Jihad islamica e crociata cristiana: nessuna confusione

crociataIl Timone – n. 17 Gennaio/Febbraio 2002

Le differenze sostanziali tra la “guerra santa” del mondo islamico e la crociata. La prima è guerra di aggressione. La seconda è una difesa di quella società divenuta cristiana dopo la conquista delle anime e dei cuori.

di Roberto de Mattei

Il parallelo spesso ricorrente tra il jihad, la “guerra santa” islamica, e quella forma di guerra giusta cristiana che nella storia ha preso il nome di crociata è storicamente infondato e va ricondotta per essere compreso alle sue radici.

Oggi si insiste molto sull’aspetto di “pellegrinaggio” delle crociate, “armate di penitenti”, secondo la definizione dello storico Paul Alphandéry. Non bisogna dimenticare però l’aspetto istituzionale delle crociate, che non furono solo movimenti popolari, pellegrinaggi armati “spontanei”, ma innanzitutto, come sottolinea il cardinale Castillo Lara in un sua importante volume sulla “coazione ecclesiastica”, spedizioni militari promosse e dirette dalla Chiesa.

Se infatti il soggetto attivo prossimo delle crociate era costituito da laici (re, principi, signori feudali e semplici fedeli), il soggetto attivo remoto e principale non era altri che il Papa, ossia l’autorità suprema della Cristianità, da cui l’esercito crociata dipendeva direttamente.

La religione maomettana è, al contrario, una “teocrazia ugualitaria” in cui non esistano autorità istituzionali, né di ordine religioso né politico, perché unica autorità è il Corano, “libro incarnato” dell’islam. Il jihad è dunque una guerra priva di dimensione istituzionale, sostanzialmente anarchica e ugualitaria, nel senso che ogni musulmano è un mujhadin, in permanente “guerra santa”, laddove nella cristianità la crociata, intesa in senso giuridico e non figurato, è un’iniziativa pubblica straordinaria di sola e specifica spettanza della Chiesa.

Accanto a questa differenza di carattere istituzionale tra il jihad e la crociata ve ne è un’altra, teologico e spirituale, che ha la sua radice ultima nella profonda diversità tra il Dio cristiano e quello islamico.

Al centro del Cristianesimo sta il Mistero della Santissima Trinità e dell’incarnazione del Verbo. Gesù Cristo, vero Dio e vero Uomo, incarnandosi ha redento l’umanità dal peccato e aperto per essa le porte della Grazia.

La Grazia è l’inabitazione dello Spirito Santo, terza persona della Santissima Trinità, nell’anima del cristiano: la fede che essa suscita è ben diversa dall’umano sentimento religioso del musulmano.

Il monoteismo coranico non ha nulla a che fare con quello cristiano, ma costituisce anzi una diametrale alternativa ad esso. I musulmani sana i primi ad affermarla, recitando con il Corano: “sono miscredenti quelli che dicono: in verità, Dia è un terzo di tre” (Cor. 5, 73). Allah non solo non è unitrino, ma non è Essere e non è persona: è una Volontà in azione che esige sottomissione.

Uno solo è il Dio vivente: se è quello rivelato da Gesù Cristo non può essere quello descritto dal Corano. L’islam, come l’ebraismo odierno, è condannato ad essere una religione rituale ed esteriore, perché privo dell’influsso soprannaturale della Grazia che ha la sua fonte nella Seconda persona della Santissima Trinità.

Il jihad, a differenza della guerra giusta cristiana, è una guerra offensiva, è una guerra di aggressione, proprio perché l’islam, non conoscendo la dimensione interiore tipica del Cristianesimo, non può che espandersi con la forza. li dio coranico non ama gli uomini e non chiede il loro amore, esige semplicemente la loro soggezione. li mondo non credente non ha diritto all’esistenza se non per scegliere tra la conversione o la distruzione ad opera dell’islam.

Il Cristianesimo è invece una religione interiore che si alimenta alla vita soprannaturale dell’anima.

