È la new entry dei latinoamericani ed è già in testa tra i possibili successori di Pietro. Se eletto, sarebbe il primo papa gesuita. Ritratto non autorizzato d´un uomo molto fuori dal comune
di Sandro Magister
(Da “L´espresso” n. 49 del 28 novembre-5 dicembre 2002, titolo originale “Bergoglio in pole position”) A metà novembre lo volevano eleggere presidente dei vescovi dell´Argentina. Ma ha rifiutato. Se ci fosse un conclave, però, gli sarebbe difficilissimo respingere l´elezione a papa. Perché è lui che i cardinali voterebbero a valanga, se chiamati a scegliere dall´oggi al domani il successore di Giovanni Paolo II.
Lui è Jorge Mario Bergoglio, arcivescovo di Buenos Aires. Cognome italiano ma argentino di nascita è balzato in testa alla lista dei papabili, nell´ipotesi, sempre più verosimile, che il prossimo papa sia un latinoamericano. Timido, schivo, di poche parole, non muove un dito per fare campagna. Ma proprio questo è giudicato uno dei suoi grandi meriti.
Giovanni Paolo II l´ha fatto cardinale con l´ultima infornata di nomine, nel febbraio del 2001. E anche lì Bergoglio s´è distinto per stile, rispetto a tanti suoi colleghi festaioli. Centinaia di argentini si diedero da fare per raccogliere denari e volare a Roma a omaggiare la nuova porpora. Ma lui li fermò. Li obbligò a starsene in patria e ordinò di distribuire i denari tra la povera gente. A Roma, fece festa quasi da solo. Con austerità da quaresima.
Perché è così che vive da sempre. Da quando è arcivescovo della capitale argentina il lussuoso episcopio adiacente alla cattedrale è rimasto vuoto. Abita in un appartamentino poco distante, assieme a un altro vescovo vecchio e malandato. La sera cucina da solo, per due. In automobile ci va poco. Gira in autobus con la tonaca da semplice prete.
Certo, adesso gli è più difficile passare in incognito. In patria il suo volto è sempre più popolare. Da quando l´Argentina si è avvitata in una crisi tremenda ed è calata a picco anche la reputazione di tutti, politici, burocrati, industriali, magistrati, intellettuali, la stella del cardinale Bergoglio è salita allo zenit. Rara luce d´orientamento per tutti.
Eppure non è tipo da concedersi al pubblico. Ogni volta che dice la sua, piuttosto spiazza e sorprende. A metà novembre, agli argentini ridotti alla fame non ha offerto un dotto sermone sulla giustizia sociale, ma ha detto di riprendere in mano il catechismo. L´umile catechismo dei dieci comandamenti e delle beatitudini. Perché, ha spiegato, «il cammino di Gesù è questo». E una volta che uno lo segue sul serio, capisce che «calpestare la dignità di una donna, di un uomo, di un bambino, di un anziano è un peccato grave che grida al cielo». E decide di non farlo più.
Gli altri vescovi lo seguono concordi. Nell´anno santo del 2000 all´intera Chiesa argentina ha fatto indossare le vesti della pubblica penitenza, per le colpe commesse negli anni della dittatura. Il risultato è che dopo questo lavacro di purificazione la Chiesa s´è ritrovata capace di chiedere con più credibilità all´intera nazione di riconoscere le proprie colpe nel disastro in cui ora si trova.
Al Te Deum dell´ultima festa nazionale, lo scorso 25 maggio, l´omelia del cardinale Bergoglio ha avuto un ascolto record. Il cardinale ha chiesto agli argentini di fare come lo Zaccheo del vangelo. Era un bieco strozzino. Ma ha preso coscienza della propria bassezza morale e si è arrampicato sul sicomoro, per vedere Gesù e lasciarsi vedere e convertire da lui.
Non c´è politico, dalla destra all´estrema sinistra, che non spasimi una sua benedizione. Persino le donne della Plaza de Mayo, ultraradicali e anticattoliche sfrenate, lo trattano con rispetto. In qualcuna di loro, in colloqui privatissimi, ha persino fatto breccia. Un´altra volta è comparso al capezzale di un ex vescovo, Jeronimo Podestá, che s´era sposato in urto con la Chiesa e stava morendo povero e dimenticato da tutti. La moglie da allora è divenuta sua fan.
Ma anche Bergoglio ha avuto le sue difficoltà con l´ambiente ecclesiastico. È gesuita di quelli all´antica, fedelissimi di sant´Ignazio. E divenne provinciale della Compagnia di Gesù in Argentina proprio quando infuriava la dittatura e tanti suoi confratelli erano tentati d´imbracciare il fucile e di applicare le lezioni di Marx. Sta di fatto che, deposto da provinciale, Bergoglio tornò nell´ombra. A ripescarlo fu, nel 1992, l´allora arcivescovo di Buenos Aires, Antonio Quarracino, che lo fece suo vescovo ausiliare.
E da allora è iniziata la sua ascesa. La prima e quasi unica intervista da arcivescovo di Buenos Aires l´ha data a un giornalino di parrocchia, “Estrellita de Belém”. Per dire che la Chiesa è minoranza e non deve coltivare illusioni di grandezza.
Viaggia il meno possibile. A Roma, in Vaticano, ci va lo stretto necessario, quattro o cinque volte all´anno quando lo chiamano. Prende una cameretta alla Casa del Clero in via della Scrofa e alle cinque e mezza del mattino lo si trova già in cappella a pregare.
La sua comunicativa eccelle nei colloqui a tu per tu. Ma quando è obbligato, sa far bene anche in pubblico. All´ultimo sinodo dei vescovi, nell´autunno del 2001, gli chiesero, di punto in bianco, di prendere il posto del relatore in programma che aveva dato forfait. Se la cavò con maestria, al punto che alla fine del sinodo, al momento di nominare i 12 del consiglio di segreteria, lo elessero col massimo dei voti.
E qualcuno, in Vaticano, pensò di chiamarlo a dirigere un importante dicastero. «Per carità, in curia muoio», implorò. Lo graziarono.
Da allora il pensiero di farlo tornare a Roma come successore di Pietro ha cominciato a propagarsi con intensità crescente. I cardinali latinoamericani sono sempre più orientati su di lui. Il cardinale Joseph Ratzinger altrettanto. L´unico dei grandi curiali che tentenna, quando sente il suo nome, è il segretario di Stato Angelo Sodano. Proprio lui che ha fama di sostenere l´idea di un papa latinoamericano.
Vita da gesuita
Jorge Mario Bergoglio è nato a Buenos Aires il 17 dicembre 1936. Ha studiato da chimico, prima di farsi gesuita. È divenuto prete a 33 anni. Ha fatto studi di filosofia, letteratura, psicologia e teologia in diverse università dell´Argentina, del Cile, della Spagna e della Germania.
Nel 1973 fu nominato superiore provinciale della Compagnia di Gesù in Argentina. Ma nel 1980 tornò agli studi e sparì dalla scena. Nel 1992 fu nominato vescovo ausiliare di Buenos Aires. Nel 1998 divenne arcivescovo della stessa città. E nel 2001 Giovanni Paolo II lo fece cardinale.
È vicepresidente della conferenza episcopale argentina e fa parte del consiglio di segreteria del sinodo dei vescovi di tutto il mondo. Parla un buon italiano.