La Verità Lunedì 20 Maggio 2024
Nel testo sacro dei musulmani, i versetti che spronano a combattere gli infedeli sono in numero ben maggiore e non sono circoscritti a momenti storici specifici. Inoltre nei secoli l’islam ha introdotto due precetti ulteriori: la guerra santa e il martirio
di Silvana de Mari
«A lavare la testa all’asino si perde il ranno e il sapone». Il ranno era un filtrato di cenere usato per lavare i panni. Come spiega Bat Ye’or nel libro Eurabia , e come dimostrano i pro Pal dei campus statunitensi accoccolati a pregare verso la Mecca, la causa palestinese è fondamentale per l’islamizzazione dell’Europa.
L’islamizzazione dell’Europa procede a tappe forzate, con l’entusiasmo di utili entusiasti, con i quali è impossibile qualsiasi discussione. Affermano che la violenza esiste anche nella Bibbia, negano quella del Corano. Ma nella Bibbia i versi violenti sono infinitamente di meno, sono parte di un racconto che si svolge nello spazio di secoli e sono circoscritti a una situazione precisa (uccidete gli assiri).
Nel Corano sono molto più numerosi e non circoscritti (uccidete gli infedeli ovunque si trovino). Alla violenza del Corano si aggiungono due precetti successivi. Ne parla Carlo Panella in due libri imperdibili: Il libro nero del Califfato, edizioni Bur, e Il libro nero di Hamas, edizioni Lindau. Panella identifica in due affermazioni la moltiplicazione della violenza islamica.
Nell’islam originale i precetti (arkan) erano cinque: la dichiarazione di fede, la preghiera quotidiana, il rispetto del ramadan, il pellegrinaggio alla Mecca, l’autotassazione. A questi obblighi, il teologo Ahmad ibn Taymiyya, sunnita salafita, nel XIII secolo ne ha aggiunto un sesto, il dovere della Guerra Santa, jihad, che lui specifica essere ben più importante degli altri.
Questo vuol dire due cose: non sei un buon musulmano se non combatti e uccidi gli infedeli e gli apostati, mentre se sei sempre stato un pessimo musulmano, che non rispetta i precetti, con il jihad puoi riscattarti e salvarti. Il jihad è contro infedeli, apostati, idolatri, sciiti (accusati di essere idolatri per il loro culto dei dodici imam), cristiani, ebrei e yazidi.
A questo obbligo sunnita se ne aggiunge un settimo, sciita, di pochi decenni fa: l’ayatollah Ruhollah Khomeini nel 1979 ha introdotto un settimo precetto: il martirio, morire uccidendo.
«Il martirio è il cuore della Storia; nello stesso modo in cui il cuore irrora di sangue il corpo, così il martire irrora la storia. Ogni rivoluzione ha due volti: il primo è il sangue, il secondo è il messaggio: il martirio è testimone di ambedue. Chi sceglie questa morte rossa mostra il proprio amore per la verità. Una verità conculcata, che è l’unica arma per il jihad.
Il martirio emana una solarità unica, crea luce e calore nel mondo e nel cuore freddo e buio, nei pensieri, nei voleri paralizzati, immersi nella stagnazione, e nell’oscurità immemore crea movimento, visione, speranza e crea volere, missione e dedizione. Il pensiero “niente può essere fatto” cambia in “qualcosa può essere fatto” o in “qualcosa deve essere fatto”.
Il sangue si moltiplica: la morte del martire ha come conseguenza la morte del nemico che ha ucciso lui e quella del nemico ucciso dai suoi emuli. Versando il proprio sangue egli non causa solo la morte del nemico, ma la sua umiliazione», afferma Ali Shariati , il teologo riconosciuto del regime di Khomeini.
Il martirio è esteso a tutti. Nel sanguinoso conflitto con l’Iraq squadre di ragazzini iraniani con sulla fronte la fascia bianca dei martiri sono usati per sminare. Donne anche incinte e bambini sono stati forniti di cinture esplosive e mandati contro Israele. I soldati israeliani sanno che chiunque può essere la bomba che li massacra.
Il martirio è esteso anche alla nazione. Dato che Khomei ni aveva avvertito il mondo che tra gli scopi, anzi i doveri, della rivoluzione c’è la distruzione dello stato di Israele, il fatto che l’Iran abbia un programma nucleare è oggettivamente un pericolo gravissimo. L’arkan del martirio nasce in ambiente sciita, ma si diffonde immediatamente nel mondo sunnita wahabita e diventa l’ossessione del mondo musulmano radicale.