Il Battesimo è il sacramento che innesta questa vita soprannaturale, la vita della Grazia: con esso l’uomo subisce una trasformazione interiore, trovandone il fondamento in Gesù Cristo, che dice: “lo sono la vite, voi i tralci” (Gv 15, 5).

Questa religione, proprio perché interiore, è capace di trasformare profondamente la civiltà, i costumi, le mentalità, plasmando la società dall’interno, come fece il Cristianesimo con il mondo barbaro e pagano.

La vita e la morte legate alla diffusione del Battesimo sono innanzitutto la vita e la morte dell’anima ma sono anche la vita e la morte della civiltà, perché anche le civiltà hanno un’anima e possono averla nella misura in cui la verità del Vangelo trasforma dall’interno le leggi, le istituzioni e i costumi di una società. Fu quanto accadde con la nascita e con l’affermazione del Medioevo cristiano.

Le parole di Gesù Cristo: “Andate per tutto il mondo, predicate il Vangelo ad ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo: chi invece non crederà, sarà condannato” (Me 16, 16), spingono gli Apostoli e i missionari loro successori a propagare una dottrina di verità da un capo all’altro del mondo, facendo appello ai cuori umani con le armi della parola e dell’esempio.

La conquista cristiana della società, di cui gli Apostoli e i discepoli furono iniziatori, non avvenne mediante la forza ma pacificamente, attraverso la conquista delle anime, e cioè delle intelligenze e dei cuori degli uomini.

Ma la società pacificamente conquistata, la società divenuta cristiana costituì un corpus, una comunità che aveva il diritto di essere difesa dall’aggressione di chi voleva disperdere il frutto della Passione di Gesù Cristo. ln questo senso la crociata può essere definita, al tempo stesso, guerra giusta e, secondo le parole di uno studioso francese, Jean Flori, “guerra santa per eccellenza”.

Ricorda

“Un semplice ripasso della storia, pur nelle sue linee generali, conferma una verità evidente: una cristianità in continuo atteggiamento di difesa nei riguardi di una aggressione musulmana, dagli inizi sino ad oggi (in Africa, ad esempio, è in corso un’offensiva sanguinosa per islamizzare le etnìe che i sacrifici eroici di generazioni di missionari avevano portato al battesimo). Ammesso – e, probabilmente, non concesso – che qualcuno, nella storia, debba chiedere scusa a qualcun altro, dovranno forse essere i cattolici a farsi perdonare per quell’atto di autodifesa, per quel tentativo di tenere almeno aperta la via del pellegrinaggio ai luoghi di Gesù che fu il ciclo crociato?”. (Vittorio Messori, Aggrediti e aggressori. Una storia da riscrivere, in Corriere della Sera, 26 luglio 1999, p. 21).

Bibliografia

Roberto de Mattei,Guerra giusta-guerra santa, Piemme, Casale Monferrato 2001.
Card. Rosario Castillo Lara. Coacion ecclesiastica y Sacro Romano Imperio, Pontificio Ateneo Salesiano, Torino 1956.
Jean Flori, La guerre sainte. La formation de l’idèe de croisade dans l’Occident chrétien, Aubier, Paris 2001.

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Che cos’è il jihād

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di Roberto de Mattei

Il parallelo spesso ricorrente tra il jihad, la “guerra santa” islamica, e quella forma di guerra giusta cristiana che nella storia ha preso il nome di crociata è storicamente infondato e va ricondotta per essere compreso alle sue radici.

Oggi si insiste molto sull’aspetto di “pellegrinaggio” delle crociate, “armate di penitenti”, secondo la definizione dello storico Paul Alphandéry. Non bisogna dimenticare però l’aspetto istituzionale delle crociate, che non furono solo movimenti popolari, pellegrinaggi armati “spontanei”, ma innanzitutto, come sottolinea il cardinale Castillo Lara in un sua importante volume sulla “coazione ecclesiastica”, spedizioni militari promosse e dirette dalla Chiesa.

Se infatti il soggetto attivo prossimo delle crociate era costituito da laici (re, principi, signori feudali e semplici fedeli), il soggetto attivo remoto e principale non era altri che il Papa, ossia l’autorità suprema della Cristianità, da cui l’esercito crociata dipendeva direttamente.

