Dopo che gli attentati di Londra hanno messo in crisi il modello inglese di gestione delle minoranze islamiche, i fatti di Parigi confermano che neppure il modello francese funziona. Il fallimento degli altri rilancia il “modello italiano”, di cui ha parlato spesso il ministro Pisanu e che ha una sua originalità.
Massimo Introvigne
In fondo, si tratta di un’estensione alla politica interna del vecchio modello culturale della indirect rule, attraverso il quale gli inglesi non cercavano di governare direttamente gli abitanti delle loro colonie ma si affidavano alle autorità tradizionali locali – dai maharajah ai capi tribù in Africa – perché gestissero i loro sudditi, non importa se con sistemi un po’ maneschi purché gli interessi superiori della Gran Bretagna non fossero minacciati.
Quando si sono formati in Inghilterra grandi quartieri di immigrati è andata in scena una replica della indirect rule: l’amministrazione è stata in gran parte delegata a notabili locali, con minime interferenze della polizia. Dopo gli attentati di Londra è emerso con chiarezza che nei quartieri musulmani questi notabili in parte erano essi stessi legati a gruppi estremisti, in parte non erano comunque capaci di controllarli. Il modello inglese è fallito.
Resta il modello francese dell’assimilazione, in cui si chiede ai musulmani – come ai cattolici, ai protestanti e agli ebrei – di accettare lo schema francese della laïcité. Se i valori e lo stile di vita dei musulmani sono compatibili con la laïcité, tutto bene. Diversamente, tanto peggio per i musulmani. È qui la radice della questione, del velo esplosa alla fine del 2003. Se il musulmano non accetta di diluire la sua identità diventando un cittadino “repubblicano” come gli altri, ci penserà il gendarme a rimetterlo in riga. O così si pensava: ora si scopre che in certi quartieri di Parigi ci sono cento gendarmi e centomila immigrati musulmani, e il sistema non può funzionare.
Il fallimento degli altri rilancia il “modello italiano”, di cui ha parlato spesso il ministro Pisanu e che ha una sua originalità. Non si tratta solo di una soluzione “all’italiana” che mescola con buon senso bastone e carota, ma di un’offerta di integrazione diretta anzitutto ai singoli musulmani e che privilegia la loro integrazione per via politica, attraverso percorsi che portano alla cittadinanza (passando magari – ma la questione è complessa – per il voto amministrativo a suo tempo proposto da Fini).
La chiave è la ricerca di soluzioni che si rivolgano direttamente al singolo musulmano aggirando l’ostacolo con cui si sono scontrati il buonismo inglese e la rigidità francese: le associazioni musulmane che, in tutta Europa, o sono davvero rappresentative ma dominate da fondamentalisti oppure sono ostili al fondamentalismo e aperte al dialogo ma, in questo caso, hanno scarso seguito tra gli immigrati.