Nel suo Il libro nero di Hamas Panella racconta come Gaza sia diventata il fulcro di questa ideologia della morte. La morte è invocata, esaltata, addirittura concupita. Le madri arabe cantano spesso le litanie dedicate alla prima notte delle nozze, nei banchetti che celebrano il figlio martire, i neonati vengono vesti da piccoli kamikaze, ai bambini si insegna come il martirio sia il solo vero scopo di una vita. Tutti sono votati alla morte per la distruzione non solo dello Stato sionista ma di ogni singolo ebreo nel mondo (rispettivamente articolo 1 e 7 della costituzione di Hamas).
Il capo di Hamas Sinwar ha dichiarato serenamente, in interviste rilasciate mentre lui se ne sta al sicuro, che Hamas ha bisogno del massimo dei morti civili, meglio se donne e bambini, per raggiungere il suo scopo, che è scatenare un odio genocidario verso Israele. Israele è accusato di genocidio. Il genocidio consiste nel fare il massimo danno fino allo sterminio totale a un popolo disarmato e inerme.
Un popolo che ha compiuto il più odioso dei pogrom, che trattiene deridendoli e torturandoli ostaggi, incluso un bimbo di un anno, e che continua a sparare missili su Israele, è un popolo in guerra, non un popolo disarmato, un popolo in guerra contro un esercito più forte che potrebbe spazzare via tutto e tutti con bombardamenti a tappeto, tenendo il suo esercito al sicuro, e che fortunatamente non lo ha mai fatto e mai lo farà.
Bombardare una casa dopo aver avvertito con volantini, perché sul tetto di quella casa ci sono rampe di missili, è un atto di guerra, e non diventa un atto genocidario nemmeno se in quella casa ci sono i civili cui Hamas ha impedito l’accesso ai rifugi. Far saltare un bus scolastico è un atto genocidario, rapire un bambino di un anno è un atto genocidario, uccidere intenzionalmente un neonato è un atto genocidario.
Hamas è un organismo genocidario che non può attuare un genocidio per mancanza di mezzi, non di buona volontà. Tutte le mattine gli israeliani si svegliano perché i palestinesi non hanno potuto ucciderli, tutte le mattine i palestinesi si svegliano perché gli israeliani non hanno voluto ucciderli. Tutti i popoli decenti e tutti gli eserciti decenti mettono i civili al sicuro nei rifugi. Sotto Gaza ci sono chilometri e chilometri di tunnel che sono anche rifugi antiaerei, ma l’ingresso è vietato ai civili. Il civile deve restare sotto le macerie così da diventare una vittima, e quindi un martire.Come scrive Panella «il pogrom del 7 ottobre, il massacro di 1.200 civili indifesi, donne, vecchi e bambini, le centinaia di stupri e violenze inenarrabili – peggio del terrorismo dunque – hanno riscosso ampio consenso popolare.
Anche in Europa e in America». Il giorno successivo al pogrom gli atenei statunitensi erano appassionatamente favorevoli agli assassini commessi. Spesso i professori hanno giubilato con gli studenti. Il consenso di cui go de Hamas merita di essere analizzato.
Ho scoperto a mie spese che un qualsiasi tentativo di discussione con gli entusiasti sostenitori di Hamas sia una fatica inutile. Non sanno nulla, spiegano che l’Iran è una nazione pacifica, che non ha mai lapidato nessuna donna, e che il velo è identità. Negano che i palestinesi ci abbiano fatto due attentati a Fiumicino per un totale di 48 morti, che abbiano aperto il fuoco sui bambini ebrei davanti alla sinagoga di Roma, che abbiano sequestrato l’Achille Lauro ammazzando un anziano ebreo in sedia a rotelle.
Negano il terrorismo contro civili israeliani e quando lo ammettono dichiarano che non esistono israeliani innocenti. Si fondono nell’amore per Hamas due sentimenti potenti, l’amore ancestrale che molti nutrono per la violenza (Hitler, Stalin, le Brigate Rosse sono stati molto amati) e lo stesso odio contro gli ebrei che ne ha causato lo sterminio durante la seconda guerra mondiale.
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