La religione maomettana è, al contrario, una “teocrazia ugualitaria” in cui non esistano autorità istituzionali, né di ordine religioso né politico, perché unica autorità è il Corano, “libro incarnato” dell’islam. Il jihad è dunque una guerra priva di dimensione istituzionale, sostanzialmente anarchica e ugualitaria, nel senso che ogni musulmano è un mujhadin, in permanente “guerra santa”, laddove nella cristianità la crociata, intesa in senso giuridico e non figurato, è un’iniziativa pubblica straordinaria di sola e specifica spettanza della Chiesa.

Accanto a questa differenza di carattere istituzionale tra il jihad e la crociata ve ne è un’altra, teologico e spirituale, che ha la sua radice ultima nella profonda diversità tra il Dio cristiano e quello islamico.

Al centro del Cristianesimo sta il Mistero della Santissima Trinità e dell’incarnazione del Verbo. Gesù Cristo, vero Dio e vero Uomo, incarnandosi ha redento l’umanità dal peccato e aperto per essa le porte della Grazia.

La Grazia è l’inabitazione dello Spirito Santo, terza persona della Santissima Trinità, nell’anima del cristiano: la fede che essa suscita è ben diversa dall’umano sentimento religioso del musulmano.

Il monoteismo coranico non ha nulla a che fare con quello cristiano, ma costituisce anzi una diametrale alternativa ad esso. I musulmani sana i primi ad affermarla, recitando con il Corano: “sono miscredenti quelli che dicono: in verità, Dia è un terzo di tre” (Cor. 5, 73). Allah non solo non è unitrino, ma non è Essere e non è persona: è una Volontà in azione che esige sottomissione.

Uno solo è il Dio vivente: se è quello rivelato da Gesù Cristo non può essere quello descritto dal Corano. L’islam, come l’ebraismo odierno, è condannato ad essere una religione rituale ed esteriore, perché privo dell’influsso soprannaturale della Grazia che ha la sua fonte nella Seconda persona della Santissima Trinità.

Il jihad, a differenza della guerra giusta cristiana, è una guerra offensiva, è una guerra di aggressione, proprio perché l’islam, non conoscendo la dimensione interiore tipica del Cristianesimo, non può che espandersi con la forza. li dio coranico non ama gli uomini e non chiede il loro amore, esige semplicemente la loro soggezione. li mondo non credente non ha diritto all’esistenza se non per scegliere tra la conversione o la distruzione ad opera dell’islam.

Il Cristianesimo è invece una religione interiore che si alimenta alla vita soprannaturale dell’anima.

Il Battesimo è il sacramento che innesta questa vita soprannaturale, la vita della Grazia: con esso l’uomo subisce una trasformazione interiore, trovandone il fondamento in Gesù Cristo, che dice: “lo sono la vite, voi i tralci” (Gv 15, 5).

Questa religione, proprio perché interiore, è capace di trasformare profondamente la civiltà, i costumi, le mentalità, plasmando la società dall’interno, come fece il Cristianesimo con il mondo barbaro e pagano.

La vita e la morte legate alla diffusione del Battesimo sono innanzitutto la vita e la morte dell’anima ma sono anche la vita e la morte della civiltà, perché anche le civiltà hanno un’anima e possono averla nella misura in cui la verità del Vangelo trasforma dall’interno le leggi, le istituzioni e i costumi di una società. Fu quanto accadde con la nascita e con l’affermazione del Medioevo cristiano.

Le parole di Gesù Cristo: “Andate per tutto il mondo, predicate il Vangelo ad ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo: chi invece non crederà, sarà condannato” (Me 16, 16), spingono gli Apostoli e i missionari loro successori a propagare una dottrina di verità da un capo all’altro del mondo, facendo appello ai cuori umani con le armi della parola e dell’esempio.

La conquista cristiana della società, di cui gli Apostoli e i discepoli furono iniziatori, non avvenne mediante la forza ma pacificamente, attraverso la conquista delle anime, e cioè delle intelligenze e dei cuori degli uomini.

