Tratto dal sito Libertà e Persona
22 gennaio 2016
di Marco Luscia
Si avvicina la giornata della memoria e come ogni anno la storia dell’atroce ideologia nazista verrà raccontata in mille modi. Ma oltre la brutalità dei fatti esiste una radice culturale, un pensiero, che ha reso e rende sempre possibile lo scatenarsi del male dentro il cuore dell’uomo, il suo dilagare nelle strutture sino a diventare sistematica, scientifica pratica, dello sterminio. L’idea di fare di questo mondo il tutto, l’idea di un’ingegneria sociale infallibile, l’idea demiurgica di plasmare l’umana natura.
La politica è il luogo dell’esercizio del potere, ma questo potere deve pur avere un limite. Quando la politica pretenda di invadere l’uomo plasmandone ogni dimensione, assorbendo il singolo nell’unità della razza o dello stato, i germi del totalitarismo sono interrati. Poco conta quale idea di società si pretenda di edificare, si tratti di quella marxista o di quella fascista,il risultato non muta. Eppure queste idee, hanno referenti lontani, allignano nei messianismi medioevali, nelle eresie millenariste, che pretendevano di creare il paradiso in terra; o ancora nei grandi progetti di riforma sociale dei rivoluzionari francesi, come Condorcet, Marat, Saint Just, i quali, presumono di creare l’uomo nuovo attraverso l’educazione ai valori del cittadino, immemore di ogni tradizione, soprattutto dimentico del cattolicesimo.
Sentite Saint Just: ”Il legislatore ordina al futuro; non gli serve affatto essere debole; è compito suo volere il bene e perpetuarlo; è compito suo rendere gli uomini ciò che vuole essi siano”. E ancora, sempre lui: “Il popolo francese vota la libertà del mondo”, e Brissot, membro della convenzione: ”l’angelo sterminatore della libertà farà cadere questi satelliti del dispotismo”. In tutto questo la violenza è norma lecita di condotta in nome dei principi. Idee simili porteranno al genocidio Vandeano con i suoi 150000 morti, prove generali di sterminio sistematico. Poi verrà la sacralizzazione delle nazioni, dei confini, degli eserciti, delle bandiere, la lega obbligatoria per servire la patria. E l’Europa unita dal Sacro Romano impero, con ”l’Erasmus ante litteram” costituito dalla rete delle università di Parigi, Londra, Padova, Bologna, Oxford, non sarà che un ricordo.
L’esito ultimo di questo processo si incarna nelle tragiche ideologie novecentesche. L’uomo con la sua coscienza, con la sua unicità intangibile che deriva dall’essere creatura voluta da Dio è azzerato, reso schiavo di ideologie che lo fanno insignificante particella di un organismo pensato dai demiurghi dell’ideologia. Si chiami razza, sangue, stato, partito, nazione, chi è sacrificato è sempre il singolo. L’uomo ridotto quasi a fastidioso impedimento al progetto di un mondo nuovo. Un mondo senza alcuna trascendenza, prodotto soltanto dalle mani “esperte” di pochi eletti interpreti del futuro. Vita pianificata, in cui ciascuno deve assimilare la lezione senza protestare.
Ogni totalitarismo, morbido o feroce che sia, esige un’unica fonte di educazione per le nuove generazioni. La società naturale, il tessuto originario da cui germinano forme organizzative più complesse, ama la varietà, la molteplicità degli usi, dei dialetti, dei costumi, dei profumi, dei cibi, dei panorami.
In due modi il potere può violare la coscienza, cioè l’unicità di ciascuno di noi, il nostro essere persone titolari di diritti naturali.
Il primo modo è quello delle dittature che assorbono il singolo nel collettivo attraverso la creazione forzosa di un “uomo nuovo”. Comunismo, fascismo, nazismo, giudicano il mondo troppo imperfetto e intendono rifondarlo a costo di sacrificare i singoli riottosi.
Ma esiste un secondo modo, “più democratico,” suadente, contemporaneo, un modo che si appella alla libertà. Si tratta di un’azione che disintegra il senso di ogni civiltà, di ogni spirito di appartenenza, di ogni diversità, per accomunare tutti nel tempio della religione del consumo, intonando lodi al dio denaro. E’ questa l’essenza di ogni materialismo. Il singolo è come isolato da ogni valore condiviso, i valori infatti vengono irrisi, banalizzati, accusati di essere espressione di uno spirito intollerante. Ad essi vien sostituita, l’idea della libertà intesa come ricerca del piacere e come fuga da ogni spirito di sacrificio.
Libertà senza verità potrebbe essere lo slogan che il nuovo totalitarismo scrive sulle proprie bandiere pacifiste. Ma la pace non si vede, né dentro i cuori, né sulle strade dei continenti dove scorrono violenze continue. Per fare tutto questo era necessario demolire ogni coscienza, o meglio, ridurre la coscienza ad un grande schermo dove si riflettano tutte le seduzioni contraddittorie del nostro tempo, come in un cinema, capace di emozionare ma nel contempo di annientare ogni spirito critico.
Fuggire da tutto questo è buona cosa è fare memoria. Una memoria che fissando il passato interroga il presente, con la forza di trasformarlo, per amore dell’uomo, del suo essere corpo e spirito, un nodo misterioso di libertà e verità in perenne tensione.