Marco Invernizzi
Care amiche, cari amici,annunciando nell’aula della Camera il voto contrario al disegno di legge sui figli naturali, Alfredo Mantovano ha ricordato quanto scriveva nel 1969 Jean-Paul Sartre (rivista Tout, n. 12): “Quanto alla famiglia, scomparirà (…) soltanto quando avremo cominciato a sbarazzarci del tabù dell’incesto (…); la libertà deve essere pagata a questo prezzo”.
Dobbiamo riflettere su quanto accaduto alla Camera dei Deputati martedì 27 novembre. Non soltanto nel merito, di fatto lo sdoganamento dell’incesto, ma per le conseguenze e per lo scenario che si apre per i cosiddetti principi non negoziabili.
Sul primo punto rimando a esperti, che non mancano, che certamente commenteranno la legge e che già in Parlamento hanno quanto meno lanciato un allarme, e votato contro. Oltre a Mantovano, ricordo gli interventi di Alessandro Pagano, di Massimo Polledri, di Maria Luisa Santolini e Paola Binetti, di Rocco Buttiglione, di Barbara Saltamartini, Mario Landolfi, Francesco Biava e Gabriele Toccafondi, Andrea Orsini, oltre a Renato Farina e a non molti altri, purtroppo. Rimando in particolare, per capire l’accaduto, all’intervista a Mantovano su Tempi del 28 novembre.
Ma quello che deve farci riflettere è l’assenza di uno schieramento parlamentare, e anche politico, a favore “senza se e senza ma” dei principi non negoziabili.
Proprio in questi giorni è trascorso in un generale silenzio il decimo anniversario della Nota sull’impegno politico dei cattolici della Congregazione per la dottrina della fede (24 novembre 2002). Quella Nota sostiene un passaggio importante per l’impegno politico dei cattolici, sia eletti o candidati sia elettori.
Essa infatti ricorda che, finita l’epoca delle ideologie quando si votava per appartenenza culturale o ideologica, dopo la caduta del Muro di Berlino e la scomparsa dei partiti ideologici, oggi, nell’epoca post-ideologica, si deve orientare il proprio voto in base al rispetto e alla promozione, affermato o pubblicamente manifestato in caso di una nuova candidatura, dei principi non negoziabili.
E questi ultimi non sono tutti i principi della dottrina sociale della Chiesa, ma hanno una gerarchia in ordine di importanza, come dirà espressamente papa Benedetto XVI il 30 marzo 2006 a un convegno promosso dal Partito Popolare Europeo: diritto alla vita, centralità della famiglia fondata sul matrimonio, libertà di educazione e libertà religiosa.
Non che gli altri diritti non siano importanti, ma non rappresentano il fondamento della vita pubblica di una nazione.
I principi non negoziabili sono stati subito osteggiati da una parte del mondo cattolico, che invece di cercare le ragioni del proprio impegno politico nel Magistero della Chiesa preferisce ritenersi “adulta” e fare di testa propria. Si tratta di quegli uomini e donne impegnati in politica che, per esempio, scelsero di andare a votare in occasione del referendum sulla legge 40 invece di non votare affinché non si raggiungesse il quorum e la legge che i radicali osteggiavano non venisse confermata, come poi è realmente avvenuto.
La ragione del loro dissenso è culturale prima che politica: nasce dal rifiuto dell’esistenza di una legge naturale che permane nel tempo, i cui valori magari non possono sempre essere realizzati come si vorrebbe, ma costituiscono comunque il punto di riferimento dell’azione politica. Ma, a parte i “cattolici adulti”, rimane il fatto che i principi non negoziabili non entrano nel dibattito politico.
Si parla di economia, finanza, spread, tasse, ambiente ecc., ma del diritto alla vita e della centralità della famiglia si tace, anche da parte di quei parlamentari che pure avrebbero un interesse elettorale a farlo. E questo avviene anche per responsabilità di chi non fa quanto in suo potere per rendere visibili questi valori: vescovi, parroci, intellettuali e giornalisti, che tacciono o ne parlano poco.
Eppure non c’è nessuna realtà che ogni domenica ha la possibilità di rivolgersi al 20 per cento della nazione, più o meno il numero dei fedeli che partecipano alle Messe in Italia. Basterebbe ricordare a questi non pochi fedeli la centralità dei principi non negoziabili per portarli al centro della vita pubblica e così costringere i media a tenerne conto. Ma questo non avviene.
Allora prepariamoci a quanto avverrà nella prossima legislatura, quando le sinistre faranno approvare senza incontrare ostacoli la legge sulle coppie omosessuali, l’eutanasia e la legge sull’omofobia, che porterà in carcere chi oserà citare il Magistero della Chiesa sul disordine rappresentato dall’omosessualità.
Sono pessimista? Non credo. Intanto perché è verosimile che ci sarà una maggioranza parlamentare favorevole alla legalizzazione di questi punti. Poi perché la sinistra, che non si occuperà più di questioni economiche perché queste ultime saranno indicate dall’Unione Europea, concentrerà i suoi sforzi nell’approvazione di queste leggi libertarie che in Italia non sono ancora state approvate.
Ma, soprattutto, sono semplicemente realista perché non esiste una vera opposizione su questi temi etici. Quanto avvenuto ieri è significativo.
Tutti i gruppi parlamentari hanno votato a favore della legge senza preoccuparsi della norma sull’incesto. I 31 deputati che hanno votato contro lo hanno fatto in dissenso con il loro partito. Gli appelli del “Forum delle associazioni familiari” e delle associazioni di categoria interessate sono caduti nel vuoto, ma ripeto che non sono stati sufficienti e rimane troppo debole la protesta, in particolare di chi rappresenta il mondo cattolico.
Credo che ogni fedele abbia il diritto di sapere come la Chiesa italiana intende promuovere la nuova evangelizzazione. Oggi, i cattolici italiani sono una minoranza, seppure significativa. Possono operare come una “minoranza creativa” (uso il termine di Papa Benedetto XVI) che si concentra su evangelizzazione e formazione scommettendo sul lungo periodo, oppure possono, senza peraltro trascurare questo aspetto, cercare di influire anche sulla vita politica e parlamentare, come durante la presidenza del card. Ruini, quando organizzarono il Family day per fermare i “Dico” e l’astensione per battere il referendum promosso dai radicali contro la legge 40.
L’importante è saperlo!