Ma la società pacificamente conquistata, la società divenuta cristiana costituì un corpus, una comunità che aveva il diritto di essere difesa dall’aggressione di chi voleva disperdere il frutto della Passione di Gesù Cristo. ln questo senso la crociata può essere definita, al tempo stesso, guerra giusta e, secondo le parole di uno studioso francese, Jean Flori, “guerra santa per eccellenza”.

Ricorda

“Un semplice ripasso della storia, pur nelle sue linee generali, conferma una verità evidente: una cristianità in continuo atteggiamento di difesa nei riguardi di una aggressione musulmana, dagli inizi sino ad oggi (in Africa, ad esempio, è in corso un’offensiva sanguinosa per islamizzare le etnìe che i sacrifici eroici di generazioni di missionari avevano portato al battesimo). Ammesso – e, probabilmente, non concesso – che qualcuno, nella storia, debba chiedere scusa a qualcun altro, dovranno forse essere i cattolici a farsi perdonare per quell’atto di autodifesa, per quel tentativo di tenere almeno aperta la via del pellegrinaggio ai luoghi di Gesù che fu il ciclo crociato?”. (Vittorio Messori, Aggrediti e aggressori. Una storia da riscrivere, in Corriere della Sera, 26 luglio 1999, p. 21).

Bibliografia

Roberto de Mattei,Guerra giusta-guerra santa, Piemme, Casale Monferrato 2001.
Card. Rosario Castillo Lara. Coacion ecclesiastica y Sacro Romano Imperio, Pontificio Ateneo Salesiano, Torino 1956.
Jean Flori, La guerre sainte. La formation de l’idèe de croisade dans l’Occident chrétien, Aubier, Paris 2001.

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di Roberto de Mattei

Il parallelo spesso ricorrente tra il jihad, la “guerra santa” islamica, e quella forma di guerra giusta cristiana che nella storia ha preso il nome di crociata è storicamente infondato e va ricondotta per essere compreso alle sue radici.

Oggi si insiste molto sull’aspetto di “pellegrinaggio” delle crociate, “armate di penitenti”, secondo la definizione dello storico Paul Alphandéry. Non bisogna dimenticare però l’aspetto istituzionale delle crociate, che non furono solo movimenti popolari, pellegrinaggi armati “spontanei”, ma innanzitutto, come sottolinea il cardinale Castillo Lara in un sua importante volume sulla “coazione ecclesiastica”, spedizioni militari promosse e dirette dalla Chiesa.

Se infatti il soggetto attivo prossimo delle crociate era costituito da laici (re, principi, signori feudali e semplici fedeli), il soggetto attivo remoto e principale non era altri che il Papa, ossia l’autorità suprema della Cristianità, da cui l’esercito crociata dipendeva direttamente.

La religione maomettana è, al contrario, una “teocrazia ugualitaria” in cui non esistano autorità istituzionali, né di ordine religioso né politico, perché unica autorità è il Corano, “libro incarnato” dell’islam. Il jihad è dunque una guerra priva di dimensione istituzionale, sostanzialmente anarchica e ugualitaria, nel senso che ogni musulmano è un mujhadin, in permanente “guerra santa”, laddove nella cristianità la crociata, intesa in senso giuridico e non figurato, è un’iniziativa pubblica straordinaria di sola e specifica spettanza della Chiesa.

Accanto a questa differenza di carattere istituzionale tra il jihad e la crociata ve ne è un’altra, teologico e spirituale, che ha la sua radice ultima nella profonda diversità tra il Dio cristiano e quello islamico.

Al centro del Cristianesimo sta il Mistero della Santissima Trinità e dell’incarnazione del Verbo. Gesù Cristo, vero Dio e vero Uomo, incarnandosi ha redento l’umanità dal peccato e aperto per essa le porte della Grazia.

La Grazia è l’inabitazione dello Spirito Santo, terza persona della Santissima Trinità, nell’anima del cristiano: la fede che essa suscita è ben diversa dall’umano sentimento religioso del musulmano.

