La Chiesa dovrebbe insegnare come aggirare la legge?

Tradizione Famiglia Proprietà, newsletter 20 febbraio 2025

di John Horvat

Come tutte le leggi, anche la normativa sull’immigrazione è molto chiara e specifica. Definisce le condizioni sotto le quali una persona può entrare e rimanere legalmente negli Stati Uniti. Proprio grazie alla sua precisione, garantisce che tutte le persone siano trattate equamente, riducendo al minimo le ingiustizie.

Con l’imminente repressione dell’immigrazione illegale, alcuni cattolici stanno consigliando agli immigrati irregolari strategie per evitare la deportazione. L’implicazione di questo atteggiamento è che la legge sarebbe ingiusta e quindi potrebbe essere ignorata e contrastata.

Una resistenza più aperta

L’attivismo a favore dell’immigrazione aperta è da tempo praticato dalla sinistra religiosa radicale.

Tuttavia, molti sostengono che la minaccia di deportazioni “di massa” richieda nuove strategie. L’aggiunta del termine “di massa” alla semplice deportazione rende la questione più accesa e controversa. Le richieste di resistenza diventano ora più aperte e urgenti.

Ad esempio, Michael Sean Winters del National Catholic Reporter chiede una mobilitazione generale del personale ecclesiastico a tutti i livelli per fornire aiuto in ogni modo possibile. Sebbene tali appelli utilizzino mezzi legali, il loro obiettivo è quello di ostacolare l’applicazione della legge.

Cosa fare quando arrivano gli agenti dell’Ufficio Immigrazione e Dogane

Questo nuovo attivismo è ben pianificato e specifico.

Il personale delle chiese dovrebbe sapere come comportarsi nel caso in cui gli agenti dell’Immigration and Customs Enforcement (ICE) bussino alle porte della parrocchia alla ricerca di persone prive di documenti. Ad esempio, se gli agenti chiedono di una singola persona, il personale parrocchiale dovrebbe incoraggiarla a consegnarsi spontaneamente per evitare una perquisizione completa della struttura, che potrebbe portare alla scoperta di altri immigrati irregolari presenti all’interno.

Tutti dovrebbero essere forniti di una “cartellina” da consegnare agli agenti, contenenti le risorse necessarie per affermare i propri “diritti”.

Predicare sermoni creativi

Winters consiglia ai sacerdoti di predicare sermoni “creativi” per minimizzare la gravità dell’immigrazione irregolare. Ad esempio, un sacerdote potrebbe iniziare l’omelia chiedendo ai fedeli quanti di loro abbiano mai ricevuto una multa per divieto di sosta.

Il sacerdote poi spiegherebbe che essere negli Stati Uniti senza documenti è una violazione civile, non penale, e quindi non diversa da una multa. La sanzione per una multa è il pagamento di una somma (tralasciando la possibilità del sequestro dell’auto), mentre la sanzione per l’immigrato è la deportazione — una punizione che, secondo questa logica, sarebbe “sproporzionata alla violazione”.

Questa semplificazione della questione dell’ingresso illegale non fa altro che incoraggiare l’inosservanza delle leggi che non favoriscono certe condizioni individuali.

Umanizzare il dibattito

Un altro aspetto della resistenza è quello di utilizzare la comune strategia della sinistra di “umanizzare” il dibattito, enfatizzando gli aspetti emotivi della crisi. Per gli attivisti, il problema non riguarda la protezione dei confini, ma il riconoscimento degli immigrati irregolari come vicini, lavoratori e membri della comunità parrocchiale.

I predicatori dovrebbero anche parlare del sistema di immigrazione “fallimentare” in cui “tutti” sono colpevoli. Potrebbero chiedere che tutti siano trattati in conformità a vaghi concetti di “dignità, solidarietà, bene comune e sussidiarietà.” Questo spesso si traduce in una politica di frontiere aperte.

Il dibattito umanizzato non cambia i principi fondamentali della protezione dei confini. È vero che tutti hanno il diritto di migrare, ma non si tratta di un diritto umano fondamentale come il diritto alla vita. Inoltre, non è un diritto assoluto, illimitato e garantito, poiché deve essere bilanciato dal diritto sovrano delle nazioni di regolare l’ingresso degli immigrati, tenendo conto del bene comune del Paese.

Questi principi sono ben delineati da San Tommaso d’Aquino, che spiega il diritto delle nazioni a regolamentare l’immigrazione.

Invece di affrontare queste questioni logiche, dottrinali e morali, la sinistra cattolica trasforma il dibattito in una narrativa di lotta di classe, in cui “vittime innocenti” vengono prese di mira da “razzie indiscriminate” di un governo oppressivo.

Coinvolgere tutti

Come parte di questa narrativa, attivisti come Winters consigliano di coinvolgere l’intera comunità parrocchiale.

I cattolici sono dunque incoraggiati a donare al Catholic Legal Immigration Network e alla Catholic Charities, da tempo attive in questo settore.

I fedeli comuni possono partecipare aiutando gli immigrati irregolari a evitare i contatti con le autorità, ad esempio accompagnando i loro figli a scuola o svolgendo commissioni al loro posto.

Gli attivisti consigliano a sacerdoti e vescovi di “usare il telefono” per contattare i grandi donatori e fare pressione sui legislatori nazionali e statali affinché cambino le politiche della nuova amministrazione.

La necessità di guardare l’intero quadro

Nel dibattito manca completamente l’attenzione verso chi vive lungo il confine e nel resto del Paese, affrontando le conseguenze di un flusso migratorio incontrollato, che sovraccarica i sistemi governativi, sanitari ed educativi. Manca anche la discussione sulla criminalità legata alle gang e ai trafficanti di esseri umani. Nulla viene fatto per cambiare le politiche oppressive di paesi come Cuba, Nicaragua e Venezuela, che stanno distruggendo le proprie nazioni e perseguitando crudelmente i propri cittadini.

Un vero dibattito sull’immigrazione non dovrebbe concentrarsi su come resistere alla legge, ma piuttosto su cosa deve essere fatto per fermare lo sfruttamento radicale degli immigrati irregolari, usati come pedine in un più ampio progetto sovversivo per trasformare l’America.

Fonte: Tfp.org, 7 febbraio 2025. Traduzione a cura di Tradizione Famiglia Proprietà – Italia.