Osservatorio Internazionale cardinale Van Thuân
sulla Dottrina sociale della Chiesa
Newsletter 3 Settembre 2021
di Stefano Fontana
L’espressione “opposizione polare”, come è noto, appare nel titolo di un libro di Romano Guardini: “L’opposizione polare. Saggio per una filosofia del concreto vivente”, edito per la prima volta nel 1925 e editato in Italia dalla Morcelliana. Guardini era nato nel 1985, quindi scrisse questo libro a 40 anni di età. Posiamo definirla un’opera ancora “giovanile”.
Come è altrettanto noto, molti vedono in questo libro una delle fonti di ispirazione del pensiero di Francesco. Per esempio Silvano Zucal non ha dubbi nel suo articolo “Romano Guardini maestro di papa Francesco”, “Vita e Pensiero”, novembre-dicembre 2016, pp. 47-54. Anche Massimo Borghesi nella sua biografia intellettuale di Bergoglio fa riferimento, tra gli altri, a Guardini (Jorge Mario Bergoglio – Una biografia intellettuale, Jaka Book, Milano 2017).
Ma è proprio giustificato questo collegamento?
Il libro di Guardini, come dice il sottotitolo, si occupa del “concreto vivente”, vale a dire che riguarda l’aspetto della fenomenologia esistenziale della persona. Non intende essere né un libro di antropologia metafisica né un trattato di morale e di vita “pratica” nel senso etico della parola. Men che meno vuol essere un’opera di antropologia teologica.
Stato e mutamento, forma e forza, particolare e totale, creare e organizzare, regola e originalità, unità e molteplicità sono gli opposti di cui parla Guardini che, come si può vedere, sono tensioni interne all’esistenza del vivente e in questo limite devono essere considerate. Ma tra l’essere e il nulla, tra il vero e il falso, tra il giusto e il torto, tra il bene e il male, tra teismo e ateismo, tra il peccato e la grazia non c’è nessuna “attrazione polare”.
Joseph Ratzinger lo ha precisato nel suo libro “Fede verità tolleranza. Il cristianesimo e le religioni del mondo”. L’interpretazione della “opposizione polare” di Romano Guardini da parte di Francesco sembra invece riguardare i temi suddetti nei quali essa non può essere applicata. Per fare un esempio, nell’Esortazione apostolica Amoris laetitia Francesco stabilisce una “opposizione polare” tra la norma e la coscienza.
Un articolo pubblicato nella rivista “Alfa Omega” dell’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum [Jakub Rajčáni, S.V.D., “La coscienza situata come “polo opposto” della norma morale”, “Alfa Omega”, XXII (2019) 1, pp. 103-117] sviluppa questo tema collegando esplicitamente l’attrazione polare tra norma e coscienza e l’Esortazione di Francesco, confermando che questo è veramente il suo pensiero. Ma questa visione del rapporto tra legge e coscienza è contraria a quella sempre insegnata dalla teologia morale cattolica tradizionale fino alla Veritaits spoendor di Giovanni Paolo II.
Tra norma e coscienza non c’è affatto una attrazione polare, né Guardini ha mai sostenuto questo. L’enciclica Veritatis splendor [soprattutto i paragrafi dal 54 al 64] presenta la coscienza come il luogo ove ha sede la legge avendo l’uomo la legge di Dio scritta dentro il cuore. L’enciclica nega che tra legge e coscienza ci sia una “opposizione polare” come tra un polo “dottrinale ed astratto” da un lato e uno “esistenziale e concreto” dall’altro, perché questo richiederebbe una cosa che l’enciclica esclude, ossia il carattere “creativo” della coscienza per cui essa “non sarebbe affatto obbligata, in tutti i casi, da un precetto negativo particolare” (n. 56).
La coscienza non è il polo opposto alla legge, perché essa pone l’uomo davanti alla legge e nella concreta azione morale “il carattere universale della legge e dell’obbligazione non è cancellato, ma piuttosto riconosciuto” (n. 59). Il principio dell’obbedienza alla legge oggettiva fa parte della stessa coscienza e tra le due non c’è come un tiro alla fune tra due poli opposti nella ricerca di un compromesso mediano.
La coscienza conosce la legge e il vero bene per “connaturalità”, per farlo non deve rinunciare a niente di se stessa. Certamente la cosa sorprende non poco. Voglio dire che Francesco neghi un punto così importante insegnato dall’enciclica di Giovanni Paolo II e che una autorevole rivista di una autorevole Facoltà Pontificia sostenga l’impresa.