Il monoteismo coranico non ha nulla a che fare con quello cristiano, ma costituisce anzi una diametrale alternativa ad esso. I musulmani sana i primi ad affermarla, recitando con il Corano: “sono miscredenti quelli che dicono: in verità, Dia è un terzo di tre” (Cor. 5, 73). Allah non solo non è unitrino, ma non è Essere e non è persona: è una Volontà in azione che esige sottomissione.

Uno solo è il Dio vivente: se è quello rivelato da Gesù Cristo non può essere quello descritto dal Corano. L’islam, come l’ebraismo odierno, è condannato ad essere una religione rituale ed esteriore, perché privo dell’influsso soprannaturale della Grazia che ha la sua fonte nella Seconda persona della Santissima Trinità.

Il jihad, a differenza della guerra giusta cristiana, è una guerra offensiva, è una guerra di aggressione, proprio perché l’islam, non conoscendo la dimensione interiore tipica del Cristianesimo, non può che espandersi con la forza. li dio coranico non ama gli uomini e non chiede il loro amore, esige semplicemente la loro soggezione. li mondo non credente non ha diritto all’esistenza se non per scegliere tra la conversione o la distruzione ad opera dell’islam.

Il Cristianesimo è invece una religione interiore che si alimenta alla vita soprannaturale dell’anima.

Il Battesimo è il sacramento che innesta questa vita soprannaturale, la vita della Grazia: con esso l’uomo subisce una trasformazione interiore, trovandone il fondamento in Gesù Cristo, che dice: “lo sono la vite, voi i tralci” (Gv 15, 5).

Questa religione, proprio perché interiore, è capace di trasformare profondamente la civiltà, i costumi, le mentalità, plasmando la società dall’interno, come fece il Cristianesimo con il mondo barbaro e pagano.

La vita e la morte legate alla diffusione del Battesimo sono innanzitutto la vita e la morte dell’anima ma sono anche la vita e la morte della civiltà, perché anche le civiltà hanno un’anima e possono averla nella misura in cui la verità del Vangelo trasforma dall’interno le leggi, le istituzioni e i costumi di una società. Fu quanto accadde con la nascita e con l’affermazione del Medioevo cristiano.

Le parole di Gesù Cristo: “Andate per tutto il mondo, predicate il Vangelo ad ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo: chi invece non crederà, sarà condannato” (Me 16, 16), spingono gli Apostoli e i missionari loro successori a propagare una dottrina di verità da un capo all’altro del mondo, facendo appello ai cuori umani con le armi della parola e dell’esempio.

La conquista cristiana della società, di cui gli Apostoli e i discepoli furono iniziatori, non avvenne mediante la forza ma pacificamente, attraverso la conquista delle anime, e cioè delle intelligenze e dei cuori degli uomini.

Ma la società pacificamente conquistata, la società divenuta cristiana costituì un corpus, una comunità che aveva il diritto di essere difesa dall’aggressione di chi voleva disperdere il frutto della Passione di Gesù Cristo. ln questo senso la crociata può essere definita, al tempo stesso, guerra giusta e, secondo le parole di uno studioso francese, Jean Flori, “guerra santa per eccellenza”.

Ricorda

“Un semplice ripasso della storia, pur nelle sue linee generali, conferma una verità evidente: una cristianità in continuo atteggiamento di difesa nei riguardi di una aggressione musulmana, dagli inizi sino ad oggi (in Africa, ad esempio, è in corso un’offensiva sanguinosa per islamizzare le etnìe che i sacrifici eroici di generazioni di missionari avevano portato al battesimo). Ammesso – e, probabilmente, non concesso – che qualcuno, nella storia, debba chiedere scusa a qualcun altro, dovranno forse essere i cattolici a farsi perdonare per quell’atto di autodifesa, per quel tentativo di tenere almeno aperta la via del pellegrinaggio ai luoghi di Gesù che fu il ciclo crociato?”. (Vittorio Messori, Aggrediti e aggressori. Una storia da riscrivere, in Corriere della Sera, 26 luglio 1999, p. 21).

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Card. Rosario Castillo Lara. Coacion ecclesiastica y Sacro Romano Imperio, Pontificio Ateneo Salesiano, Torino 1956.
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