inizio. Il Corano è una legge religiosa che abbraccia tutto, che regola la totalità della vita politica e sociale e suppone che tutto l’ordinamento della vita sia quello dell’islam. La shari’a plasma una società da cima a fondo.

Di conseguenza l’islam può sfruttare tali libertà, concesse dalle nostre costituzioni, ma non può porre tra le sue finalità quella di dire: sì, ora siamo anche noi ente di diritto pubblico, ora siamo presenti come i cattolici e i protestanti. A questo punto esso non ha ancora raggiunto pienamente il suo vero scopo, si trova ancora in una fase di alienazione.

Diversamente dai nostri modelli, l’islam pensa la realtà della vita e della società in maniera assolutamente totalizzante, esso abbraccia tutto e il suo ordinamento della vita è diverso dal nostro. Esiste un chiaro assoggettamento della donna all’uomo, come anche un ordinamento del diritto penale e delle relazioni sociali molto rigido e opposto ai nostri moderni concetti di società. Deve esserci chiaro che non si tratta di una confessione come tante altre, e non si inserisce nello spazio di libertà della società pluralistica. Se lo si presenta così, come oggi talvolta capita, l’islam è declinato secondo un modello cristiano e non è visto nella sua vera essenza. Perciò il problema del dialogo con l’islam è naturalmente molto più complicato di quanto avvenga nel dialogo tra cristiani.

Il rafforzamento mondiale dell’islam è un fenomeno che presenta vari aspetti. Da una parte vi concorrono degli aspetti finanziari. Il potere finanziario raggiunto dai paesi arabi permette loro di costruire dappertutto grandi moschee e di assicurare una presenza di istituzioni culturali musulmane. Questo però è sicuramente solo un fattore. l’altro è una identità rafforzata ed una nuova autocoscienza.

Nella situazione culturale del secolo XIX e dell’inizio del secolo XX, dunque fino agli anni Sessanta, la superiorità dei paesi cristiani era militarmente, politicamente, industrialmente e culturalmente così significativa, che l’islam era confinato in secondo piano e le civiltà di tradizione cristiana si potevano configurare come la potenza vittoriosa della storia mondiale.

Poi è sopravvenuta la grande crisi morale del mondo occidentale, che è poi il mondo cristiano. Di fronte alle profonde contraddizioni dell’Occidente e alla sua confusione interiore – di fronte alla quale contemporaneamente si sviluppava una nuova potenza economica dei paesi arabi – si è risvegliata l’anima islamica: siamo noi che abbiamo una identità migliore, la nostra religione resiste, voi non ne avete più nessuna.

Oggi sono proprio questi i sentimenti del mondo musulmano: i paesi occidentali non sono più in grado di portare nessun messaggio di carattere morale, hanno da offrire al mondo solo know-how; la religione cristiana ha abdicato, non esiste più come religione; i cristiani non hanno più morale né fede, ci sono solo i resti di qualche moderna idea illuministica; noi abbiamo la religione che resiste.

Così i musulmani hanno ora la consapevolezza che l’islam, alla fine, è davvero rimasto sulla scena come la religione più vitale, che essi hanno da dire al mondo qualcosa e che sono dunque la vera forza religiosa del futuro. Prima la shari’a e tutto il resto erano usciti di scena, ora c’è il nuovo orgoglio. Così si è risvegliato un nuovo entusiasmo, una nuova intensità nel voler vivere l’islam. Questa è la sua grande forza: abbiamo un messaggio morale, che è ininterrotto dall’epoca dei profeti, e diremo al mondo come si può vivere, i cristiani non lo possono più fare. Con questa forza interiore dell’islam, che sta affascinando anche gli ambienti accademici, dobbiamo sicuramente confrontarci.

_____________________

Il libro da cui è stato tratto il brano: Joseph Ratzinger, “Il sale della terra. Cristianesimo e Chiesa cattolica nel XXI secolo”, un colloquio con Peter Seewald, Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo, 2005, pp. 330, euro 18,00.