La Nuova Bussola quotidiana
3 Luglio 2018
Arrivata in Svezia negli anni ’90 dalla Somalia, convertita al cattolicesimo, Mona Walter testimonia come un’Europa che ha abbandonato il cristianesimo ha fatto largo all’islam più radicale e fanatico. E critica l’attuale tendenza nella Chiesa: «Non si può mettere sullo stesso piano cristianesimo e islam»
di Lorenzo Formicola
Mona Walter è nata in quello stato dell’Africa orientale battezzato dall’esploratore italiano Luigi Robecchi Brichetti, Somalia. Terra abitata al 99% da musulmani, e da cui la nota attivista naturalizzata svedese è scappata all’inizio degli anni ’90. Giunta in Europa, si è stabilita in Svezia e là si è convertita al cristianesimo. Da quel momento, diventata “personaggio pubblico”, è voce degli “apostati” – coloro che hanno abbandonato la religione islamica – ed è vittima di una feroce persecuzione. Perché al murtadd (l’apostata) spetta la pena capitale secondo quanto prescritto dalla sharia.
Accusata anche di alimentare addirittura i movimenti anti-islamici, Mona Walter non smette di dire la sua, senza remore, godendo di quella libertà che riesce a sfruttare e che l’islam cerca in tutti i modi di negarle. Ricorda spesso la sua vita in Africa, il suo Paese e quella cultura che, quando era ragazza, non era ancora dovuta scendere a compromessi con la sharia. Negli anni ’70, infatti, la Somalia iniziava a vivere la foga – come tanti altri paesi dell’Africa e del Medio Oriente – di fuggire dall’occidentalizzazione e riaffermare i costumi islamici. I sufi – ramo dell’islam che ne abbraccia la dimensione mistica e che occupava una bella fetta del credo nazionale – erano in prima linea nel contrastare la diffusione dell’istruzione occidentale, per esempio. E sufi era la famiglia di Mona. Ma in breve furono assorbiti dalla violenza sunnita. E da quel momento in Somalia, come in Occidente, tante cose sono cambiate. E nessuno meglio di Mona lo sa.
Quando è arrivata in Svezia nel ’94, le è caduta in testa la tegola dello scontro culturale: “Qui [in Svezia] l’islam è più estremo e fanatico che nel mio paese. Siamo stati islamizzati dopo il 1991. Ci sono aree chiuse, i ghetti di immigrati, che sono private della democrazia”, ha dichiarato recentemente intervistata da Natalia Osten-Sacken. Ma islamizzati da chi? “Dagli imam. Molti vengono dalla Somalia, ma ce ne sono tanti altri che hanno studiato in Arabia Saudita e oggi controllano tante aree in giro per l’Occidente. Predicano la sharia nelle moschee e considerano quanti non credono nel sistema di valori islamici, degli infedeli”.
La Walter racconta della Svezia che ha incontrato negli anni novanta, la Svezia già in parte islamizzata, che non considerava lei e la sua famiglia dei veri musulmani, perché somali. Un paese ancora secolarizzato dal punto di vista dell’islam. Eppure scappata da uno dei posti più poveri e pericolosi al mondo, e dimenticato l’islam, in Svezia, ha iniziato a coprirsi il capo per avere meno paura. L’Europa che l’ha accolta era il continente che già si stava scrollando di dosso l’eredità cristiana. L’Europa, aggiunge Mona Walter, che oggi fa di tutto per non condannare l’islam della violenza sulle donne, così com’è, piena zeppa di islamici che non hanno intenzione di integrarsi con i kafir – gl’infedeli.
Ma l’islam radicale che pare sempre più popolare e attivo in Europa, non è un fenomeno nuovo. Mona Walter fa solo notare quanto i social media l’abbiano reso più “visibile”. E condanna quell’ossessione all’antirazzismo di cui negli anni – e oggi più che mai! – sono diventate vittime quanti hanno provato a denunciare la violenza e l’ingerenza dell’islam in Occidente. Occidente che adesso si gode il raccolto di anni di indottrinamento fin dalle scuole, e di moschee incontrollate, spuntate come funghi, avamposti di una religione “che è un sistema totalitario. Non possiamo trattarlo come qualsiasi altra fede religiosa”.
L’islam “religione di pace”? Mona Walter ci tiene a puntualizzare cosa significhi: “la pace non prevarrà fino a quando la gente non accetterà l’islam come religione. La pace arriverà quando non ci sarà più resistenza e l’islam e la Sharia domineranno”.
La Walter si è convertita al cattolicesimo e ultimamente non fa altro che denunciare quello stato d’inquietudine e insofferenza che le provoca la posizione che la Chiesa cattolica, recentemente, ha assunto nei confronti dell’islam. “Sono molto delusa – ammette – perché l’islam e il cristianesimo non possono essere paragonati. I cristiani devono imitare Gesù che predica amore e misericordia, anche per i suoi nemici. L’islam ha il suo modello in Maometto. Un uomo che uccideva e prendeva le mogli come schiave, e pretendeva che allo stesso modo facessero i suoi seguaci. E’ impossibile sovrapporre questi due mondi. Il creatore di questa ideologia era un criminale – aggiunge Mona Walter – un signore della guerra che diceva che uccidere porta alla gloria. Come possiamo aprire le frontiere a una tale ideologia? Dovremmo stare attenti e guardare a cosa è successo ai cristiani nei paesi musulmani. Gesù ha detto che dovremmo amare i nostri nemici, ma non che dovremmo essere stupidi”.
Mona Walter ha il sospetto che gli attuali leader mondiali non critichino l’islam perché non vogliono perdere voti elettorali. “Sono tutti impegnati a costruire ponti con l’islam, ma non si accorgono di come l’islam stesso stia bruciando ogni ponte”.
Dal suo punto di vista è difficile concepire l’idea che l’islam possa essere riformato. La tesi che, per esempio, porta avanti Ayaan Hirsi Ali. E il ragionamento che fa la Walter è piuttosto elementare. “Il Corano è la parola di Dio per il musulmano. La riforma in cui credono i musulmani liberali sarebbe possibile solo se i leader islamici volessero riformare e cambiare l’islam. Non può venire dai singoli individui. Riformare significa tornare alla fonte basandosi sulle Scrittura. E da questo punto di vista l’islam è già stato “riformato” dal wahhabismo e dal salafismo. A cosa dovrebbero tornare? Hanno intenzione di farlo?”. Mona Walter ammette di aver abbandonato l’islam perché ha letto il Corano. Oggi porta una visibile croce al collo e sulla sua pagina Facebook spesso si chiede, “perché odiate la mia libertà di scelta e la croce che indosso”?